Nessun sacro testo in nostro possesso specifica che l’avverbio è chiamato anche modificante perché modifica, per l’appunto, il significato di un verbo, di un nome, di un aggettivo o di un altro avverbio. L’avverbio, dunque, prende il nome dal latino adverbum, composto con ad- (accanto, presso) e con verbum (parola) e costituisce una delle nove parti del discorso. Non specificano inoltre — sempre i sacri testi in nostro possesso — che i modificanti (gli avverbi) si sogliono dividere in tre categorie: semplici, composti, derivati .
Sono semplici quei modificanti che non derivando da altre parole hanno
forma autonoma: già; mai, bene; oggi, domani; ieri; forse; poco ecc.
Sono chiamati composti quelli che in origine costituivano delle
locuzioni avverbiali formate da due o più termini, poi fusi in un’unica parola
(la così detta univerbazione): inoltre (in oltre); infatti (in
fatti); indietro (in dietro); talvolta (tal volta) ecc. Si
chiamano derivati, infine, i modificanti o avverbi che traggono origine
da un termine mediante l’aggiunta di un suffisso, come -mente o -oni
( -one ): sereno/ serenamente ; bello/ bellamente ;
onesto/ onestamente ; balzello/ balzelloni ; ginocchio/
ginocchioni ecc. E a proposito degli avverbi in "-oni" non capiamo per quale motivo i vocabolari li fanno precedere dalla preposizione "a": a cavalcioni. Non c'è alcun motivo logico-grammaticale che giustifichi l'uso (errato) della preposizione. Si dice, forse, a lentamente?
Accanto agli avverbi veri e propri ci sono le locuzioni avverbiali ,
che hanno il medesimo significato e la medesima funzione grammaticale dei
modificanti. Sono frasi fatte costituite da gruppi di termini in sequenza
fissa. Vediamone qualcuna: a poco a poco; or ora; a stento, d’ora in poi;
all’improvviso; di frequente; per caso; di bene in meglio ecc.
E già che siamo in argomento vediamo - sia pure per sommi capi - i vari tipi di avverbi:
a) di maniera o modo (male, meglio, bene, peggio, carponi, tastoni ecc);
b) di tempo (oggi, ieri, domani, adesso, ora, mai, sempre ecc);
c) di luogo (qua, qui, lí, là, costí, sopra, sotto, lassú);
d) di dubbio (forse, probabilmente, se mai (o semmai)*;
e) di affermazione (sí, certamente, appunto, davvero);
f) di negazione (no, neanche, nemmeno, neppure);
g) di quantità (abbastanza, poco, meno, piú, tanto, alquanto);
h) presentativo.
E concludiamo con un pensiero di
Giuseppe Pontiggia: «Praticamente – Avverbio prediletto per ridurre l'ignoto al
noto. Popolare tra gli studenti. Praticamente il misticismo di Caterina da
Siena. Praticamente ciò che non sarà mai pratico è pratico».
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