L’idiota,
stando all’etimologia, è “colui che conduce una vita privata, fuori della
società e dei pubblici impieghi” perché deriva dal... latino “idiota”, tratto
dal greco “idiotès”, che significa, propriamente, ‘particolare’, ‘privato’;
colui, quindi, che mena una vita privata, particolare, appunto. Un privato
cittadino, per tanto, stando alla lingua, è un perfetto “idiota”, al contrario
di alcuni politici che non possono assolutamente essere considerati...
“idioti”, anche se...
Con
il trascorrere del tempo il significato originario del termine, cioè di colui
che vive in disparte, da “privato”, si è tramutato in “uomo rozzo”,
“ignorante”, “demente” perché l’idiota vivendo, appunto, da privato, non ha
possibilità di affinare le sue capacità cerebrali.
Da
idiota, cioè da stupido, sono stati coniati i termini medici “idiozia” e
“idiotismo”, vale a dire “gravissimo arresto delle facoltà intellettive che si
manifesta in modo totale o parziale”. Da non confondere, a questo proposito,
l’idiotismo medico-scientifico con quello linguistico, anche se l’origine dei
due termini, come si può intuire, è la medesima. L’idiotismo linguistico, per
usare le parole dell’illustre linguista Aldo Gabrielli, “è il sale e il pepe di
una lingua”. Deriva dalla voce greca “idiotismos”, tratta dall’aggettivo
“idios” (mio, particolare, proprio) ed è, quindi, quella parola o quel modo di
dire che si discosta dalle leggi della grammatica ed è propria (“idios”) di una
lingua o di un dialetto, di una regione o di una provincia. È, insomma, una
parola che “spurgata” della sua ‘volgarità’ (“idiotismòs” significa anche
‘parlo volgare’) entra a pieno titolo nel patrimonio linguistico nazionale, e
noi tutti la adoperiamo quotidianamente senza pensare minimamente alla sua
“volgarità” originaria.
La
nostra bella lingua è ricchissima di idiotismi; il “taccheggio”, per esempio,
termine tanto “di moda” oggi, è uno di questi. I vocabolari lo definiscono
“furto commesso da chi, in un negozio, sottrae clandestinamente ciò che gli
capita a portata di mano”.
Alcuni
lo fanno derivare dall’accezione gergale di “tacca” (truffa): i negozianti di
un tempo erano soliti segnare i debiti dei clienti (che molto spesso non
pagavano) con “tacche” su un’apposita tessera. Da tacca è stato coniato il
verbo “taccheggiare”, cioè... rubare.
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L'esergo non è sinonimo di
rovescio
Si presti attenzione a
questo termine (esergo, il cui plurale è eserghi)
perché spesso viene confuso con il rovescio di una medaglia. No, l'esergo è lo
spazio fuori del campo delle figure rappresentate dove, generalmente, sono
incisi il nome dell'artista e la data di emissione. Lo stesso termine indica
anche un motto o una breve frase scritta in un risguardo di un libro o di una
rivista.
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Dal sito della "Zanichelli":
SFUMATURE
elemosina – obolo – offerta
Il soccorso in denaro che si dà al prossimo bisognoso, ubbidendo al precetto cristiano della carità, si dice elemosina. Obolo era originariamente il nome di una moneta greca di scarso valore; oggi è termine di uso poco comune per indicare il piccolo donativo in denaro che si elargisce durante le funzioni sacre per provvedere alle necessità della chiesa. Suo sinonimo in questa accezione è offerta, parola che pone l’accento sulla volontarietà del dono e la libera scelta del suo ammontare.
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Dal sito della "Zanichelli":
SFUMATURE
elemosina – obolo – offerta
Il soccorso in denaro che si dà al prossimo bisognoso, ubbidendo al precetto cristiano della carità, si dice elemosina. Obolo era originariamente il nome di una moneta greca di scarso valore; oggi è termine di uso poco comune per indicare il piccolo donativo in denaro che si elargisce durante le funzioni sacre per provvedere alle necessità della chiesa. Suo sinonimo in questa accezione è offerta, parola che pone l’accento sulla volontarietà del dono e la libera scelta del suo ammontare.
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