Oggi va tanto di moda la così detta trasparenza: non c’è politico che – ospite di qualche trasmissione televisiva – non faccia appello, appunto, alla… trasparenza. Tutto deve essere chiaro e ben visibile e fatto alla luce del sole. Noi non vogliamo sottrarci a questa moda e parleremo, pertanto, di trasparenza, però… linguistica. Argomento, questo, che non tutti i testi di lingua riportano, in barba alla… trasparenza. Non ci stancheremo mai di denunciare il fatto che molti incunaboli [denominazione – ormai desueta – riservata esclusivamente ai libri stampati anteriormente al Cinquecento, quando l’arte della stampa era al suo esordio, dal latino incunabula, neutro plurale, fasce (di bambini), in senso figurato prime prove, inizi] dalla veste tipografica molto pretenziosa non trattano argomenti specifici, riservandoli solo agli studiosi. E questo è un male: la lingua interessa a tutti, anzi, deve interessare a tutti. Cerchiamo, pertanto, di sopperire con le nostre modeste noterelle a questa gravissima mancanza. Cos’è, dunque, la trasparenza linguistica? È l’analizzabilità da parte del parlante (o dello scrivente) di una qualsiasi parola derivata o composta e quindi la possibilità, anche di fronte a termini nuovi, di scovarne le componenti. Così, per esempio, data la base pediatria, tutti saranno in grado di interpretare il derivato pediatra, vale a dire il medico specializzato in pediatria e ciò anche grazie al valore professionale del suffisso -iatra. Questa trasparenza però, c’è sempre un però, non sempre è… trasparente nella composizione di una parola e spesso ciò è dovuto a motivazioni “socio-culturali”. E ci spieghiamo. Tutti sono in grado di capire e quindi di analizzare la composizione di apriscatole, per esempio; ma soltanto colui che ha qualche piccola nozione di lingua greca (antica) è in grado di isolare, cioè di analizzare e rendere, quindi, trasparenti le componenti di odonto e iatra risalendo al significato di medico specialista delle malattie dei denti o di filo e antropo, cioè amico dell’uomo. E qui riteniamo doveroso ricordare che i prefissi e i prefissoidi "aborrono il trattino" perché si scrivono uniti alla parola che segue. Questa scarsa trasparenza è particolarmente evidente nei sostantivi in -tore o in -trice in quanto il rapporto con il verbo corrispondente non sempre è facilmente identificabile. A questo proposito possiamo distinguere quattro gruppi sulla base della motivazione del processo formativo delle parole e della trasparenza: a. motivazione e trasparenza sono compresenti: udire, uditore e uditrice; b. motivazione forte ma trasparenza debole: dirigere, direttore
e direttrice (la motivazione, cioè la formazione non è uguale alla radice
del verbo); c. trasparenza e motivazione sono presenti solo in astratto in
quanto risalgono a una fase antica come in spettatore che viene dalla
radice spett- di spettare che in latino valeva guardare, osservare; d. assenza assoluta di trasparenza e motivazione, cioè
formazione, come, per esempio, in attore dove solo vagamente si può
notare un rapporto di contiguità con il verbo agire. Come si vede, insomma, anche la lingua, come la politica,
non brilla sempre per trasparenza.
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mercoledì 25 gennaio 2023
La lingua e la sua "trasparenza"
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2 commenti:
A costo di attirarmi gli strali degli italiani "anglofoni", mi permetto di suggerire che, alla base della trasparenza, c'è secondo me l'uso di termini italiani al posto di quelli inglesi (ovviamente solo quando ne esistano di pari significato).
Signor Falcone, la penso come Lei.
Renato P.
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