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La parola proposta e non attestata nei vocabolari
dell'uso: pessundare. Verbo polisemico,
vale "ingiuriare" e "calpestare".
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Anche l'Accademia della Crusca può incorrere in errore,
sia pure veniale:
Il
signor Daniel B. ha chiesto all'Accademia un'interpretazione della forma salvo considerata "in
tutte le sue possibili accezioni", indipendentemente dal genere (salva/salvo) e dal fatto che
introduca o meno una proposizione esplicita (salvo
che, salvo che
non...): quando ha valore di "eccetto che" e quando
quello di "fermo restando che"?
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Dov'è l'errore? Vi domanderete. È presto detto: nell'uso
errato dell'avverbio "meno" nel significato di "no". La
cosa è ancora piú "stupefacente" perché Luca Serianni, esponente
della stessa Accademia, scrive: «In luogo di o no si adopera anche o meno (“ecco
due cose le quali non so se mi garbassero o meno” Nievo), locuzione
molto diffusa ma da evitare almeno nello scritto e nel parlato piú formale». Anche
Aldo Gabrielli, nel suo "Dizionario Linguistico Moderno", scrive: « [meno] (…) non deve mai
usarsi in proposizioni disgiuntive col significato di ‘no’: “Non so se partire
o meno”; “Dimmi se verrai o meno alla conferenza”; dirai: “Non so se partire o
no (oppur no)”; “Dimmi se verrai o no (o non verrai) alla conferenza” (…)».
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