Dal sito "grammaticaitaliana.eu"
D
eufonica - come e quando usarla
L'uso della d eufonica è,
nella lingua italiana, un procedimento volto ad agevolare la pronuncia di
parole consequenziali che, in assenza di questa, risulterebbero difficili da
leggere o, in molti casi, cacofoniche.
Tale accorgimento consiste
nell'aggiungere a preposizioni come “a, e, o”
una d finale
(epítesi) quando a seguirle sono parole che iniziano per vocale.
Le teorie moderne sul
corretto utilizzo della d eufonica sono tante e discordanti: c'è infatti chi si
ostina a preservarne l'utilizzo nella forma più antica, proponendo locuzioni
ormai in disuso, come “od avendolo”
e chi, invece, si limita a usarla a cospetto della preposizione “a” (ad)
e della congiunzione “e” (ed).
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Rileviamo una contraddizione. L'autore/autrice scrive
che «tale accorgimento consiste nell'aggiungere a preposizioni come “a, e, o” una d finale (epítesi) quando a seguirle sono parole che
iniziano per vocale». E «c'è (...) chi si ostina a preservarne l'utilizzo
nella forma più antica, proponendo locuzioni ormai in disuso, come “od avendolo” (...)». Se la "d eufonica" si
aggiunge alle vocali "a, e, o" quando sono seguite da parole che
cominciano per vocale la locuzione "od avendolo" è perfettamente in
regola secondo la norma. Ma la norma "moderna" consiglia di aggiungere la "d
eufonica" alle vocali "a" ed "e" quando queste ultime
sono seguite dalle parole che cominciano con la stessa vocale: domani andrò ad Acireale, non piú a Enna; il mese prossimo visiterò
Firenze ed Empoli. I cugini Giovanni ed Evaristo; i fratelli Mario e Antonio. Lo stesso discorso per quanto attiene alla "o": Giovanni o Emanuele; Francesco od Osvaldo (ma personalmente lo sconsigliamo).
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La lingua "biforcuta" della stampa
Specialista in Anatomia patologica
dell'unità (Uoc), a 38 anni anni fa parte del team vaccini della Difesa. Madre
di due gemelline non ha rinunciato a lavorare durante la pandemia e ha concluso
il dottorato, nonostante il parere di una dottoressa: "Non ce la puoi
fare"
……….
Correttamente:
di (Specialista
di…) (Specializzato in…)
Treccani: specialista s. m. e f. [der. di speciale,
sull’esempio del fr. spécialiste] (pl. m. -i). – Chi si
è specializzato in un particolare settore di una scienza, di un’arte o di una
professione: è uno s. di lingue e letterature orientali; quel regista è
uno s. di film
polizieschi; con questo sign., ha talora valore generico, altre volte è termine
specifico di qualifiche professionali: uno s. di programmazione elettronica, uno
s. di design
industriale, ecc. In partic., medico s., e più com.
assol. specialista, medico-chirurgo che ha conseguito il diploma di
specializzazione in un ramo particolare della medicina o della chirurgia: s.
per le malattie dei bambini; s. di malattie nervose; uno s. di otorinolaringoiatria,
ecc.; farsi visitare dallo s.; avere bisogno di uno
specialista.(...).
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Abbiamo segnalato ─ al giornale
interessato ─ lo "svarione", ma non è stato apportato
alcun emendamento. Evidentemente per questi "massinforma" il Treccani
non è fededegno.
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Dal sito "libreriamo.it" un "quiz" per mettere alla prova la (vostra) conoscenza della grammatica italiana.
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