Mettiamo le mani avanti, come usa dire, perché ciò che stiamo per scrivere sarà inesorabilmente censurato da qualche linguista o lessicografo se, per caso, "inciampasse" in questo sito. Intendiamo parlare del verbo rimpiazzare, non schiettamente italiano ma attestato in tutti i vocabolari dell'uso. I dizionari riportano: «rimpiazzare, verbo transitivo; Sostituire qlcu. o qlco., metterlo al posto di un altro; freq. con specificazione della persona o della cosa con cui si rimpiazza qlcu. o qlco.: r. un operaio generico con un tecnico specializzato» (Sabatini Coletti). Il verbo in questione, dunque, è stato preso di peso dal francese remplacer (composto con "place", piazza, posto) e trasportato nell'idioma di Dante. Nella lingua francese non fa una grinza, ma in italiano... ci sono altri verbi che fanno alla bisogna, naturalmente secondo il contesto: sostituire, supplire, scambiare, subentrare, succedere e simili. Perché, dunque, questo francesismo (o gallicismo) completamente inutile? Forse perché si dice che "l'erba del vicino è sempre piú verde". Ma tant'è.
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Due parole sull'aggettivo "grande"
Contrariamente a quanto appreso
ai tempi della scuola elementare, l'aggettivo grande si può troncare davanti a parole che cominciano per
consonante: Luigi è un gran
fannullone; Irene ha festeggiato con gran
gioia la sua promozione. Si può anche troncare, in deroga alla "legge
grammaticale", davanti a sostantivi che cominciano con "s
preconsonantica", la cosí detta s impura, "z", "gn",
"ps", "pn": Giuseppe è un gran psicologo; quell'alunno è un gran zuccone; Anna ha una gran
stima della sua amica Renata. Il troncamento si può avere anche nella forma
plurale, un esempio per tutti: i gran
premi automobilistici. Davanti a vocale può o no subire l'elisione (apostrofo):
un grande amico; un grand'amico.
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La lingua "biforcuta" della stampa
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La lingua "biforcuta" della stampa
Da un quotidiano in rete:
Iran, condannata a 38
anni e 148 frustate l'avvocatessa paladina dei diritti umani
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Al di là dell'orripilante condanna suscita
"orrore" il femminile 'avvocatessa' invece di avvocata.
De Agostini: Il femminile regolare di avvocato è avvocata e così si può chiamare una donna che eserciti il mestiere di avvocato. È in uso anche avvocatessa, che però può avere tono scherzoso o valore spregiativo, come tradizionalmente hanno avuto diversi femminili in -essa. Alcuni poi preferiscono chiamare anche una donna avvocato, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.
De Agostini: Il femminile regolare di avvocato è avvocata e così si può chiamare una donna che eserciti il mestiere di avvocato. È in uso anche avvocatessa, che però può avere tono scherzoso o valore spregiativo, come tradizionalmente hanno avuto diversi femminili in -essa. Alcuni poi preferiscono chiamare anche una donna avvocato, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.
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