Riproponiamo un vecchio intervento in seguito a una elettroposta giuntaci da un caro amico. Questi si lamentava dell'insegnante di lettere del figliolo perché aveva sottolineato, con la matita blu, un "derogare da" riportato in un componimento in classe. Il docente ha perfettamente ragione: la sola forma corretta è "derogare a".
Sarebbe "cosa buona e santa" che i linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota stabilissero - una volta per tutte, al fine di non "confondere" i lettori non avvezzi alla buona lingua italiana - quale sia/è la preposizione da adoperare con il verbo "derogare". Si deroga "a" o si deroga "da"? Diciamo subito, a scanso di... equivoci, che la sola preposizione corretta è "a". I due linguisti, dunque, danno versioni diverse in due libri diversi. In "Viva la grammatica!" ritengono la preposizione "a" la sola abilitata a seguire il verbo derogare. In "Ciliegie o ciliege?" (si clicchi qui e si vada alla lettera "D"), invece, ammettono entrambe le preposizioni ("a" e "da"). Il lettore sprovveduto, a questo punto, si trova "spiazzato". Per la cronaca: tutti i vocabolari dell'uso, che abbiamo consultato, smentiscono i due linguisti: derogare si costruisce solo con la preposizione "a".
Si deve dire “derogare a una legge”, “derogare a una
norma”: bisogna cioè usare il complemento di termine (a una legge)
che corrisponde al caso dativo che usavano i Latini. Il verbo infatti è un
perfetto latinismo e significa “porre un’eccezione a una
legge”.
Derogare è usatissimo
nelle aule dei tribunali, nel linguaggio politico e in quello amministrativo e
qui deve essere nato l’errore “derogare da”, probabilmente per analogia
con altri verbi, come desistere, detrarre, decadere,
che tutti reggono da e, guarda caso, cominciano con il
prefisso de- come derogare. Ma derogare regge a.
Non deroghiamo.
(Da
***
La parola proposta da questo portale: approvecciare. Verbo denominale intransitivo:
trarre profitto, avvantaggiarsi e simili. È tratto da proveccio.
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