martedì 12 marzo 2019

Rimpiazzare: un gallicismo inutile


Mettiamo le mani avanti, come usa dire, perché ciò che stiamo per scrivere sarà inesorabilmente censurato da qualche linguista o lessicografo se, per caso, "inciampasse" in questo sito. Intendiamo parlare del verbo rimpiazzare, non schiettamente italiano ma attestato in tutti i vocabolari dell'uso. I dizionari riportano: «rimpiazzare, verbo transitivo; Sostituire qlcu. o qlco., metterlo al posto di un altro; freq. con specificazione della persona o della cosa con cui si rimpiazza qlcu. o qlco.: r. un operaio generico con un tecnico specializzato» (Sabatini Coletti). Il verbo in questione, dunque, è stato preso di peso dal francese remplacer (composto con "place", piazza, posto) e trasportato nell'idioma di Dante. Nella lingua francese non fa una grinza, ma in italiano... ci sono altri verbi che fanno alla bisogna, naturalmente secondo il contesto: sostituire, supplire, scambiare, subentrare, succedere e simili. Perché, dunque, questo francesismo (o gallicismo) completamente inutile? Forse perché si dice che "l'erba del vicino è sempre piú verde". Ma tant'è.

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Due parole sull'aggettivo "grande"
Contrariamente a quanto appreso ai tempi della scuola elementare, l'aggettivo grande si può troncare davanti a parole che cominciano per consonante: Luigi è un gran fannullone; Irene ha festeggiato con gran gioia la sua promozione. Si può anche troncare, in deroga alla "legge grammaticale", davanti a sostantivi che cominciano con "s preconsonantica", la cosí detta s impura, "z", "gn", "ps", "pn": Giuseppe è un gran psicologo; quell'alunno è un gran zuccone; Anna ha una gran stima della sua amica Renata. Il troncamento si può avere anche nella forma plurale, un esempio per tutti: i gran premi automobilistici. Davanti a vocale può o no subire l'elisione (apostrofo): un grande amico; un grand'amico.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Da un quotidiano in rete:
Iran, condannata a 38 anni e 148 frustate l'avvocatessa paladina dei diritti umani
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Al di là dell'orripilante condanna suscita "orrore" il femminile 'avvocatessa' invece di avvocata.
De Agostini:  Il femminile regolare di avvocato è avvocata e così si può chiamare una donna che eserciti il mestiere di avvocato. È in uso anche avvocatessa, che però può avere tono scherzoso o valore spregiativo, come tradizionalmente hanno avuto diversi femminili in -essa. Alcuni poi preferiscono chiamare anche una donna avvocato, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.

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