1.
Udite udite!
Avevamo appena messo in
rete l'intervento "Ma qual(')è l'origine del Coronavirus?", quando un
caro amico e collega, ci ha segnalato una particolare pronuncia, anglicizzante,
di coronavirus, ovvero
"coronavAIrus". In bocca al ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
In effetti, in rete
abbiamo potuto sentire il ministro pentastellato seduto, dire in una conferenza
del 12 febbraio, 08h56:
"ogni stato membro
sta adottando delle misure rispetto alla vicenda e all'emergenza del coronavairus".
2. Scandalo!
Non è così sembrato vero alla stampa on line, come
abbiamo potuto accertare, dare "all'untore"!
2.1.a Il Tempo.it
Così Il Tempo.it, 13 febbraio intitolava:
"Anglista fuori luogo. Luigi Di Maio la caduta sul coronavairus. Parla italiano e
lo pronuncia così".
E quindi:
"Luigi Di Maio confonde il latino
con l'inglese. È vero che fa il ministro degli Esteri, però non bisogna
mica essere un latinista per sapere che la parola 'virus' viene direttamente
dal latino e vuol dire semplicemente 'veleno' ".
2.1.b.
Il tempo.it
Il tempo.it Quotidiano
indipendente, il 25 febbraio 2020 ritornava
sul caso col titolo:
"Ironia social. Dal coronavirus al coronavairus, Luigi Di Maio contagia i social:
l'ultimo meme".
Col commento
"Spunta l'ultimo meme su Luigi Di Maio e il
virus dalla Cina. Nel pieno dell'emergenza il 'Coronavairus'
del ministro degli Esteri, ha fatto il giro del web diventando il 're dei
meme' ".
2.2. Il giornale.it
A
sua volta Il giornale.it, 13 febbraio,
con Alberto Giorgi, intitolava:
"Di Maio 'fa l'americano' e sbaglia
la pronuncia del coronavirus"
Sottotitolo:
"Il
ministro degli Esteri pronuncia 'coronavirus'
all'americana, anche se il termine è latino: ecco la nuova
gaffe di Gigino".
Col commento:
"Luigi Di Maio e l'inglese, una lunga, controversa (e
comica) storia 'd'amore'. Questa volta
il ministro degli Esteri ha voluto fare il brillante in una conferenza stampa
sull'emergenza coronavirus, pronunciando 'coronavairus'
all'americana, dicendo dunque 'corona-vairus'.
Peccato però che il termine sia latino e
che quindi della pronuncia inglese non vi fosse proprio
bisogno, specialmente per un italianissimo come lui.
L'ex capo politico del Movimento 5
Stelle aveva promesso di mettersi a studiare per bene la lingua
anglosassone appena ricevuto l'incarico di essere il nuovo titolare della
Farnesina e in questi mesi Gigino pare che si sia messo davvero
d'impegno, studiando per filo e per segno l'inglese. E non appena trova
l'occasione giusta cerca di mettere in mostra l'accento. Anche quando l'accento
all' americana proprio non ci azzecca nulla".
2.3. Il Secolo d'Italia
Il Secolo d'Italia, direttore
Francesco Storace, con un intervento di Politica di Chiara Volpi giovedì 13 febbraio, commentava:
" Incorreggibile Di Maio, storpia l’inglese e massacra
il latino: e coronavirus diventa coronavairus"
2.4.
Notizie.virgilio.it
Notizie.virgilio.it si è soffermato più
a lungo sull'evento:
"Di Maio, la gaffe sul coronavirus
è virale e mondiale. La pronuncia inglese dell'ex leader dei 5 Stelle fa
sorridere il web. Difficile confrontarsi con il mondo quando non si
conoscono a fondo le lingue. Ancor peggio se sei il Ministro degli
Esteri. Ne sa qualcosa Luigi Di Maio che è incappato nell’ennesima
gaffe internazionale".
Continuando però così, in parte, con
mutamento di giudizio:
"Ed
allora il 'coronavirus' nella bocca di Di Maio è diventato 'coronavairus'.
È successo durante l’ultimo viaggio in Spagna del ministro. Insomma non
si tratterebbe nemmeno di gaffe o scivolone tragico visto che “virus”
in americano, più che in inglese, si pronuncia 'vairus'.
Se
non fosse che il discorso pronunciato da Di Maio è totalmente in italiano,
quindi la parola 'coronavairus'
messa lì giusto per far vedere di conoscere una pronuncia estera è apparsa ai
più in rete come molto forzata e fuori
luogo".
3. Un anglicismo
pronunciato all'italiana
Ci fermiamo qui quanto ai commenti in
rete di altre testate. Volendo invece analizzare l'evento in questione, a
preoccupare il linguista sono invero i commenti delle testate più che la pronuncia
non gradita del ministro degli Esteri.
Come abbiamo dimostrato nel nostro
precedente intervento < Ma qual(')è l'origine del Coronavirus?>, il termine
coronaVirus
è chiaramente per la sua struttura lessicale un anglicismo. Infatti si tratta di un composto con la
"testa" a destra: 'virus a corona' rispetto ai composti binominali
tipici dell'italiano con testa a sinistra (cfr. capostazione), senza dire della prima attestazione 1970 successiva
a quella inglese 1969. In inglese il composto è stato formato sulla base del
latino scientifico con corona e virus. Se quindi coronavirus in italiano è un anglo-americanismo costruito con
elementi latini, e non già una voce italiana formata con costituenti latini,
allora la pronuncia del ministro non ha niente di scandaloso. Lui deve aver
sentito la parola in bocca anglofona ed ha adattato all'italiano tale
pronuncia. Se foneticamente la pronuncia anglo-americana è stando all'Oxford English Dictionary: brit. kə'rəʊnə
,vɅirəs; -- amer. kə'roʊnə ,vairəs -- Di Maio ha trasferito in italiano il dittongo
/ai/ di "virus" /vairəs/,
pronunciando all'italiana coronavairas
l'ingl. coronavirus.
Un caso analogo è la pronuncia all'ingl.
/mass midia/ (o all'italiana /mass media/) di mass media (dall'ingl. mass media, propr. 'mezzi di
massa')".
Quindi
sono del tutto gratuite e fuori luogo le accuse di "gaffe virale e
mondiale", di "ennesima gaffe internazionale", di
"storpia(re) l'inglese e massacra(re) il latino", che "confonde
il latino con l'inglese", che "sbaglia la
pronuncia", ecc.
Trovandosi
dinanzi a un termine inglese (costruito con elementi latini), Di Maio,
-- consapevole a differenza dei suoi ipercritici (si potrebbe anche sostenere)
che si trattava di un anglicismo, -- si è comportato come un parlante
normalissimo che ha adattato la pronuncia inglese all'italiano, cioè
"coronavairus". Muovendo dallo scritto, o basandosi sulla pronuncia
ortografica certamente più comune, avrebbe potuto dire anche
"coronavirus". Ma ha fatto un'altra scelta. Che può non piacere, ma
che non può certamente essere oggetto di critiche infondate o di aggressioni
verbali.
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