martedì 5 settembre 2017

"Spigolature linguistiche"


Probabilmente le nuove leve del giornalismo non sanno che prima dell'avvento dell'informatica il redattore che - fuori sede - dettava le notizie alla redazione centrale era chiamato "trombettiere". E a proposito  di tromba, ci piacerebbe conoscere il motivo per cui tutti i vocabolari concordano nel definire "trombettista" il musicista che suona la tromba. Il termine ci sembra quasi offensivo essendo un derivato di trombetta. La... trombetta, infatti, indica la "tromba per bambini". A nostro modo di vedere il maestro sonatore di tromba si deve chiamare, correttamente, "trombista", da "tromba" piú il suffisso "-ista". Questo suffisso indica, infatti, la persona che segue una determinata attività. Se da chitarra abbiamo "chitarrista", da violino "violinista", da batteria "batterista" ecc. non vediamo per quale illogico motivo non si possa dire "trombista".

  Abbiamo avuto modo di constatare il fatto che alcuni insegnanti non si sa per quale motivo logico-grammaticale sostengono che il comparativo di maggioranza dellaggettivo “bene” è solo e soltanto (si perdoni la tautologia) “meglio e che la forma “piú bene” è tremendamente errata. Se cosí fosse (ma non lo è), costoro dovrebbero condannare il “meno bene” la cui correttezza è inconfutabile. Si può benissimo dire e scrivere, invece, che Pasquale parla il francese  “piú benedi Mario, anche se, per la verità, è preferibile la forma “meglio. Per le norme che regolano la nostra lingua entrambi i comparativi sono corretti. Tuttavia – è bene precisarlo è preferibile luso di “meglio” in luogo di “piú bene” quando il comparativo di ‘bene’ assume il significato avverbiale di “in modo migliore”; useremo “piú bene, invece, se ‘bene’ ha valore di sostantivo con il significato di un “bene maggiore”: ha fatto “piú bene” lui alla causa, in due giorni, che non Anselmo in cinque anni.


Forse
pochissime persone sanno che non c’è solo la dialisi medica, ma anche quella linguistica, di cui, purtroppo, la maggior parte dei così detti sacri testi non fanno menzione. Vogliamo vedere di cosa si tratta? È una figura retorica (simile all’iperbato) che consiste nell’interrompere la continuità di un periodo mediante un inciso. Viene dal greco dialyein, "separare"; separa, quindi, con un inciso le parti di un periodo. Un bell’esempio dantesco: «Parte sen giva, e io retro li andava, Lo duca…» (Inferno XXIX, 16-17). Nella retorica classica era cosí chiamato anche l’asindeto, vale a dire un costrutto senza congiunzioni.
PS.: l’iperbato – è bene ricordarlo – è la rottura dell'ordine naturale della proposizione o del periodo al fine di ottenere particolari effetti espressivi.






1 commento:

fracatz ha detto...

Ennio Morricone ci teneva molto ad esser qualificato come trombista