Una serena Pasqua alle amiche e agli amici che seguono assiduamente questo portale.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: F.Raso@posta.it)
Noterelle sulla lingua italiana
Una serena Pasqua alle amiche e agli amici che seguono assiduamente questo portale.
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Ore rotundo
Probabilmente pochi – fra i nostri venticinque lettori – conosceranno l’espressione aulica latina ore rotundo che, alla lettera, significa “con bocca rotonda”. Si dice di persone che parlano in modo eloquente e ricercato. La locuzione, però, molto spesso viene adoperata ironicamente.
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Carlo, però, non aveva capito il significato dell’espressione “andare nel nirvana”; chiese, quindi, spiegazioni al padre e, una volta afferrato il concetto, decise di fare il saputello con il suo amico. Quest’ultimo, credendo che il nirvana fosse una località, “afferrò” tutti gli atlanti di cui disponeva per vedere in quale parte del mondo si trovasse quel luogo a lui sconosciuto. Ma inutilmente. Era esattamente quello che voleva Carlo: “farsi bello” con il compagno spiegandogli che nirvana non è una località ma un vocabolo che serve per formare una locuzione – anche se impropriamente – riferita a coloro che sono felici di cullarsi in un’illusione, senza mantenere alcun rapporto con la realtà che inevitabilmente li circonda; oppure, ed è il caso più frequente, per la formazione di un’espressione riferita a colui che si trova in uno stato di “godimento spirituale”.
Il termine – tratto dal sanscrito – significa “estinzione” e nella religione buddista indica il fine ultimo della vita ascetica nella quale si raggiunge la realtà ultima, il nulla, o la beatitudine eterna; designa, insomma, il grado di liberazione dalle passioni o – dopo la morte – dalle successive reincarnazioni. La locuzione, pertanto, è un prestito della filosofia ed è adoperata impropriamente – come accennato – nelle accezioni di “beatitudine”, “tranquillità” e simili.
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Secondo la lingua di Dante e di Manzoni il lessema (parola, vocabolo) corretto è aerazione.
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La lingua “biforcuta” della stampa
NAPOLI
Casandrino, asilo derubato tre volte in una settimana: presi anche ovetti di cioccolata
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Secondo la lingua di Dante si “ruba” una cosa e si “deruba” una persona. È chiaro che non si può dire “asilo rubato tre volte”. Che cosa fare allora? Adoperare altri verbi: saccheggiare, depredare, svaligiare e simili. Correttamente, quindi: asilo saccheggiato tre volte...
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Ai “massinformisti”: il neodottore non era fuori sede, ma fuori corso.
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1. Evento privato
Trovandomi nei giorni scorsi nella necessità di dover andare alla toilette in uno studio medico, mi è capitato di dire, prima di entrare: “C’è nessuno?”. E non sentendo nessuna risposta sono quindi entrato.
2. Dubbio amletico
Contemporaneamente mi sono anche chiesto perché mai non dicevo: “C’è qualcuno?”.
Nella trasmissione (bisettimanale) di domenica 24 marzo ore 9h35, “Pronto soccorso linguistico" del programma Unomattina in famiglia di RAI-1, consulente Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, la domanda di un ascoltatore ha riguardato proprio il problema da me sopra posto, ovvero “Qual è la forma corretta: C’è qualcuno? (più logica) o C’è nessuno?”.
3. Risposta “pragmatica”
Naturalmente Paolo D’Achille ha risposto che le due forme sono entrambe corrette. Ma cosa più importante ha saputo acutamente individuare la differenza semantica, ovvero “pragmatica”, tra le due espressioni, soddisfacendo così il mio dubbio.
Io dicevo C’è nessuno? perché desideravo che non ci fosse nessuno, sì che io potessi accedere alla toilette. Invece C’è qualcuno? avrei potuto dirlo se per es., sentendo un rumore, mi aspettavo che ci fosse qualcuno.
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Perché rammarico
pluralizza in "-chi" e non in "-ci" (secondo la regola)?
Un cortese lettore si domanda e ci domanda perché il plurale di rammarico è "rammarichi" e non "rammarici", come tutti i sostantivi sdruccioli (accento tonico sulla terzultima sillaba) in "-co" (medico/medici; canonico/canonici). Il plurale irregolare in "-chi" (rammarichi) si deve, probabilmente, per l'influenza della seconda persona singolare del presente indicativo del verbo rammaricare (tu rammarichi).
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La lingua "biforcuta" della stampa
Aggredì l'arbitro donna durante un'azione di gioco: dopo la radiazione, il rugbista Doglioli condannato a un anno e due mesi
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Il femminile di arbitro, "benedetto" dall'Accademia della Crusca, è arbitra. Correttamente, quindi: aggredì l'arbitra durante...
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Da un quotidiano in Rete
VIOLENZA
Stuprata a 16 anni sul lettino
dal dentista, via al processo per violenza sessuale
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Possibile che nell'archivio del giornale non ci fosse una foto di uno studio odontoiatrico? La foto in oggetto, presumibilmente, è quella di un pronto soccorso.
Lo studio dentistico, per la cronaca, non ha il lettino ma una poltrona reclinabile chiamata riunito.
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Escono in barca
all’alba poi più nulla, i cadaveri di due amici ritrovati sulla spiaggia a
Montalto di Castro nel viterbese: molteplici fratture, indagini in corso
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I "massinformisti" capiranno -- prima o poi -- che quando si parla di un'area geografia l'iniziale deve avere la maiuscola? Correttamente, quindi: Viterbese.
Tre libri utili per tutti coloro che, quotidianamente, "combattono" con l'italico idioma.
Non in vendita. Si scarica, gratuitamente, dalla Rete.
Infinocchiare (farsi)
Nel periodo medievale gli osti veneti, in particolare quelli veneziani, erano
soliti offrire ai loro clienti dei rametti di finocchio prima di servire loro
del vino di pessima qualità. Cosí facendo erano sicuri che gli avventori non si
sarebbero accorti del vino... “scadente”. Il forte aroma del finocchio,
infatti, ingannava il palato, e l’ospite veniva così “infinocchiato”,
ingannato, perché è risaputo che il finocchio, particolarmente quello
selvatico, ha il “potere” di camuffare il sapore delle bevande e dei cibi. Da
qui i vari usi metaforici.
DUE PAROLE sull’uso “distorto” - a nostro modo di vedere - di un verbo: portare. Alcuni lo adoperano nella forma intransitiva pronominale (portarsi) - con l’avallo di buona parte dei vocabolari - nel significato di “andare”, “trasferirsi”, “recarsi”, “spostarsi” e simili: i passeggeri “si portino” tutti vicino all’uscita; subito dopo l’incidente i soccorritori “si sono portati” sul luogo del sinistro. A nostro avviso quest’uso ci sembra se non scorretto o improprio... ridicolo. Consigliamo agli amatori della lingua di astenersi da quest’uso “distorto”.
RELATIVAMENTE - avverbio che vale "parzialmente", "in
modo relativo", non ci sembra corretto farlo seguire dalla preposizione
"a" dandogli il significato di "in quanto a",
"rispetto a", "per quello che riguarda" e simili: relativamente
alla sua richiesta la informiamo che...
ESULARE - significa "andare in esilio". Gli amanti della buona lingua non lo usino nell'accezione di "essere estraneo" e simili: quello che stai facendo esula dalle tue competenze.
POICHÉ e POI CHE - entrambe le grafie sono corrette, sebbene sarebbe... bene fare un distinguo. Adopereremo la grafia analitica (due parole) quando questa congiunzione subordinante introduce una proposizione temporale acquisendo l'accezione di "dopo che": poi che si vide scoperto il ladro non oppose resistenza alle forze dell'ordine. In grafia univerbata (una sola parola) allorché introduce una proposizione causale: poiché si era comportato male, il ragazzo fu aspramente rimproverato dall'insegnante.
METTERE IN GUARDIA – l’espressione significa avvisare qualcuno di guardarsi da persone o da cose dalle quali potrebbe averne un danno e si costruisce, per tanto, con la preposizione da, non su: Paolo ha messo in guardia Giovanni dai risultati che otterrebbe se intraprendesse quella strada. I giornali non rispettano questa "regola" e scrivono su. Se amate la lingua...
PARTITA – è improprio l’uso di questo sostantivo nell’accezione di gita, svago, festa e simili. Il cacciatore non va a una partita di caccia, bensì a una gita di caccia. Il termine è adoperato correttamente solo nel significato di gioco (a carte, a pallone, a bocce, ecc.) dove i giocatori sono distribuiti tanti per parte (partita, appunto).
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La lingua "biforcuta" della stampa
Kate Middleton operata "al viso dopo un’attacco d’ira di William": l'indiscrezione
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Non si dica che è un refuso: per ottenere l'apostrofo (un') occorre premere un tasto apposito. Quindi...
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Gli attivisti di Arcigay Latina: “Siamo disponibili anche ad accompagnarlo in un altra struttura garantendo l’anonimato. Chiederemo un’ispezione alla Regione per capire se si sono violate le procedure sulla privacy”
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Sarebbe "cosa utile e buona" se alcuni operatori dell'informazione ripassassero le norme sull'uso dell'apostrofo. Correttamente: un'altra.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Se a portare la Roma in Champions sarà la rassicurante meraviglia di sentire quel “ho sbagliato” di Daniele De Rossi
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In questo caso la norma grammaticale prescrive quello: quell' "ho sbagliato".
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Prima di addentrarci nei vari “meccanismi” delle negazioni ci piace riportare quanto dice sulla voce, o meglio sul pronome ‘nessuno’ il linguista Leo Pestelli: «Alla voce ‘nessuno’ è attaccato un noto sofisma. ‘Nessun gatto’ ha due code. Ma ogni gatto ha una coda di piú che ‘nessun gatto’. Quindi ogni gatto ha tre code. Il sofisma è fondato sul fatto che la prima premessa (‘nessun gatto’ ha due code) sembra affermativa, asserendo assolutamente, ossia senza eccezioni, mentre è negativa: nessun gatto, equivalendo a (ciasc.) un gatto non... In altri termini ‘nessuno’, che ci viene dal latino ‘ne ipse unus’ (non già da ‘nescio unus’), è il pronome ‘ciascuno’, ‘ognuno’, il quale ha attratto e incorporato la negazione che propriamente si riferisce all’azione o allo stato espressi dal verbo».
Tornando al “non” e ai suoi vari “meccanismi”, c’è da dire che molti grammatici sono dubbiosi se si debba adoperare, e quando, l’avverbio di negazione “non” in compagnia di “nessuno”, “nulla”, “niente” e altre voci negative. Costoro sostengono anche che in lingua italiana non è tassativa la norma per la quale due negazioni affermano. In proposito noi, molto sommessamente, manifestiamo le nostre riserve e portiamo a suffragio un modo di esprimersi tanto caro ai politici, “non possiamo non riconoscere”, dove è evidente che i due “non” si annullano rendendo la frase affermativa: non possiamo non riconoscere equivale, infatti, a “riconosciamo”. Per non creare, per tanto, dei veri e propri garbugli è bene seguire - a nostro modo di vedere - alcune semplici regolette. Quando i pronomi negativi “nessuno”, “nulla” e “niente” sono posposti al verbo (si trovano dopo) si rafforzino col “non”: non so nulla; non ho visto nessuno; non ha detto niente. Allorché, invece, sono preposti al verbo (cioè prima) stanno da sé senza altra negazione: nessuno è arrivato; nulla mi piace.
Per quanto attiene al pronome “niente” occorre fare qualche altra osservazione: ha un valore neutro e sta per “nessuna cosa”; acquista una valenza positiva nelle interrogazioni e nelle proposizioni condizionali con il significato di “qualche cosa”. I soliti esempi faranno chiarezza: ti occorre niente? (cioè “qualche cosa”); se niente (“qualche cosa”) ti serve, io sono qui per aiutarti.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Dal partito dell’ex ministro Castelli alle espulsioni in Veneto, si allarga il dissenso alla linea di Salvini
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Si dissente da qualcuno su/in qualcosa. Correttamente, dunque: si allarga il dissenso sulla linea di Salvini.
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A Centocelle, in provincia di Roma, una minorenne è caduta dal balcone: il quartiere è sotto shock
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Siamo veramente... scioccati (sic!). I "massinformisti" dovrebbero documentarsi prima di scrivere sciocchezze. Centocelle provincia di Roma? Gesummaria! Centocelle è un quartiere dell'urbe (e lo scrivono anche). Se avessero riletto il titolo, FORSE, si sarebbero accorti della smarronata.
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Un'ottima proposta del ministro dell'Istruzione: reintrodurre lo studio del latino nella scuola media.
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"Il collegio giudicante ha comminato otto anni di
reclusione a Pinco Panco per spaccio di droga". Frasi simili si leggono
quotidianamente sulla stampa e si sentono nei radiotelegiornali; ma sono frasi
tremendamente errate perché danno al verbo comminare un significato che non ha:
infliggere. Secondo la norma linguistica si deve scrivere (e dire): il collegio
giudicante ha inflitto otto anni di
reclusione. Comminare non è sinonimo di infliggere, anche se alcuni vocabolari
lo attestano tale. Il suddetto verbo proviene dal latino "cum+minari", 'minacciare', quindi prevedere, prescrivere, stabilire, sancire e simili. Una legge, un
regolamento, una norma prevedono (comminano, prescrivono) una pena da infliggere ai trasgressori e i
giudici (o chi per loro) la applicano, quindi la infliggono ecc. Si veda qui e qui, anche se
l'autore non gode di grande "stima linguistica".
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L'appello del prof. Claudio Marazzini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca: salviamo la scrittura manuale.
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Da un motore di ricerca che usa l'Ia (intelligenza artificiale)
Sì, innoquo è una parola valida in italiano. Significa “innocuo” o “senza pericolo”. Pertanto, puoi usarla correttamente nelle tue comunicazioni.
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Possiamo stare tranquilli, quindi. L'Ia risponde a tutte le nostre domande dandoci risposte certe: "innoquo" è grafia corretta. Incredibile!
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La lingua "biforcuta" della stampa
Muore a 17 anni a bordo di una nave umanitaria per le ustioni: era stata chiesta per ore un'evacuazione urgente
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Se non fosse per l'immane tragedia ci sarebbe da ridere: c'è una nave "per le ustioni"? Quanto a evacuazione...
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I nostri auguri alle gentili lettrici per la ricorrenza dell'Otto Marzo
1. Un dubbio amicale
Un caro amico,
storico della lingua, osservava, a proposto del mio precedente intervento di
sabato 2 marzo su “ViolentAmente o violentEmente?”, che “In ogni caso, è
presto per indicare l’eventuale inclusione di violentamente nel lessico italiano” i.e. nella lessicografia
italiana, “(né tu lo dici)”, e citava anche come problematico per la formazione
degli avverbi in –mente il caso di irruente:
“Anche a me capita
di avere esitazioni per aggettivi in ento/ente,
specie al femminile. Conosco bene l’etimo latino, ma noto scivolamenti nell’uso
(irruente /-ta?) e mi chiedo che
forma usare per dare meno nell’occhio”.
2.
IrruentEmente sì, ma *irruentAmente no
Nel mio saggio del
2004, lì citato, avevo analizzato anche tale lessema, “dal lat. irruentem”,
datato 1810 nel De Mauro, ma retrodatabile al 1499 con
due esempi di F.
Colonna Hyperotomachia Philiphili: (i) “et irruente agitazione” e (ii) “nel frigìdissimo averno et profundo
irruente”.
La variante irruento retroformata su irruenti
pl. di irruente è invece datata 1936
con E. Cecchi nel Battaglia, e un es. appare anche in Tomasi di Lampedusa 1958.
Da irruente
deriva il normale irruentEmente,
datato 1926 nel De Mauro, ma antecedentemente 1899-1909 con M. Serao nel
Battaglia.
Da irruento non sembra invece essersi formato il possibile *irruentAmente, assente in “Google Libri Ricerca Avanzata” nel 2004 e ancor oggi nel 2024, dopo vent’anni.
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1. “Gli arriva un pugno”
Nel
corso dell’intervista con i giornalisti nel volo Colombo-Manila del 15 gennaio
2015, Papa Francesco -- alla domanda “nel rispetto delle diverse religioni fino
a che punto si può arrivare nella libertà delle diverse religioni, che anche
quella è un diritto umano fondamentale?” -- ha tra l’altro così risposto:
“[…] Uccidere in nome di Dio è un’aberrazione, Credo che questo sia la cosa principale sulla libertà di religione: si deve fare con libertà, senza offendere, ma senza imporre e uccidere. La libertà di espressione . […] Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentEmente, ma se il dott. Gasbarri, grande amico, mi dice una parolaccia contro la mia mamma, ma gli arriva un pugno. È normale! È normale. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. […] Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo ‘giocattolizza’ la religione degli altri, questi provocano, e può accadere quello che accade se il dott. Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma- C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite” (Interviste e conversazioni con i giornalisti, a cura di Giuseppe Costa, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2015, pp. 272, 273-74; e in Jorge Mario Bergoglio Risponde papa Francesco, intr. di G. M. Vian, Venezia, Marsilio 2015, pp. 228, 229-30).
2. Evento
in Internet
Quasi
per caso mi è capitato di sentire in Internet parte di questa intervista che
risulta normalizzata nelle edizioni a stampa, ovvero papa Francesco dice in
realtà “violentAmente”(e “gli aspetta” anziché “gli arriva”).
L’avverbio violentAmente riprende perfettamente lo spagnolo violentamente (cfr. il Grande Diz. di spagn. di Arqués-Padoan 2012) e risulta formato dalla regola di derivazione, molto produttiva, “agg. a due uscite al femm. + suffisso -mente”. Etimologicamente un composto “agg. al femm. + s.f. mente” letter. con ‘mente violenta’, il costrutto è poi diventato suffissato in seguito a grammaticalizzazione di -mente ‘modo, maniera’.
La stessa regola spiega la formazione degli avverbi in -mente, in italiano, es. “saggio agg. + suff. -mente” da cui saggiamente.
3. Regole identiche ma risultati diversi
Come spiegare allora che allo sp. violentAmente corrisponde l’odierno it. violentEmente?.
Come ci è capitato di studiare anni fa (Morfologi, vi esorto alla storia!’ Pseudo-eccezioni nelle regole di formazione degli avverbi in -mente, in “Studi di Grammatica Italiana”, vol. XXIII, 2004 [ma: luglio 2006], pp. 87-190), l’it. violento attestato nel sec. XIII, 1300-1313, dal lat. violentum, è diventato violente, documentato av. 1313, av. 1337, in seguito alla pressione paradigmatica degli agg. in -ente, da qui violentemente (come prudentemente) attestato nel 1303.
3.1. Diversità di registro
Va ancora detto che il regolare violentAmente è attestato nell’it. del ’300, in Boccaccio 1343-44, av. 1388, e poi in G. Faldella 1888, oltre che in Internet.
Concludendo, l’ispanismo violentamente si oppone così all’it. letterario e arcaico violentamente.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Israele - Hamas, le news di oggi. Biden spera in "in un cessate il fuoco a Gaza entro il Ramadan"
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Superfluo commentare...
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Cronaca
Incidente aereo
Precipita un ultraleggero nel viterbese, morti pilota e passeggero
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Secondo le norme che regolano il nostro idioma: Viterbese (V maiuscola), trattandosi di un'area geografica.
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