La nostra lingua è ricca di parole tratte dal
mondo agricolo e "trasportate" in quello cosí detto culturale, ricevendo, in tal modo,
una sorta di blasonato. Non c'è uomo di cultura, quindi, che parlando o
scrivendo possa fare a meno di ricorrere a parole "contadinesche"
nobilitate dall'uso. Tra queste parole le piú numerose sono quelle tratte dagli
alberi. Vediamo assieme le piú
comuni e, ovviamente, le piú conosciute (ma adoperate
inconsciamente). Quando, per esempio, chiamiamo il nostro corpo "tronco"
confrontiamo la struttura del tronco umano con quella di un albero. Allorché
descriviamo i rapporti di parentela parliamo di "radice", di
"ramo", di "ceppo" e, un po' scherzosamente, di
"rampolli". E quando parliamo di cultura non ci riferiamo alla
"coltura", vale a dire alla "coltivazione"? Una persona si
dice colta quando "coltiva", appunto, l'animo, la mente. E cosí il
"culto", che in latino valeva innanzi tutto "coltivazione"
ha finito con l'acquisire l'accezione specifica di "onore reso alla divinità".
E a proposito di cultura, taluni usano indifferentemente questo termine
riferito all'attività dello spirito, dell'animo, della mente e a quella,
chiamiamola, "campestre": la cultura delle viti. È bene fare, invece
- ed è un obbligo per chi ama la lingua - un distinguo. Nel significato di
educazione morale, intellettuale,
useremo "cultura" (con la "u"): avere un'ottima cultura, una cultura
mediocre; nell'accezione, invece, di
"coltivazione del terreno" adopereremo "coltura" (con la
"o"): la coltura degli ortaggi, la fioricoltura, la viticoltura ecc.
E per concludere queste modeste noterelle sull'uso di parole che abbiamo
definito nobilitate, vediamo un vocabolo agricolo che ricorre di frequente,
purtroppo, in fatti di sangue: crivellato. Non si legge, infatti, sulla stampa,
che "gli ostaggi sono stati crivellati di colpi" dai terroristi? Il
crivello, come si sa, è uno strumento con il quale si vaglia il grano.
Crivellare di colpi vale, letteralmente, "fare tanti buchi quanti se ne
possono vedere in un crivello".
***
La parola
che segnaliamo all'attenzione dei lettori è: favere. Verbo di origine dotta - non "lemmato" nei comuni
dizionari dell'uso - essendo pari pari il latino favere che vale proteggere, favorire,
appoggiare, promuovere, assecondare e simili.
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