Tutti
noi, piú o meno, conosciamo il significato del termine “onomatopèa” che, alla
lettera, vuol dire “imito il nome”, “faccio il nome” ed è composto con le voci
greche “ònoma” (nome) e “poièo” (imito, faccio). L’onomatopèa, per tanto,
possiamo considerarla - senza tema di essere smentiti - la fonte piú ricca di
temi o radici di parole di lingue primitive di ogni regione del mondo; prima
l’istinto, poi la volontà di imitazione hanno ‘alimentato’ e allungato
l’infinita serie di suoni onomatopeici: il “crac” (senza ‘k’, altrimenti cambia
di significato), per esempio, che cosa è se non la riproduzione, l’
“imitazione” del suono che emette un oggetto quando si rompe? L’onomatopèa è,
insomma, un’espressione (o un vocabolo) che riproduce - tramite il suono - una
determinata ‘imitazione’. Per rendersi conto di quanto sia diffusa l’onomatopèa
basta ascoltare un bambino che chiama “bau-bau” il cane, “pio-pio” il pulcino,
“co-co” la gallina e cosí via. Il bambino, quindi, è l’
“onomatopeista” per eccellenza e proprio i fanciulli hanno coniato - anche se non
tutti i linguisti sono d’accordo - i vocaboli “mamma” e “ papà”. Ma qui il
discorso ci porterebbe lontano facendoci allontanare un po’ dall’argomento
‘principe’ che è, appunto, l’onomatopèa. Queste noterelle, dunque, sono scritte
allo scopo di fare un po’ di chiarezza in questo sterminato campo della
linguistica perché molti ritengono - erroneamente - che alcuni vocaboli
definiti da qualche pseudolinguista (della famiglia dei gramuffastronzoli), ‘onomatopeici’ sono nati esclusivamente dal
tentativo di imitare i “suoni” degli animali. No, non sempre è cosí. Ronzare,
per esempio, viene dal verbo “rundiare” che significa ‘gironzolare’, ‘fare la
ronda’ (il cane, come si può notare non c’entra affatto); cosí come abbaiare,
che di primo acchito farebbe pensare al “bau-bau” dell’amico dell’uomo, ci è
stato regalato dal latino “baiae” (‘bocca aperta’) con il significato, quindi,
di “urlare a bocca aperta”, mentre tubare è un prestito del tedesco “Taube”
(colomba) e non ha nulla che vedere con il... “tu-tu”. Coloro che tubano, per
tanto, si comportano come le colombe ma non le imitano sotto il profilo
onomatopeico anche se, siamo sicuri, non mancherà qualche bastian contrario che
ci manderà i suoi “strali correttivi”. Ma ci siamo abituati e andremo avanti lo
stesso per la nostra strada, convinti di quanto asseriamo. Nessuno, invece,
potrà contraddirci se scriviamo che i “suoni” della natura ci hanno suggerito
moltissime parole di origine... onomatopeica. Ne diamo un breve elenco - a caso
- lasciando agli amici blogghisti il ‘gusto’ di scoprire il significato esatto
consultando un buon vocabolario della lingua italiana. Vediamo. Scroscio,
sgorgare, tintinnio, borbottare, cigolare, tartagliare, squittire, trillare,
bisbigliare, dondolio, sciacquare, fruscio, sussurrare, gorgogliare. Ma
anche i “suoni” degli animali - come accennavamo all’inizio - ci
hanno dato la possibilità di coniare molte parole come, per esempio, belare,
pigolare, muggire, cinguettio, grugnire, frullare. Quando diciamo a una
persona “che cosa ti frulla per la testa” inconsapevolmente ci
riferiamo, per l’appunto, a un animale. Quale? Scopritelo, cortesi amici.
venerdì 3 febbraio 2017
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento