Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
C’è
chi, per distinguersi, usa le varianti da salotto buono al posto di vocaboli
giudicati logori o banali. Certe parole posseggono infatti una patina
nobile. Non sempre però
le scelte sono felici.
A
“metodo” molti preferiscono “metodica”, a “problema” “problematica”,
l’“alcolizzato” è divenuto “alcolista”, le “devianze” hanno sostituito le
“deviazioni”, le “complicanze” hanno preso il posto delle “complicazioni” anche
al di fuori del campo medico, i prodotti non sono più “contraffatti” ma
“taroccati”…
La
lingua italiana ha perso molte piume: i
termini del bel tempo che fu oggi quasi nessuno li usa più. “Eziandio” e
"vieppiù” hanno tirato le cuoia. "Donde", ancora presente nel
parlato e nello scritto di qualche decennio fa, è oggi latitante, e a usarlo si
rischia di non essere capiti. Eppure, le espressioni "avere ben
donde" e “averne ben donde” invece
che "avere buone e fondate ragioni", hanno il loro fascino.
"Sino a..." (con la
"s" ) al posto di "fino a ...", (con la "f")
continua a fare salotto buono. "Financo" è più
chic di “finanche”. "Retaggio" fa più fino di “eredità”, anche
perché “retaggio” riguarda la sfera
spirituale.
Da
un certo tempo mi capita d'imbattermi in
"disvelare" al posto di "svelare". Chi “disvela” dimostra
più classe di chi invece “svela”. Chi ha il dono della
“comunicativa” spesso non si abbassa a
usare "comunicazione", termine banale. “Ostensione” è una parola che suscita
rispetto. Leggo sul C. della S.: “L'ostensione della Sacra Sindone di
Torino...” Bisogna ammettere che se il giornalista del Corriere avesse
usato “esposizione” o “esibizione”,
invece di “ostensione”, avrebbe diminuito l’effetto scenografico dell’evento.
Non
mi attarderò a parlarvi dell'uso straripante di "esondare" che ha
sommerso “straripare”, vocabolo quest’ultimo in auge ai tempi del bagnasciuga e
poi nel dopoguerra, ma che è finito oggigiorno alla deriva.
Il
sostantivo "annunzio" ha una sfumatura nobile che manca ad
"annuncio". Lo stesso Gabriele Rapagnetta, se si fosse chiamato
D'Annuncio invece di D'Annunzio (cognome dello zio nobile da cui Gabriele
Rapagnetta, futuro Vate, fu adottato),
con questa “c” al posto della “z” avrebbe
perso molto. Ma se avesse conservato il cognome Rapagnetta, il nostro
immaginifico eroe-poeta avrebbe conosciuto un destino plebeo. Dopo tutto
“nomina sunt omina”.
Il
termine medico "complicanza" è uscito dalla sala di rianimazione ed è
usato anche fuori dell'ospedale anzi del “nosocomio”, al posto di
"complicazione". "Risultanza" ormai insidia
linguisticamente "risultato", giudicato troppo modesto.
"Delibera", termine rapido, ha rimpiazzato "deliberazione".
Lo studente ormai presenta una "giustifica" al posto della meno
convincente "giustificazione". O forse non presenta più
un bel nulla per “giustificare” la sua assenza, data la trionfale
trasformazione in senso “democratico” della nostra sgangherata scuola.
Alcune
parole sono rimaste solo nei documenti d'epoca, ad esempio “il legnatico",
tassa che si pagava per il “diritto di
far legna nei boschi altrui”. Oggi ci rimangono comunque le legnate fiscali
chiamate “stangate”.
Negli
scritti che cercano di riprodurre il linguaggio di strada – vedi i romanzi di Pasolini – le parole sono
inevitabilmente volgari. E da bettola e volgare è il linguaggio, zeppo di “ca…i”, di urla, e di “vaff…”, diffuso
oggigiorno in Italia, anche in TV e nel caravanserraglio dei nostri politici
superpagati, dediti alle ammucchiate e al trasformismo.
3 commenti:
Gent. Dott. Raso, in tv ho visto scritto "lo jogging".
Lei che cosa ne pensa di quell'articolo?
Grazie e... stia bene!
Otto
Gentile Otto,
io avrei scritto "il" jogging (come 'il' jazz), secondo le norme morfosintattiche della lingua italiana.
Cordialmente
FR
"Vieppiù"? Molto meglio con la p scempia: viepiú.
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