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"Confessare il cacio"...
... cioè dire la verità. Ecco un altro modo di dire non piú
"di moda" e relegato, quindi, nella soffitta della lingua. L'origine
dell'espressione non è molto chiara, sembra sia tratta da una novella che narra
di alcuni fanciulli che avevano rubato il cacio, ma non volevano ammetterlo,
alla fine, però, "sotto pressione",
per paura di essere puniti se avessero continuato a mentire,
"confessarono il cacio", cioè dissero la verità. Benedetto Varchi,
nel suo "Ercolano", spiega: «Di coloro i quali (come si dice) confessano
il cacio, cioè dicono tutto quanto quello che hanno detto e fatto a chi ne gli
domanda, o nel potere della giustizia, o altrove che siano, s'usano questi
verbi, eccetera». Secondo un altro
autore, Ludovico Passarini, il modo di dire potrebbe derivare dal fatto che
"alle putte, o gazze, o cecche si dà da mangiare il cacio perché si crede
che le faccia cinguettar meglio, rendendo piú agile la loro linguetta e piú
atta a ripetere l'umana parola. D'onde potrebbe inferirsi che 'confessare il
cacio', detto di chi confessa il vero, sia modo tratto ironicamente da esse
putte, quasi dicesse [...] 'gli è venuta
la parlantina'; 'confessa con ciò di aver mangiato il cacio'; e quindi piú
semplicemente 'confessare il cacio' per dire la verità".
***
Cotto
e cociuto – entrambi i termini sono participi passati del
verbo cuocere. Il primo si adopera in senso proprio: il risotto è cotto; il secondo si usa in senso
figurato con l’accezione di indispettito e simili: la tua osservazione mi è cociuta ( mi ha indispettito).
***
La parola, di ieri, proposta da "unaparolaalgiorno.it": smunto.
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