lunedì 30 marzo 2020

Il linguaggio ricercato


Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
C’è chi, per distinguersi, usa le varianti da salotto buono al posto di vocaboli giudicati logori o banali. Certe parole posseggono infatti una patina nobile.  Non sempre però le scelte sono felici.
A “metodo” molti preferiscono “metodica”, a “problema” “problematica”, l’“alcolizzato” è divenuto “alcolista”, le “devianze” hanno sostituito le “deviazioni”, le “complicanze” hanno preso il posto delle “complicazioni” anche al di fuori del campo medico, i prodotti non sono più “contraffatti” ma “taroccati”…
La lingua italiana ha perso molte piume: i  termini del bel tempo che fu oggi quasi nessuno li usa più. “Eziandio” e "vieppiù” hanno tirato le cuoia. "Donde", ancora presente nel parlato e nello scritto di qualche decennio fa, è oggi latitante, e a usarlo si rischia di non essere capiti. Eppure, le espressioni "avere ben donde" e “averne ben donde”  invece che "avere buone e fondate ragioni", hanno il loro fascino. "Sino  a..." (con la "s" ) al posto di "fino a ...", (con la "f") continua a fare salotto buono. "Financo" è  più chic di “finanche”. "Retaggio" fa più fino di “eredità”, anche perché  “retaggio” riguarda la sfera spirituale.
Da un certo tempo mi capita  d'imbattermi in "disvelare" al posto di "svelare". Chi “disvela” dimostra più classe di chi invece “svela”. Chi ha il dono della “comunicativa” spesso non si  abbassa a usare "comunicazione", termine banale.  “Ostensione” è una parola che suscita rispetto. Leggo sul C. della S.: “L'ostensione della Sacra Sindone di Torino...” Bisogna ammettere che se il giornalista del Corriere avesse usato  “esposizione” o “esibizione”, invece di “ostensione”, avrebbe diminuito l’effetto scenografico dell’evento.
Non mi attarderò a parlarvi dell'uso straripante di "esondare" che ha sommerso “straripare”, vocabolo quest’ultimo in auge ai tempi del bagnasciuga e poi nel dopoguerra, ma che è finito oggigiorno alla deriva.
Il sostantivo "annunzio" ha una sfumatura nobile che manca ad "annuncio". Lo stesso Gabriele Rapagnetta, se si fosse chiamato D'Annuncio invece di D'Annunzio (cognome dello zio nobile da cui Gabriele Rapagnetta,  futuro Vate, fu adottato), con questa “c” al posto della “z” avrebbe  perso molto. Ma se avesse conservato il cognome Rapagnetta, il nostro immaginifico eroe-poeta avrebbe conosciuto un destino plebeo. Dopo tutto “nomina sunt omina”.
Il termine medico "complicanza" è uscito dalla sala di rianimazione ed è usato anche fuori dell'ospedale anzi del “nosocomio”, al posto di "complicazione". "Risultanza" ormai insidia linguisticamente "risultato", giudicato troppo modesto. "Delibera", termine rapido, ha rimpiazzato "deliberazione". Lo studente ormai presenta una "giustifica" al posto della meno convincente "giustificazione". O forse non presenta più un bel nulla per “giustificare” la sua assenza, data la trionfale trasformazione in senso “democratico” della nostra sgangherata scuola.
Alcune parole sono rimaste solo nei documenti d'epoca, ad esempio “il legnatico", tassa che si pagava per il “diritto  di far legna nei boschi altrui”. Oggi ci rimangono comunque le legnate fiscali chiamate “stangate”.
Negli scritti che cercano di riprodurre il linguaggio di strada –  vedi i romanzi di Pasolini – le parole sono inevitabilmente volgari. E da bettola e volgare è il linguaggio, zeppo di  “ca…i”, di urla, e di “vaff…”, diffuso oggigiorno in Italia, anche in TV e nel caravanserraglio dei nostri politici superpagati, dediti alle ammucchiate e al trasformismo.




3 commenti:

Otto ha detto...

Gent. Dott. Raso, in tv ho visto scritto "lo jogging".
Lei che cosa ne pensa di quell'articolo?
Grazie e... stia bene!
Otto

Fausto Raso ha detto...

Gentile Otto,
io avrei scritto "il" jogging (come 'il' jazz), secondo le norme morfosintattiche della lingua italiana.
Cordialmente
FR

Stefano ha detto...

"Vieppiù"? Molto meglio con la p scempia: viepiú.