Gli eventi libici hanno portato prepotentemente alla ribalta il verbo “decollare”, orrendamente coniugato dai giornalisti radiotelevisivi e della carta stampata: l’aereo “è” decollato. L’orrore è nell’uso dell’ausiliare essere. Il verbo decollare, nell’accezione di “prendere il volo”, si coniuga con l’ausiliare “avere”: l’aereo “ha” decollato. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Riproponiamo, in proposito, un nostro vecchio articolo.
Tremiamo al pensiero che un nostro conoscente o congiunto ha preso l’aereo che “è decollato da Milano ed è atterrato” a Roma un’ora dopo, come leggiamo sovente sulla stampa o sentiamo dai giornalisti radiotelevisivi: il velivolo “decollato”, cioè senza testa e quindi privo di guida, invade lo spazio aereo di una potenza straniera e viene colpito da un missile. Tremiamo – sarà bene precisarlo subito – per la nostra madre lingua, per l’uso errato dei verbi decollare e atterrare.
In lingua italiana il verbo decollare ha un solo significato, quello di “staccare il collo”, cioè “decapitare”; deriva, infatti, dalle voci latine “de” (prefisso di allontanamento) e “collum” (collo); alla lettera, quindi, “allontanare il collo”. Essendo transitivo può essere sia attivo sia passivo: i vandali decollano la statua posta sulla sommità della fontana pubblica; la statua è decollata dai vandali.
Decollare nell’accezione di “involarsi”, “prendere il volo” è, invece, un prestito dal francese “décoller”, formato con “de” (prefisso privativo) e “coller” (incollare), da “colle” (colla); alla lettera “scollare”, “staccare la colla”. L’aereo, quindi, quando decolla “stacca la colla” (da terra, in senso figurato) e prende il volo.
C’è da dire, però, che questo verbo è entrato di “diritto”, ormai, nella nostra lingua con il significato, appunto, di “involarsi” ed essendo usato intransitivamente richiede – come tutti i verbi intransitivi che indicano un moto fine a sé stesso – l’ausiliare avere: l’aereo ha decollato.
Analogo discorso per il verbo atterrare che ha due significati distinti: “gettare a terra” e “posarsi a terra”. Nel primo caso è transitivo con forma attiva e passiva: il portiere atterra il centravanti; il difensore è stato atterrato dall’attaccante. Nel secondo caso è intransitivo e richiede l’ausiliare avere: l’aereo ha atterrato.
Non diamo ascolto, per tanto, alle “malelingue” radiotelevisive: diciamo e scriviamo, correttamente, che l’aereo “ha” decollato e “ha” atterrato, anche se alcuni vocabolari ammettono l’uso dell’ausiliare essere con il verbo atterrare quando si riferisce a persone: “siamo” atterrati all’aeroporto di Fiumicino alle 18.30.
Tremiamo al pensiero che un nostro conoscente o congiunto ha preso l’aereo che “è decollato da Milano ed è atterrato” a Roma un’ora dopo, come leggiamo sovente sulla stampa o sentiamo dai giornalisti radiotelevisivi: il velivolo “decollato”, cioè senza testa e quindi privo di guida, invade lo spazio aereo di una potenza straniera e viene colpito da un missile. Tremiamo – sarà bene precisarlo subito – per la nostra madre lingua, per l’uso errato dei verbi decollare e atterrare.
In lingua italiana il verbo decollare ha un solo significato, quello di “staccare il collo”, cioè “decapitare”; deriva, infatti, dalle voci latine “de” (prefisso di allontanamento) e “collum” (collo); alla lettera, quindi, “allontanare il collo”. Essendo transitivo può essere sia attivo sia passivo: i vandali decollano la statua posta sulla sommità della fontana pubblica; la statua è decollata dai vandali.
Decollare nell’accezione di “involarsi”, “prendere il volo” è, invece, un prestito dal francese “décoller”, formato con “de” (prefisso privativo) e “coller” (incollare), da “colle” (colla); alla lettera “scollare”, “staccare la colla”. L’aereo, quindi, quando decolla “stacca la colla” (da terra, in senso figurato) e prende il volo.
C’è da dire, però, che questo verbo è entrato di “diritto”, ormai, nella nostra lingua con il significato, appunto, di “involarsi” ed essendo usato intransitivamente richiede – come tutti i verbi intransitivi che indicano un moto fine a sé stesso – l’ausiliare avere: l’aereo ha decollato.
Analogo discorso per il verbo atterrare che ha due significati distinti: “gettare a terra” e “posarsi a terra”. Nel primo caso è transitivo con forma attiva e passiva: il portiere atterra il centravanti; il difensore è stato atterrato dall’attaccante. Nel secondo caso è intransitivo e richiede l’ausiliare avere: l’aereo ha atterrato.
Non diamo ascolto, per tanto, alle “malelingue” radiotelevisive: diciamo e scriviamo, correttamente, che l’aereo “ha” decollato e “ha” atterrato, anche se alcuni vocabolari ammettono l’uso dell’ausiliare essere con il verbo atterrare quando si riferisce a persone: “siamo” atterrati all’aeroporto di Fiumicino alle 18.30.
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