lunedì 22 marzo 2021

Il "linguaggio incestuoso"


 Quanto stiamo per scrivere – siamo sicuri – farà ridere molti sedicenti linguisti: se cosí sarà la cosa ci lascerà nella piú squallida indifferenza, certi della bontà di quanto sosteniamo. Si sentono e si leggono, molto spesso, frasi tipo "Giovanna è sposata con un figlio"; "Giovanni è sposato con una figlia". E allora? Direte.

Queste frasi ci fanno pensare a un incesto, un "incesto linguistico", potremmo dire. Sí, perché le frasi in oggetto richiamano, appunto, l'incesto: Giovanna ha sposato un figlio e Giovanni ha sposato una figlia.

Questo "incesto" si può evitare con l'aggiunta di una "e": Giovanna è sposata e con un figlio; Giovanni è sposato e con una figlia. Pedanteria? Giudicate voi, amici, amanti del bel parlare e del bello scrivere.

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Abbiamo scoperto, casualmente, che, nonostante non sia attestato nei vocabolari, esiste, o meglio esisteva, il verbo "insospettare". A nostro modesto avviso è di gran lunga preferibile al 'moderno' insospettire perché piú vicino al sostantivo dal quale deriva. Probabilmente questo verbo, fino a qualche secolo fa, apparteneva alla schiera dei verbi cosí detti sovrabbondanti (I e III coniugazione). Saremmo tentati di adoperarlo nel parlar comune, se non temessimo di essere tacciati di crassa ignoranza linguistica. Ma non è detto...

PS.: Dimenticavamo. Si dice insospettibile (insospettire) o insospettabile?

Perché, dunque, insospettare è stato cassato dal vocabolario?

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Gli abitanti di Fiumicino, città in provincia di Roma, comunemente sono chiamati “fiumicinesi”. E con ciò?, vi domanderete. Nulla.  Vogliamo solo dire che, a nostro modestissimo parere, sarebbe meglio denominarli “fiumicinensi” per non confonderli con i “fiumi cinesi”. Il suffisso “-ense”, inoltre, è voce più “dotta” di “-ese”, come fa notare il “Treccani”: «-ése (o -ènse) [lat. -ēnsis]. – Suffisso derivativo di aggettivi che denotano appartenenza geografica a città (barese, bolognese, londinese, milanese, torinese, viennese), regioni (abruzzese, calabrese, piemontese, pugliese), nazioni (danese, francese, norvegese, portoghese).

Molto più raramente si tratta di appartenenza sociale (borghese, cortese, marchese). Dall’uso sostantivato di francese, inglese e simili per indicare lingue straniere si è sviluppato un valore ironico o spregiativo del suffisso in derivati, talora occasionali, che si riferiscono al tipo di linguaggio adoperato da particolari gruppi di persone (burocratese, computerese, giornalese, politichese).

Di uso più dotto, quando disponibile, la variante -ense (cuneense, eporediense)». Sotto il profilo etimologico il nome proviene dal latino “flumen micinum”, vale a dire piccolo fiume o "foce micina", piccola foce con riferimento al canale che funge da attracco per le imbarcazioni. È una proposta “oscena”? Non crediamo, anzi… i "fiumicinensi", forse, sarebbero contenti. Invitiamo le competenti "autorità toponomastiche" a prendere in esame la proposta.





 



 

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