1. L'evento mediatico
Certamente istruttivo, ma anche retrogrado e
neo-puristico, l'intervento di Maurizio Assalto, nella sua rubrica "Linguacciamia" del 19 aprile del quotidiano on
line
"Linkiesta", intitolato «'Si è sempre detto'. Il
mistero lessicale per cui diciamo succube invece
di succubo».
Un veto linguistico
invero non nuovo, posto per la prima volta da A. Panzini 1923 e poi ripreso da
Bruno Migliorini in testa, come si vedrà più avanti.
2. Le due Regole alla base delle forme succubo e succube
Maurizio Assalto
individua le due regole alla base delle due varianti. Ovvero la [Regola-1
etimologica latina] alla base di succubo
'che/chi soggiace alla volontà di qn.', "alla base di tutto è il latino succubus", ovvero per essere più precisi, "der. del lat.
tardo succuba 'concubina'" (De Mauro 2000), attestato col Panzini 19234 nel suo Dizionario moderno, come ricordato dal DELI di M. Cortelazzo-P. Zolli.
Alla base della
variante succube ci sarebbe invece la
[Regola-2 etimologica francese]: "tra l’etimo latino e la forma
italiana che ne deriva si è messa di mezzo un’altra lingua, perché è dalla
mediazione del francese succube (pronuncia sycyb) che viene il
nostro succube", puntualizza lo stesso M. Assalto.
3. La vitalità letteraria di succube
Stando al Grande dizionario (storico) della lingua
italiana del Battaglia (UTET vol. XX
2000, anche in rete) succubo è
presente in G. Papini av. 1956 "succubo della sensualità" e in A. Moravia
1971 "ero succubo"; invece succube in B. Cicognani 1954 "un
suo succube" e in C. Cassola 1959 "il succube (della moglie)". Nel Primo tesoro della lingua letteraria
italiana del Novecento, costituito dai romanzi Strega pubblicati nel
sessantennio 1947-2006 (a c. di T. De Mauro 2007), la forma succube appare in 7 autori:
G. Tomasi di Lampedusa 1959 ("ed anzi ne subiva il fascino fino a
diventarne succube"), F. Sanvitale 1980, C. Magris 1987, G. Bufalino 1988,
E. Ferrante 1992, D. Starnone 2001, S. Veronesi 2006. Invece succubo ricorre 4 volte in solo tre autori:
G. Testori 1959 ("tenerlo sotto di sé, suo succubo e schiavo"), in
Lalla Romano 1969 e in U. Eco 1981. Il rapporto è quindi di 2 a 1. Ben più
significativo lo scarto tra le due forme nella pagina letteraria del Sole 24-Ore, 25 anni di idee (1983- 2009),
dove succubo appare solo in 5 testi
1989-2007, rispetto ad oltre un centinaio con succube.
4. Il giudizio di correttezza normativa nella
lessicografia italiana
Tutti i dizionari
correnti registrano le due forme nell'ordine "succubo o succube",
normativamente "alla pari", e con etimologia diacronica.
Il De Mauro 2000 col GRADIT 20072 sotto il lemma succubo ricorda la variante succube,con l'etimo diacronico: "Der. del lat. tardo succuba 'concubina'", e data 1563, la variante succube a sua volta lemmatizzata in quanto "var." con rinvio a succubo".
Il Treccani-Simone 2005/2009,
Il vocabolario della lingua italiana,
lemmatizza alla pari "succubo (o
succube)" con etimo diacronico
"dal lat. succŭba, la forma succube è influenzata dal
francese".
Il Sabatini-Coletti
2007 registra "succubo o succube" con etimo diacronico
"dal lat. tardo sùccubam
'concubina', sùccubum 'amasio'";
"la forma succube attrav. il fr.
succube".
Il
Devoto-Oli-Serianni-Trifone 2019 lemmatizzza "succubo (o succube)",
"dal lat. succŭba 'chi giace
sotto altra persona'; "la variante succube
per influsso del fr. succube
'sign. sottomesso alla volontà altrui'", con la data 1923.
Lo Zingarelli 2021 registra
"sùccubo o sùccube", con etimo diacronico "succubo è forma m. tratta dal lat. tardo succŭba(m) 'concubina'"; "la forma succube è modellata sulla grafia del fr. succube".
Il Garzanti 2020
lemmatizza alla pari, ma con al primo posto, "succube o succubo" (e
anche succubo come voce secondaria
con rinvio a succube) con l'etimo
diacronico per succubo: "Dal
lat. tardo succŭba(m) 'concubina'"
e nella "Nota" in calce un etimo sincronico per succube (vedi sotto § 4.2.). Nella stessa "Nota" sottolinea
-- normativamente -- quanto a succube
che "considerata a lungo scorretta, la larga diffusione l'ha resa
accettabile".
4.1. L'etimo diacronico di succubo/succube nella dizionaristica etimologica
La duplice
etimologia, latina e francese, per succubo
e succube è presente anche nella
dizionaristica etimologica. Così T. Bolelli 1989 (Dizionario etimologico della lingua italiana, TEA, alla base del DIR. Dizionario
italiano ragionato, D'Anna1988) lemmatizza "sùccube. Trasformazione (sul modello del fr. succube) di succubo, dal
lat. succuba 'concubina'".
A. Nocentini con la coll. di A. Parenti, 2010, l'Etimologico. Vocabolario della lingua italiana
con CD-Rom e online (Le Monnier 2010) lemmatizza alla pari, con al primo posto
"sùccube, sùccubo" bisemico
con due diverse date di attestazione: 1)
"sec. xvi 'spirito demoniaco'"; 2. "1923 'sottomesso al volere
altrui' ", in quanto "prestito latino: dal lat. succŭba 'concubina' " con rinvio generico a "fr. succube, sp. súcubo".
Nel De
Mauro-Mancini 2000 Dizionario
etimologico (Garzanti, ricavato dal GRADIT)
si registra sùccubo come nel De Mauro 2000 col solo etimo
latino: "Der. del lat. tardo succuba
'concubina'", datato 1563 con la "Var.
succube".
Nel lemmario di Dante
Olivieri Dizionario etimologico
italiano (Ceschina 19531, 19652) si legge (p.
674): "succube, v. covare", ma sotto covare (p. 213) si cita "il lat.
[...] succuba (it. succubo)". E c'est tout!
4.2. Succube (1923) etimo diacronico o sincronico?
Tutti i dizionari su
citati pongono alla base della variante succube
a partire da B. Migliorini il fr. succube,
con l'eccezione tuttavia del Garzanti 2020, che riporta succube come lemma principale e succubo come voce secondaria con rinvio
a succube, e nella "Nota"
in calce propone un etimo sincronico: "La variante succubo [refuso per succube] è stata ricavata dalla forma plurale succubi".
In effetti, il fr. succube, stando al Trésor de la langue française, nonché al Petit Robert (2017), non
presenta l'accezione "che, chi soggiace alla volontà altrui", ma
quella trecentesca "Relig. chrét.
"Démon femelle, qui vient la nuit s'unir à un homme". Sicché,
considerando anche la data di prima attestazione della moderna accezione
italiana (1923), l'ipotesi controcorrente del Garzanti è tutt'altro che
peregrina. Da ciò consegue che la [Regola-2 etimol. francese] andrebbe
riformulata come [Regola-2 endogena fono-morfol.]
alla base di "succube < pl. succubi".
5. Il giudizio normativo della variante succube nella tradizione (neo)puristica
Dal punto di vista
normativo, il giudizio negativo, inaugurato da A. Panzini, caratterizza quasi
al completo la tradizione neopuristica.
A. Panzini Dizionario
moderno (19234, 19428): "succubo Non sùccube".
Come accennato, Bruno
Migliorini dopo Panzini sembra essere stato il primo ad occuparsi della
variante succube nel 1957 ne
"La Nazione" 18.12, ritornandoci ne La lingua italiana d'oggi (ERI 1967, "Dubbi di lingua": succubo pp. 222-23).
Il giudizio normativo
negativo alla base di succube si
spiega per Migliorini con l'essere un francesismo. Rispetto alla "forma
corretta sùccubo", "la
forma erronea [succube] è dovuta al
fatto che non si è ricorsi direttamente al latino, ma al francese succube" (p. 222).
Nel 1967 Migliorini sperava
ancora che la forma latineggiante avesse il sopravvento, complici anche i
dizionari: "Ma forse non è ancora tardi per insistere, d'accordo con gli
scrittori più corretti e con tutti i vocabolari, a favore di succubo" (pp.
222-23). In realtà gli scrittori del premio Strega (7 su 3), su ricordati (§ 3),
optano per succube. L'uso della
pagina letteraria del Sole 24 Ore è
decisamente a favore di succube. Tutti
i dizionari su citati (§ 4) riconoscono la correttezza di succube.
La posizione
panziniana e miglioriniana è adottata dai successivi neopuristi.
G.L. Pierotti 1964, L'italiano
corretto. L'italiano efficace, "sùccubo
- e non 'sùccube''" (De Vecchi, p.
130).
Aldo Gabrielli 19695, nel Dizionario
linguistico moderno (Mondadori): "súccubo,
quésta è la fόrma corrètta", "è errόre quindi scrívere 'súccube'"
(p. 641), ribadito a p. 1137: súccubo
"Err. la forma sing. masch. 'súccube'".
In Si dice
o non si dice? (Mondadori 1969): "la forma corretta da usare è
una sola, succubo. [...] La forma
[...] succube è sbagliata, anche se è
forse la più comunemente usata, anche se qualche dizionario la registra, e la
ripete qualche cosiddetto scrittore" (p. 127). "La forma succube è [...] del tutto
ingiustificata, e si spiega solo per l'influsso che può aver avuto su di essa
il francese succube. Cerchiamo,
almeno questa volta, di non essere ... succubi del francese" (p. 128),
ripreso alla lettera ne Il museo degli
errori (Mondadori 1977, pp. 79-80); e pressoché alla lettera in A. Gabrielli - P. Pivetti 2009, Si dice o
non si dice? Guida all'italiano parlato e scritto (Hoepli, pp. 273-74). In Come parlare e scrivere meglio (1974):
"súccubo (femm. súccuba) errato succube, masch." (Selezione dal Reader's Digest, p. 971).
R. Ferruzzi 1974, Galateo
linguistico, "Veri errori sono succube,
monolite, epigone, invece di sùccubo,
monòlito, epìgono"; "errori dovuti a male intesa trasposizione
dalle corrispondenti parole francesi" (Il Rinnovamento, pp. 136-37).
G.L. Messina 1983 Dizionario
degli neologismi, dei barbarismi e delle sigle (A. Signorelli): "la
grafía (*) súccube è però sbagliata e
grammaticalmente non ha senso".
M. Magni - G.A. Grecu 1990, 20032, Così si
dice. Così si scrive (De Vecchi): "Errore assai diffuso, [...] si
dovrebbe dire: la donna era succuba, l'uomo
era succubo".
Non errato ma "è
di gran lunga preferibile al 'bisex' succube"
per C. Picozza - F. Raso 20042 Giornalismo. Errori e orrori (Gangemi); ovvero
"preferibile al 'bisex' succube"
per C. Picozza- F. Raso - S. Strati 2020, S.O.S. Scrittura. Primo soccorso linguistico (Media Books p. 110).
Invece per M.
Trinci 2019, Le basi proprio
della grammatica, "succube,
succubo (meno usato)" (Bompiani, p. 278).
6. Logicismo etimologico
Alla luce di quanto sopra, Maurizio Assalto sul
piano normativo adotta come criterio di correttezza quello (neo)puristico dell'etimo
latino. Giudica "priva di formulazione logica" la variante succube, per lui addirittura
"lessem[a] storpiat[o], pretendendo che "per coerenza" il
parlante "dovrebbe dire incube e
non incubo (dal latino incubus)". E alla fine non riesce ad
apprezzare la lezione del grande Totò, che pure opportunamente cita per la sua
battuta «Si è sempre detto succube,
tutti dicono succube, io da bambino
dicevo succube…» in un film del 1960,
avallato proprio dall'uso pan-italiano: “tutti dicono”, “si è sempre detto”.
Sommario
1. L'evento mediatico
2. Le due Regole alla
base delle forme succubo e succube
3. La vitalità letteraria
di succube
4. Il giudizio di
correttezza normativa nella lessicografia italiana
4.1.
L'etimo diacronico di succubo/succube
nella dizionaristica etimologica
4.2. Succube (1923) etimo diacronico o
sincronico?
5. Il giudizio
normativo della variante succube
nella tradizione (neo)puristica
6. Logicismo etimologico
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)
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