sabato 2 marzo 2019

Una concordanza sballata


Da un quotidiano in rete:
Cento medici donne contro il convegno che le esclude
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La concordanza è chiaramente sballata. Correttamente: "Cento mediche contro il convegno che le esclude". Mediche (sic!) è perfettamente in linea con le "leggi" della grammatica italiana. Non lo sostiene il cretino analfabeta autore delle noterelle, lo “sentenzia” la "Corte Costituzionale della Lingua Italiana", vale a dire l'Accademia della Crusca.
Medica è “accettabile”? E dire medichessa “è possibile”?
In entrambi i casi la risposta è affermativa perché entrambe le forme sono attestate nella letteratura fin dai primi secoli: e ciò non deve sorprendere perché si hanno numerosi esempi di donne che esercitavano l’arte medica a partire dalle Mulieres Salernitanae, le Dame della Scuola Medica di Salerno dell’XI secolo, capeggiate da Trotula del Ruggiero. La forma medica è lemmatizzata nel Dizionario universale critico-enciclopedico della lingua italiana dell’abate Francesco D’Alberti di Villanuova (1797-1805) e nel Dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini  come “s.f. di medico” con il significato di “Donna che esercita la medicina o ha una certa pratica nella cura delle malattie o che si dedica a curare una persona malata o ferita”. Se ne hanno esempi in Boccaccio, Il Corbaccio (“Sole che le ’ndovine, le lisciatrici, le mediche e i frugatori, che loro piacciono, le fanno, non cortesi, ma prodighe”); nel Tasso, La Gerusalemme liberata (“Tu chi sei, medica mia pietosa?”); nei Panegirici di Emanuele Tesauro (“mille personaggi diversi di mendica e medica, di matrona e di madre, di padrona e di ancella, di prefica e di sepellitrice”); nell'Angelica di Pietro Metastasio (“La medica cortese / non volle ch’altra mano al fianco infermo / s’accostasse giammai”). Anche la forma medichessa, che in D’Alberti è glossata con “s.f. di medico, ed è nome per lo più detto per ischerzo” con un rimando alla forma medicatrice, compare in varie opere: nella Fiera di Michelangelo Buonarroti il Giovane (“Questa donna mi pare una di quelle / donne saccenti che noi troviam spesso / per queste e quelle cose / far delle medichesse e delle faccendiere”); nelle Annotazioni sopra la Fiera di Anton Maria Salvini (“Dipintoressa, pittrice, dipignitrice, medichessa, dottoressa e simili, sono nomi detti per ischerzo”); nel Trionfo della morte di D’Annunzio, (“La signora seduta accanto a te era Margherita Traube Boll, una medichessa celebre”); in  Il diavolo a Pontelungo di Bacchelli, (“– Sono studentessa di medicina. – E brava – esclamò Salzano – brava la medichessa

Medichessa, anche se voce corretta, la aborriamo perché il
suffisso -essa  "odora", perlopiú, di ironia e di spregio.

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