lunedì 17 giugno 2024

La muratora? Ineccepibile


 Alcune professioni e mestieri, un tempo riservati agli uomini, oggi sono “aperti” anche alle donne. Si pone, pertanto, il problema della femminilizzazione del sostantivo indicante la professione o il mestiere. Come chiameremo, dunque, una donna addetta alla costruzione di opere in muratura? Muratrice? Muratora? “Muraiola”? I vocabolari consultati, cartacei e in rete, tacciono sull’argomento. Solo il Garzanti e lo Zingarelli affrontano il problema. Il primo lemmatizza sia “muratrice” sia “muratora”; il secondo solo “muratrice”. Chi scrive propende per “muratora”, come pastora, sartora (non 'sartoressa', come riportano alcuni vocabolari). Il suffisso “-tore” nella forma femminile può mutare in “-tora” se la “t” è preceduta da una consonante diversa o da una vocale. Scriveremo (e diremo) correttamente, quindi, che “Giovanna è stata assunta come muratora nel cantiere appena aperto”.

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Vieppiù o viepiù?

Leggiamo dal vocabolario Treccani, in rete:

viepiù (o 'vie più'; più frequente la forma vieppiù, con indebita restituzione grafica del raddoppiamento fonosintattico per analogia con altre voci come lassù e sim.) avv., letter. – Ancor più, sempre più: L’astuto lupo vie più si rinselva (Poliziano).

Sarebbe bene che i responsabili del vocabolario specificassero che la variante “vieppiù”, anche se frequente è errata. L’avverbio in questione, che significa “sempre più”, non richiede il rafforzamento fono-sintattico della consonante “p”. Si veda qui.


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La lingua “biforcuta” della stampa

CASERTA

L'inseguimento, la lite, i colpi sparati in testa: il giallo dei due fratelli giustiziati per strada

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Giustiziati? Assassinati. I “massinformisti” apprendano qui la differenza e l’uso corretto dei due verbi.




(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)




2 commenti:

Teo ha detto...

Su "viepiù/vieppiù", cfr. il DOP:
https://dop.netadcom.com/p.aspx?nID=lemma&rID=1270816&lID=1096965
viepiù [viepiù] (meglio che vieppiù [vieppiù]) avv. — voce d’uso vivo e popolare in tempi antichi, oggi estranea praticamente al parlato e sopravvivente a fatica nello scritto perlopiù in una grafia difficile a giustificarsi, diffusa fin dal ’700 anche tra gli scrittori non meno settentrionali che meridionali, e dovuta a un’indebita analogia con dappiù e soprappiù (dove il raddoppiamento dipende dalla preposizione che precede più), tenendo anche presente la tendenza delle parlate meridionali e della romana a raddoppiare l’iniziale di più dopo qualsiasi altra parola terminante in vocale — ant. o lett. vie più [vie più+]: Quattro destrier, vie più che neve bianchi (Petrarca); si propaga e allarga e cresce vie più (Carducci) — ant. via più : Che saran via più soavi (Redi).

Però altri dizionari lemmatizzano come forma principale "vieppiù", senza neppure specificare che sarebbe errrata. Ad es.:

Lo Zingarelli 2023:

viep–più
♣ vieppiù ��/vjepˈpju*/ o lett. vie più, viepiù, †via più
[comp. di vie e più ☼av. 1292]
avv.
❖lett. molto più, tanto più
❖sempre più

E il Sabatini-Coletti 2024:

vieppiù [viep-più] (o viepiù, meno freq. vie più) avv. lett.
◆ Molto più, ancor più, tanto più: dopo gli applausi, l’attore, vieppiù commosso, è sceso in platea
[ETIMO] dalla loc. vie più; in vieppiù radd. sint. di p-
[DATA] sec. XIII

E il De Mauro:
viepiù
vi|e|più
avv., var.

=> vieppiù .
vieppiù
vi|ep|più
avv.
2ª metà XIII sec; dalla loc. vie più.


CO ancor più, sempre più

Invece il Treccani in cinque volumi dice:
viepiù (o 'vie più'; più frequente la forma vieppiù, con indebita restituzione grafica del raddoppiamento fonosintattico per analogia con altre voci come lassù e sim.) avv., letter. – Ancor più, sempre più: L’astuto lupo vie più si rinselva (Poliziano). V. anche vie.

Teo ha detto...

Scrive poi Luca Serianni:
"Un altro aspetto meritevole di attenzione è costituito dalla grafia delle consonanti, scempie o doppie, nelle univerbazioni che presentino raddoppiamento sintattico (cfr. p. 10). Nei casi di uso consolidato non c’è (o non ci dovrebbe) essere margine di dubbio: si scrive solo daffare, evviva, macché e d’altro canto anziché, non *dafare, *eviva, *maché, *anzicché. Ma, limitandosi a congiunzioni e avverbi, ci sono almeno quattro casi in cui l’uso è oscillante: ciononostante (assolutamente dominante sul legittimo cionnonostante, richiesto dal raddoppiamento sintattico prodotto da ciò; ma è forse ancora più comune, e trae da ogni impiccio, la scrizione analitica ciò nonostante), senonché (segnalato come erroneo anche dal
correttore automatico; va nella serie di semmai, seppure, sennò), sopratutto (ammesso dal correttore automatico accanto a soprattutto, che è la forma preferibile) e l’ormai obsoleto vieppiù, che etimologicamente dovrebbe essere scritto con una sola p (deriva da via e più, con assimilazione parziale della a alla i precedente: quindi viepiù, senza raddoppiamento)".
(Prima lezione di grammatica, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 110).

Comunque, Bruno Migliorini, nella sua classica Storia della lingua italiana, retrodata tale grafia al Settecento:
"Nello scrivere le particelle composte (sì che/sicché, tanto più/ tantopiù) i toscani e i meridionali potevano regolarsi sulla pronunzia per sapere se raddoppiare o no, mentre i settentrionali spesso erravano. Di solito ormai s’ignora che viepiù non è altro che un via più e si scrive vieppiù (Baretti ecc.)".
(Storia della lingua italiana, Milano, Bompiani, rist. 2019, p. 663).

E il Grande Dizionario Battaglia-Barberi Squarotti lemmatizza vieppiù, aggiungendo poi le altre forme, senza specificarne la maggiore o minore correttezza. Dà solo due attestazioni della forma univerbata con raddoppiamento, nella Leggenda aurea e in Foscolo:
"Vieppiù (viapiù, via più, via più, viepiù, vie più),avv. Ant. e letter. Molto più:
[...] Leggenda aurea volgar., 60: Venendo lui a l’altare di santo Niccolaio, e offerendo la secon­da coppa, cadde la detta coppa come fosse gittata via d’in su l’altare, e, così ricogliendola e ripognendola in su l’altare, viep­più a lunga ne fu cacciata a terra. [...]
Foscolo, VI-153: L’Aeropago s’intromet­teva quanto il popolo ne’ suoi giudizi e nelle sue elezioni era corrotto o ingannato; e il popolo soffriva di buon grado che l’autorità di questo corpo, ‘giudice degli immorali’, usurpasse in qualche maniera i diritti sovrani per rinforzarli vieppiù".