lunedì 28 giugno 2021

Osservazioni (pedantesche?)...

 A  costo di attirarci le ire di qualche “linguista d’assalto” (e ce ne sono a iosa), vogliamo mettere in evidenza il fatto che - a nostro modo di vedere - gli aggettivi “adeguato” ed “equo”, nonostante la stretta parentela etimologica, non si possono considerare “perfettamente” sinonimi. Adopereremo l’aggettivo adeguato quando sta per “proporzionato”: occorre dargli un risarcimento adeguato (proporzionato) al danno subíto. Useremo “equo” quando quest’aggettivo significa “giusto”, “ragionevole”: tutti, per il loro lavoro, hanno diritto a un’equa (giusta) retribuzione. Scriviamo queste noterelle perché abbiamo letto, su un giornale locale, che “gli avvocati hanno chiesto al tribunale di dare una pena equa all’atrocità del delitto”. Ancora ridiamo.

  I sostantivi scrittoio e scrivania - anche se i vocabolari ci smentiscono - non sono l’uno sinonimo dell’altro; non si “potrebbero”, quindi, adoperare indifferentemente. Il primo termine indica lo studio, la stanza, cioè, dove si scrive. Deriva, infatti, dal tardo latino “scriptorium”, di qui l’italiano antico “scrittorio”. Lo “scriptorium”, dunque, era la sala del convento dove i frati amanuensi copiavano i manoscritti. La scrivania, invece, indica il tavolino, la tavola, il mobile per scrivere ed è un denominale provenendo da “scrivano”, il “tavolino dello scrivano”. Dovremmo dire, per tanto, volendo essere particolarmente pedanti, rispettando l'etimologia, “che il dr Pasquali si è recato nello scrittoio per prendere gli occhiali dimenticati sulla scrivania”.

  Quanto stiamo per scrivere - siamo certi - non avrà l’ «approvazione» di qualche linguista se dovesse imbattersi, per caso, in questo sito. Comunque...

Il sostantivo femminile “pena” che, a seconda del contesto, può significare
“castigo”, “punizione”, “sanzione”, “tormento”, “compassione” ricorre in numerose locuzioni “francesizzanti” che in buona lingua andrebbero evitate, anche se “immortalate” negli scritti di autori classici. Vediamole. “Prendersi la pena di...” o “Darsi la pena di...”: Giovanni si dia la pena di rispondermi al piú presto. In buona lingua meglio: Giovanni si prenda la briga di (o locuzioni simili) rispondermi al piú presto; “Aver pena a...”: Luigi non avrà troppa pena a fare quel lavoro. Molto meglio: Luigi non avrà troppa difficoltà a fare quel lavoro; “Valer la pena di...”: Vale la pena di ignorare tutto ciò che dice. In lingua sorvegliata si dirà: Conviene, è meglio ignorare tutto ciò che dice; “A pena di...”: I trasgressori sono soggetti a pena di multa. Meglio: I trasgressori sono soggetti a una multa.

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 La parola proposta da questo portale, ripresa dal dizionario Olivettigeromarasma. Sostantivo maschile, forse poco conosciuto, con il quale si indica la demenza senile. È termine aulico essendo composto con le voci greche "geron" (anziano, vecchio) e "marasmòs" (decadimento, deperimento e simili). Il lemma in oggetto, stranamente, non è attestato nella lessicografia della Crusca.

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La lingua "biforcuta" della stampa

FISCO

Dalla tassa sui funghi al tributo di discarica: Draghi pronto a sforbiciare la raffica di micro balzelli

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Secondo l'idioma di Dante: microbalzelli (parola unica). Qui, esempi sull'uso corretto del prefisso.

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Da un autorevole quotidiano in rete:

(...) I certificati medici parlano di una frattura al naso, del “versamento del liquido celebrale” e di una serie di ematomi e patologie “derivanti da tentativi di soffocamento”(...).

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Correttamente: liquido cerebrale. Probabilmente l'articolista confonde "cerebrale" con un impossibile aggettivo *celebrale.

Qui una recensione


 

 



1 commento:

Anonimo ha detto...

Nella frase "Dalla tassa sui funghi al tributo di discarica: Draghi pronto a sforbiciare la raffica di micro balzelli" io ci vedo anche un uso improprio della parola raffica.

I tratti semantici di raffica se non mi sbaglio sono: 1) brevità; 2) violenza; 3) numerosità.

Due di questi tratti, violenza e brevità, hanno poco a che vedere con microbalzelli, secondo me.

Sono solo io che la penso così?

Renato P.