di Salvatore Claudio Sgroi
1. Qual'è il problema?
Quesito: "Si dice inerente al problema o inerente il problema?" Risposta: "Si dice (nel senso che 'si usa', ovvero 'si sente dire' e 'si vede scritto') sia (i) inerente al problema sia (ii) inerente il problema".
Volendo esplicitare le due regole alla base dei due costrutti, diremo che il costrutto"inerente al problema" è stato generato dalla Regola-1, etimologica' [R-1]: inerente deriva "dal lat. inhaerens, entis", part. pres. del verbo intr. inerire, av. 1712, a sua volta "dal lat. inhaerēre" (De Mauro).
Invece il costrutto (ii) inerente il problema è stato generato dalla Regola-2 endogena [R-2], ovvero di tipo analogico, dovuta cioè alla pressione paradigmatica esercitata da lessemi verbali di analogo significato transitivi come riguardante, concernente: "inerente ['riguardante', 'concernente'] il problema".
Sul piano normativo, se il costrutto (i) inerente al problema è considerato canonico e "corretto", il costrutto (ii) inerente il problema non è meno corretto perché si tratta di un uso non tipico dell'italiano popolare, ma diffuso oralmente e per iscritto presso autori colti.
La "infedeltà etimologica" (il
costrutto transitivo) non può costituire un criterio per definire
"scorretto" un uso linguistico. Il che significherebbe -- lo
ripetiamo da tempo -- pretendere che la lingua non cambi, quando invece la
lingua è al servizio dei bisogni espressivi-comunicativi e cognitivi della
massa di una comunità sociale. Solo la oscurità semantica di una certa forma e
il suo uso esclusivo da parte di parlanti popolari può giustificare un giudizio
di erroneità.
E ancora la esplicitazione della Regola-2 endogena, come nel caso in oggetto, non può essere confusa con l'argomentazione di tale uso come scorretto.
Il criterio alla base del giudizio di condanna del costrutto (ii) inerente il problema è invece il criterio della "infedeltà etimologica", esplicitato o no.
Al riguardo unanime e compatto è l'atteggiamento di condanna da parte dei puristi classici (A. Gabrielli 19561, 19695; 1969; 1977, Pivetti-Gabrielli 2009, G.L. Messina 19707 rist. 1973, ried. 1983, ecc.). L. Satta invece, se abbiamo ben visto, non si pronuncia al riguardo. Non diversamente C. Marchi.
A. Gabrielli 19561, 19695, Dizionario linguistico moderno. Guida pratica per scrivere e parlar bene (Mondadori) alla voce inerènte (p. 339) menziona la Regola-1 etimologica con l'es. del Tommaseo Ragioni inerenti alla sostanza e all'origine della cosa, e la R-2 analogica: "deriva da un'errata analogia con concernente, riguardante, che si costruíscono [...] con l'accusativo", ess. Atti inerènti la causa, Discussióne inerènte l'argoménto. Normativamente errato -- malgrado l'uso forense: "È grave erróre"; "errore da segnare con matita blu, anche sulle comparse di cèrti avvocati". Il criterio etimologico scavalca anche qui l'uso di parlanti colti.
In A. Gabrielli 1969 Si dice o non si dice? (Mondadori) si riprende (pp. 287-88) quasi con le stesse parole e con gli stessi ess. e le stesse Regole-1 e 2, quanto si leggeva in A. Gabrielli 19561, 19695.
Non diversamente in Gabrielli 1977 Il museo degli errori. L'italiano come si parla oggi (Mondadori), dove si aggiunge che inerente "non sempre si costruisce a dovere; tanto che frasi come atti inerenti la causa, indagini inerenti il delitto si incontrano sempre più di frequente negli atti giudiziari soprattutto" (p. 128); "frasi sbagliate".
Notevolmente inferiore è la presentazione del lemma inerente in P. Pivetti-A. Gabrielli 2009 Si dice o non si dice? (Hoepli) con l'es. "non inerente l'argomento, ma inerente all'argomento" (p. 153).
G.M. Messina nel suo Parole al vaglio (non nella I ed. 1953 e II ed. 1957) ma almeno a partire dalla ed. 19707, rist. 1973 e quindi nel Dizionario dei neologismi, dei barbarismi e delle sigle, 1983 (ed. Angelo Signorelli) ricorda la [R-1] etimologica con l'es. le indagini inerenti al delitto (1973 p. 266 = 1983 p. 311) e la [R-2] "per estensione", "analogia", es. le indagini inerenti il delitto "frequente nel linguaggio giuridico". Ma normativamente un uso "erratissimo": "Questo costrutto erratissimo può essere spiegato [da R-2], ma non giustificato [normativamente per l'infedeltà etimologica], da un'arbitraria analogia [R-2] con concernente o con riguardante". L'autore confonde peraltro la R-2 con il giudizio di normatività basato sulla infedeltà etimologica del costrutto.
In Così si dice. Così si scrive (DVE Italia) di M. Magni - G.A. Grecu, si legge normativamente "Modo non corretto" (p. 192) con l'es. Le disposizioni inerenti la salute pubblica. Non si indica la Regola-2 analogica, e si fornisce una Regola assiologica, prescrittivista: "Si dica inerenti alla salute (inerire, verbo disusato, significa comunque: aderire, attaccarsi; e occorrerà quindi la preposizione 'a')".
S. Novelli 2014 in Si dice? Non si dice? Dipende (Laterza) al quesito "Inerente qualcosa, riguardo qualcosa" (p. 172) risponde, laconicamente e iconicamente, con un secco "no" sia nella "lingua scritta" che nella "lingua parlata" (p. xxii), senza indicare nessuna Regola, né etimologica né analogica.
I lessicografi, quando non lo ignorano, denunciano tale uso come scorretto perché non etimologico, il verbo da intr. essendo diventato trans. Il costrutto diretto "Inerente il" non è per loro un uso riconosciuto o approvato.
Il Garzanti-Patota 2010 e 2013 aggiunge al lemma inerente una "Nota", con una Regola di tipo assiomatico prescrittivista (normativamente uso errato): il verbo è intr. ma senza dire perché è intr., senza cioè accennare alla Regola-1, etimologica:
Hoepi-Gabrielli 2009 si sofferma solo sul giudizio "corretto"/scorretto, facendo precedere in maniera allarmistica la nota da un punto esclamativo: "! inerente":
Anche lo Zingarelli 2013 e 2019 sub inerente agg.-part. pres. (av. 1535 'riferibile a') fornisce una Regola assiomatica prescrittivista, e c'est tout:
Sotto il lemma Errore, nell'elenco degli "Errori comuni" il costrutto "inerente il ..." è etichettato come "errato" rispetto a "inerente al..." giudicato invece "corretto".
Il DO. Nuovo Devoto-Oli. Il vocabolario dell'italiano contemporaneo di G. Devoto - G.C. Oli - L. Serianni - P. Trifone (Le Monnier-Mondadori Education) 2019 nel box di "parole minate" formula due Regole assertive per l'uso canonico, es. i documenti inerenti alla domanda, anziché la Regola-1 etimologica: [R-a]: "Inerente si costruisce con la preposizione a, allo stesso modo dei sinonimi relativo, attinente, pertinente"; e [R-b]: "L'aggettivo è propriamente il participio presente di inerire, un verbo intransitivo che regge appunto la preposizione a".
Si formula altresì la Regola-2 analogica alla base del costrutto i documenti inerenti la domanda: "molto comune nel linguaggio burocratico, [...] ricalca per analogia altri participi presenti usati con valore aggettivale come concernente e riguardante, i quali derivano da verbi transitivi [...] e si costruiscono direttamente con il complemento oggetto".
Normativamente "non è
corretto", implicitamente perché non-etimologico.
G. Patota nel glossario della grammatica italiana di L. Serianni 1997, Italiano (Garzanti), dedica un riquadro ai costrutti inerente a qualcosa / inerente qualcosa (p. 545), soprattutto "ricorrenti in àmbito giuridico-burocratico". Indica una Regola apodittico-prescrittivista: "il verbo inerire [...] è intransitivo richiede il complemento di termine", es. gli obblighi inerenti a una legge. E formula, pur con qualche dubbio ("forse"), la Regola-2 analogica:
Per altri dizionari il costrutto diretto non esiste proprio. Così Dardano 1981, il Gabrielli 1993, Conciso 1998, De Mauro 2000, Sabatini-Coletti 2007, Gabrielli illustr. 2009, Devoto-Oli ed. 2013 si limitano a sottolineare con ess. la reggenza con a, censurando tacitamente la costruzione diretta senza la prep., non presa in considerazione.
A fronte di tante prescrizioni o
censure, stanno naturalmente gli usi dei parlanti-scriventi, non certamente
incolti, per es.:
(i) Armando Massarenti 2013: "smetterla con i commenti o gli svolgimenti saccenti, basati su tracce e materiali inerenti argomenti troppo vasti, pretenziosi e ambigui, che sortiscono solo l'effetto di confonderli, i nostri maturandi, a migliaia" (Filosofia Minima: Maturità: Argomentare (correttamente) salva la vita, Sole 24 Ore, 23 giugno 2013).
(ii) G. Cosenza 2018: "per i dettagli inerenti il catalogo e il progetto in sé rimando a Gambarara (2017)" (Dalla biblioteca di Saussure alla Sala di ricerca Tullio De Mauro: le opere di consultazione tra teoria e pratica scientifica, in AA.VV. Linguistica e filosofia del linguaggio. Studi in onore di Daniele Gambarara, Milano-Udine, Mimesis pp.159-72, a p. 167).
(iii) un e-mail del 15.VII.2013: "Gent.mi professori, per opportuna conoscenza vi trasmetto la mail della dott.ssa *** inerente la convalida o meno dei file tesi caricati on line dai laureandi. Cordiali saluti. dott.ssa *** ".
(iv) V.M. Mastronardi 20071, 20182, se nel suo Manuale di comunicazione non verbale (Roma, Carocci Faber) aderisce all'uso canonico: "Si vedano anche il paragrafo inerente ai gesti regolatori [...] e i paragrafi sui segni vocali non verbali" (p. 53), -- non rifugge però dall'uso marcato: "le chiavi di lettura inerenti la comunicazione verbale e non verbale dell'interlocutore" (p. 106).
(v) Un es. cinquecentesco inerente a 1584 Giordano Bruno (Zing. av. 1535).
5. E i dizionari del terzo millennio?
I lettori curiosi e pazienti
navigheranno in Internet per un incremento degli usi reali del nostro
costrutto. Si resta intanto in attesa di un adeguamento dei dizionari nelle
prossime edizioni agli usi (colti) dei parlanti.
Sommario
1. Qual'è il
problema?
2. La condanna dei (neo)puristi
2.1. A. Gabrielli 19561, 19695; 1977
2.2. G.L. Messina 19707 rist. 1973, ried. 1983
2.3. M. Magni-G.A. Grecu 19901, 20032
2.4. S. Novelli 2014
3. La voce dei dizionari
3.1. Garzanti-Patota 2010 e 2013
3.2. Hoepli-Gabrielli 2009
3.3. Zing. 2013 e 2019
3.4. Devoto-Oli-Serianni Trifone 2019
3.5. G. Patota 1997
3.6. Il costrutto diretto 'non esiste'
proprio per altri dizionari
4. Usi illustri di parlanti colti
(giornalistici, burocratici, manualistici)
5. E i dizionari del terzo millennio?
3 commenti:
Ineccepibile come sempre l'intervento del Prof. Sgroi.
Ma chi ha autorizzato tutti questi Catoni a salire sullo scranno del giudice e a decretare cosa e giusto e cosa è sbagliato?
L'etimologia, qualcuno dice?
E allora torniamo al latino, perché l'italiano intero è un mare in tempesta su cui etimologie stravolte formano la schiuma che vediamo in superficie.
Sarà pure un professore, ma "qual'è" non si può proprio leggere, si impara alle elementari!
Molto italianuzzo il commentatore qui sopra. Fa il leone da tastiera forte dela sua licenza di terza media rimanendo però al sicuro dietro lo schermo dell'anonimato!
Nel merito, un commento tutto sbagliato. Chi lo ha scritto ignora vari semplici fatti della lingua italiana.
Intanto una grammatica normativa italiana non esiste(!) e, come dimostra Sgroi nel suo intervento, grammatici e lessicografi hanno spesso idee su cose sia "corretto" o meno in italiano.
Seconda cosa: le regolette ortografiche delle maestre non sono fonte di autorità grammaticale. Sgroi ha ampiamente argomentato in libri ed articoli i motivi per cui "qual'è" scritto con apostrofo è grafia più corretta e coerente sia con la pronuncia che con la constatazione che QUAL non è più parola usata produttivamente in italiano. In breve, se "quale è" è corretto, ne segue la correttezza di "qual'è". L'elisione è regola generale dell'italiano. I grammatici che prescrivono il "qual è" sono costretti ad affermare che "quale è" sia errato, ma questo non è più vero (se mai lo è stato).
Come Sgroi suggerisce "qual'è" ( e "pò" se è per quello), Luca Serianni e altri suggeriscono di scrivere "sé stesso", ma anche quella grafia va contro le (pseudo)regolette delle maestre che l'anonimo crede fonte universale di ortodossia linguistica! E allora come la mettiamo?
La lingua evolve e i linguisti non possono fare altro che prenderne atto. E questo non lo dico io, lo dicono la Crusca e tutti i linguisti in coro.
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