Da un quotidiano in rete:
Cento
medici donne contro il convegno che le esclude
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La concordanza è chiaramente sballata.
Correttamente: "Cento mediche contro il convegno che le esclude".
Mediche (sic!) è perfettamente in linea con le "leggi" della
grammatica italiana. Non lo sostiene il cretino analfabeta autore delle noterelle,
lo “sentenzia” la "Corte Costituzionale della Lingua Italiana", vale a dire l'Accademia della Crusca.
Medica è “accettabile”? E
dire medichessa “è possibile”?
In entrambi i casi la risposta è affermativa perché entrambe le
forme sono attestate nella letteratura fin dai primi secoli: e ciò non deve
sorprendere perché si hanno numerosi esempi di donne che esercitavano l’arte
medica a partire dalle Mulieres Salernitanae, le Dame della Scuola
Medica di Salerno dell’XI secolo, capeggiate da Trotula del Ruggiero. La
forma medica è lemmatizzata nel Dizionario universale
critico-enciclopedico della lingua italiana dell’abate Francesco
D’Alberti di Villanuova (1797-1805) e nel Dizionario della lingua
italiana di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini
come “s.f. di medico” con il significato di “Donna che esercita la medicina o
ha una certa pratica nella cura delle malattie o che si dedica a curare una
persona malata o ferita”. Se ne hanno esempi in Boccaccio, Il Corbaccio (“Sole
che le ’ndovine, le lisciatrici, le mediche e i frugatori, che loro piacciono,
le fanno, non cortesi, ma prodighe”); nel Tasso, La Gerusalemme
liberata (“Tu chi sei, medica mia pietosa?”); nei Panegirici di
Emanuele Tesauro (“mille personaggi diversi di mendica e medica, di matrona e
di madre, di padrona e di ancella, di prefica e di sepellitrice”);
nell'Angelica di Pietro Metastasio (“La medica cortese / non
volle ch’altra mano al fianco infermo / s’accostasse giammai”). Anche la
forma medichessa, che in D’Alberti è glossata con “s.f. di medico,
ed è nome per lo più detto per ischerzo” con un rimando alla forma medicatrice,
compare in varie opere: nella Fiera di Michelangelo Buonarroti
il Giovane (“Questa donna mi pare una di quelle / donne saccenti che noi
troviam spesso / per queste e quelle cose / far delle medichesse e delle
faccendiere”); nelle Annotazioni sopra la Fiera di Anton Maria
Salvini (“Dipintoressa, pittrice, dipignitrice, medichessa, dottoressa e
simili, sono nomi detti per ischerzo”); nel Trionfo della morte di
D’Annunzio, (“La signora seduta accanto a te era Margherita Traube Boll, una
medichessa celebre”); in Il diavolo a Pontelungo di
Bacchelli, (“– Sono studentessa di medicina. – E brava – esclamò Salzano –
brava la medichessa”
Medichessa, anche se voce corretta, la aborriamo perché il
suffisso -essa "odora", perlopiú, di ironia e di spregio.
QUI e QUI
suffisso -essa "odora", perlopiú, di ironia e di spregio.
QUI e QUI
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