Dalla dott.ssa Ines Desideri riceviamo e volentieri
pubblichiamo
Nell’accezione più comune il treno è – come tutti sappiamo –
un mezzo di trasporto pubblico, atto alla circolazione sulle ferrovie. Richiama
l’immagine di una stazione, di valigie, di persone che partono, di persone che
rimangono sulla banchina e agitano un fazzoletto, in segno di saluto. Forse
anche di una lacrima, a fatica dissimulata, o di un sospiro. O di un lamento…
Dal latino “trahere” (tirare),
attraverso il francese antico “train”, siamo giunti alla stazione ferroviaria e
al treno.
O di un lamento, dicevamo, e non a caso.
È detto “treno” anche il canto funebre presso gli antichi
Greci: dal greco “thrènos” (pianto, lamento, gemito), abbiamo pregevoli esempi di “treni” nella letteratura antica.
Cito, a mo’ di esempio, il pianto di Andromaca per la morte
di Ettore (Iliade):
“Ettore, oh
me disgraziata! Con una sorte nascemmo
entrambi, tu
a Troia nella casa di Priamo,
io in Tebe
sotto il Placo selvoso,
in casa
d’Eiezione, che mi nutrì piccina.
Ora tu nelle
case dell’Ade, nella terra profonda
te ne vai, lasci
me in dolore straziante,
vedova nella
casa: e il bimbo ancor non parla
che abbiam
generato tu e io, miseri. A lui
tu non sarai difesa, Ettore, perché sei morto, né lui a te.
“
Per estensione sono dette “Treni” anche le lamentazioni
bibliche.
Da questa accezione deriva il sostantivo “trenodìa” -
formato da “thrènos” e “odé” (canto) – il cui significato riporta sia alle
lamentazioni corali nei riti religiosi, sia a componimenti letterari di
cordoglio, sia al più comune “piagnisteo”.
“… la gretta lamentela, la monotona, grigia, inutile
trenodìa che parenti e consanguinei intonavano sommessi attorno?” ( “Il
giardino dei Finzi-Contini”, G. Bassani)
***
Cortese dott. Raso, leggendo un vecchio libro, trovato
mentre riassettavo la soffitta , mi sono imbattuta in questa frase: « [...] a un segnale
convenuto tutti tacerono». Sono rimasta sorpresa perché ho sempre saputo che la
terza persona plurale del passato remoto del verbo tacere è
"tacquero". Ora leggo questo "tacerono". Ma è corretto? Non
sono riuscita a trovare una risposta. Lei sa qualcosa in proposito?
Grazie in
anticipo se mi risponderà.
Clara P.
Siracusa
--------------
Gentile Clara, "tacerono" è forma corretta ma
caduta in disuso. La forma dell'italiano odierno è, appunto,
"tacquero". Ma come si giustifica "tacerono"? Il passato
remoto dei verbi della seconda coniugazione (quelli in "-ere", per
intenderci) ha delle desinenze alternative per la prima e la terza persona
singolare e per la terza plurale (ei/etti; é/ette; erono/ettero). La terza
persona plurale del passato remoto del verbo credere può essere, infatti, tanto
"essi crederono" quanto
"essi credettero". Tacere, però, è un caso particolare essendo
irregolare, perché non segue né
"-erono" né "-ettero". Nei secoli passati, invece, aveva le
normali desinenze, come potrà vedere cliccando su questo collegamento.
2 commenti:
La collaborazione della dott.ssa Desideri impreziosisce il blog e auspico una sua presenza più costante.
Roberto S.(Lucca)
Ringrazio il gentile Roberto per l'apprezzamento espresso e il dottor Raso per l'ospitalità.
Cordiali saluti
Ines Desideri
Posta un commento