venerdì 3 febbraio 2017

L'onomatopèa


Tutti noi, piú o meno, conosciamo il significato del termine “onomatopèa” che, alla lettera, vuol dire “imito il nome”, “faccio il nome” ed è composto con le voci greche “ònoma” (nome) e “poièo” (imito, faccio). L’onomatopèa, per tanto, possiamo considerarla - senza tema di essere smentiti - la fonte piú ricca di temi o radici di parole di lingue primitive di ogni regione del mondo; prima l’istinto, poi la volontà di imitazione hanno ‘alimentato’ e allungato l’infinita serie di suoni onomatopeici: il “crac” (senza ‘k’, altrimenti cambia di significato), per esempio, che cosa è se non la riproduzione, l’ “imitazione” del suono che emette un oggetto quando si rompe? L’onomatopèa è, insomma, un’espressione (o un vocabolo) che riproduce - tramite il suono - una determinata ‘imitazione’. Per rendersi conto di quanto sia diffusa l’onomatopèa basta ascoltare un bambino che chiama “bau-bau” il cane, “pio-pio” il pulcino, “co-co” la gallina e cosí via. Il bambino, quindi,  è l’ “onomatopeista” per eccellenza e proprio i fanciulli hanno coniato - anche se  non tutti i linguisti sono d’accordo - i vocaboli “mamma” e “ papà”. Ma qui il discorso ci porterebbe lontano facendoci allontanare un po’ dall’argomento ‘principe’ che è, appunto, l’onomatopèa. Queste noterelle, dunque, sono scritte allo scopo di fare un po’ di chiarezza in questo sterminato campo della linguistica perché molti ritengono - erroneamente - che alcuni vocaboli definiti da qualche pseudolinguista (della famiglia dei gramuffastronzoli),  ‘onomatopeici’ sono nati esclusivamente dal tentativo di imitare i “suoni” degli animali. No, non sempre è cosí. Ronzare, per esempio, viene dal verbo “rundiare” che significa ‘gironzolare’, ‘fare la ronda’ (il cane, come si può notare non c’entra affatto); cosí come abbaiare, che di primo acchito farebbe pensare al “bau-bau” dell’amico dell’uomo, ci è stato regalato dal latino “baiae” (‘bocca aperta’) con il significato, quindi, di “urlare a bocca aperta”, mentre tubare è un prestito del tedesco “Taube” (colomba) e non ha nulla che vedere con il... “tu-tu”. Coloro che tubano, per tanto, si comportano come le colombe ma non le imitano sotto il profilo onomatopeico anche se, siamo sicuri, non mancherà qualche bastian contrario che ci manderà i suoi “strali correttivi”. Ma ci siamo abituati e andremo avanti lo stesso per la nostra strada, convinti di quanto asseriamo. Nessuno, invece, potrà contraddirci se scriviamo che i “suoni” della natura ci hanno suggerito moltissime parole di origine... onomatopeica. Ne diamo un breve elenco - a caso - lasciando agli amici blogghisti il ‘gusto’ di scoprire il significato esatto consultando un buon vocabolario della lingua italiana. Vediamo. Scroscio, sgorgare, tintinnio, borbottare, cigolare, tartagliare, squittire, trillare, bisbigliare, dondolio, sciacquare, fruscio, sussurrare, gorgogliare. Ma anche  i “suoni” degli animali - come accennavamo all’inizio - ci hanno dato la possibilità di coniare molte parole come, per esempio, belare, pigolare, muggire, cinguettio, grugnire, frullare. Quando diciamo a una persona  “che cosa ti frulla per la testa” inconsapevolmente ci riferiamo, per l’appunto, a un animale. Quale? Scopritelo, cortesi amici.


Nessun commento: