di Salvatore Claudio Sgroi
1. L'evento
editoriale
Decisamente un unicum il volume di Lorenzo Renzi, Lettere della Grande Guerra, sottotitolo Messaggi, diari e memorie dall'Italia e dal mondo, con la collaborazione di Enrico Benella, Dan Octavian Cepraga, Silvia Rossi (Il Saggiatore
nov. 2021, pp. 424), dedicato "alla memoria di Tullio De Mauro che ha
insegnato a molti di noi la dimensione sociale del linguaggio", con
apparato iconografico (in collab. con E. Benella) di foto di soldati al fronte italiani, tedeschi, romeni,
francesi, austroungarici, canadesi, indiani, britannici, colti nel momento in
cui leggono o scrivono lettere dei/per i loro cari. Di cui quella più
struggente è la foto di un baffuto francese (poilu) che legge nascosto nel cavo di un albero.
2. Lettere della Grande Guerra di soldati
del mondo a confronto
L'originalità del volume, che ha
richiesto all'A. circa cinque anni (p. 32), è costituita dall'analisi
comparativa delle lettere di soldati italiani (parte I, pp. 79-156) con lettere
di soldati francesi (parte II, pp. 159-82), tedeschi (pp. 183-222), inglesi
(pp. 223-50), austriaci e russi (pp. 251-72), romeni (pp. 273-88), romeni di
Transilvania e del Regno (pp. 289-308), dei sepoy indiani (pp. 309-36), fondata
sulla analisi critica di una ricchissima bibliografia internazionale. Dinanzi
alla complessità della comparazione storica, filologica e linguistica, legata
anche alla varietà di lingue in esame, Renzi non esita a confessare i suoi
limiti: "possiamo anche tentare di dire qualcosa sulla lingua di alcune lettere, anche se non possediamo in
realtà le competenze da germanista che sarebbero necessarie " (p. 200), o
quando dichiara di ignorare la scrittura gotica del tedesco.
2.1. Lettere dei
soldati italiani
L'analisi delle lettere dei soldati
italiani -- cinque miliardi le lettere scambiate nella I Guerra mondiale (p. 9)
-- prende le mosse dagli studi del filologo e linguista austriaco Leo Spitzer (Lingua italiana del dialogo ([1914] 1922
tr. it. 2007) e dedicati specificatamente al tema (Perifrasi del concetto di fame (1918 tr. it. 2019), Lettere di prigionieri di guerra italiani
1915-1918 (1921 tr. it. 19761, 20162)), Piccolo Puxi
(1927 tr. it. 2015), ecc., peraltro promossi fin dal 1976 dallo stesso Renzi
per il medesimo editore. L'analisi è condotta sia sul piano ideologico dei
protagonisti che su quello filologico e linguistico. Trattandosi di lettere di
soldati, scarsamente alfabetizzati, a cui il trentenne Spitzer aveva avuto modo
di accedere nel suo ruolo di censore della corrispondenza dei prigionieri,
domina l'"italiano popolare", con sfondo variamente dialettale, a
livello orto-fonografico, morfologico, morfosintattico, lessicale, testuale.
Renzi esamina peraltro le raccolte pre-
e post-spitzeriane, ampliando l'analisi ai diari e alle memorie di soldati, con
lettere anche fotocopiate, e in trascrizione sia "diplomatica" che
"interpretativa" (integrata cioè soprattutto della punteggiatura) per
facilitare la comprensione al lettore comune.
Delle 38 lettere in italiano esaminate
da Renzi (pp. 38-, 67-155), riprendiamo parzialmente in trascrizione diplomatica "contrastiva" con integrazioni canoniche una
lettera salentina del 1916 (p. 72), marcata a livello sintattico (possessivi
prenominali), punteggiatura carente, minuscole pro maiuscole, lessicale
(dialettalismi), morfologico, fono-ortografico, stile telegrafico:
Mia
moglie [= Moglie mia]<,>
ti
dico che sto bene<,> sono vivo
e
vedo morire e morire e ogne [=ogni]
giorno.
[S]pero <che> voi <stiate> bene tutti.
[S]ono
contiento [= contento] ca [=che] [S]ibistiano [= Sebastiano] cresce
spierto
[= bene, accorto] e voglio ca [= che] Dio mi possa <far>
vedere
[C]arminuccia ca e [= che è] nata
e
la penso e no la [= no lla, per assimilazione di "non la"] conosco.
[...]
Renzi ha cura di sottolineare le
differenze tra le lettere dei soldati e quelle degli ufficiali, normativamente
più canoniche. Si sofferma in particolare sulle vicende di Caporetto (pp.
109-36) con le polemiche infuocate sulla responsabilità della sconfitta, giudicata
anche da un militare tedesco (pp. 131-36) e da E. Hemingway (Addio alle armi 1929 tr. t. 1947), e sul
tema dei disertori, oppositori, pacifisti, sui casi di fraternizzazione (pp.
137-56).
2.2. Lettere dei
soldati francesi
Le lettere dei soldati francesi -- 10
miliardi quelle scambiate nella I Guerra mondiale (p. 9) -- sono in
"français populaire", cfr. per es. je suis été [= j'ai été] vacciné (p. 168). Ma il tallone
d'Achille resta l'ortografia e l'omofonia, ess. tu verra<s> que sa [= ça] ira
bien (p. 168), ils sont [= ont] toujour<s> été bien reçut [=
reçus] avec grand<e> perte (p.
165), Cet [= c'est] avec grand plaisir que je vien<s> de
recevoir ta bonne lettre qui ma [= m'a]
fait plaisir de te savoir en bonne santé (p. 168).
E questo anche se i soldati sono in
genere più colti di quelli italiani in virtù della legge Ferry 1882 che aveva
reso obbligatoria l'istruzione fino a 13 anni (p. 159). L'analfabetismo tra le
reclute francesi nel periodo 1900-1915 era infatti circa il 5%, laddove in
Italia oscillava tra il 40-20% (p. 342).
Le raccolte epistolari francesi
precedono quelle italiane. Spitzer ricorda le Lettres de soldat di Charles Bonnier 1891 (p. 160) studiate da
Prein 1921, seguite dalla imponente raccolta di J. Norton Cru 1929. Renzi ne
commenta 7 (pp. 163-82), tra cui le lettere dei tre fratelli Demolière (pp.
163-70) disponibili in rete dal 2015.
2.3. Lettere dei
soldati tedeschi
Il corpus delle lettere dei soldati
tedeschi, alfabetizzati al 99% (p. 199), è tra i più imponenti, calcolato in
28,7 miliardi di pezzi (pp. 9, 183, 199). Particolarmente significative le
raccolte di B. Ulrich 1971, nonché Le
lettere di studenti caduti di P. Witkop del 1915 (pp. 185-98), scelte da un
corpus di 20.000 testi (p. 192), di "giovani di origine cittadina e
borghese" (p. 199), che sono tuttavia lungi dal rappresentare --
sottolinea Renzi -- il sentimento predominante del soldato tedesco in guerra, e
sono prive di tracce dialettali, presenti invece in quelle italiane.
Delle 16 lettere in tedesco e in
traduzione analizzate da Renzi (pp. 192-22), non prive di errori e di tratti
popolari (p. 201), non può non colpire quella in cui si denuncia il
comportamento verso un compagno ferito, morto per l'incuria del medico militare
(pp. 220-22), che ha agito con "irresponsabile trascuratezza". L'autore
della lettera chiede quindi al padre: "Metti bene da parte questa
lettera" (p. 221) perché "Potremo servircene dopo la guerra, appena
si potrà dire di nuovo la propria opinione liberamente e pubblicamente" (ibid.).
2.4. Lettere dei
soldati inglesi
Il cap. è stato scritto con S. Rossi. Le prime lettere di guerra dei soldati
inglesi risalgono alla guerra in Crimea (1853-1856) e sono state edite da O.
Figes 2010 (p. 229). Si calcola ben oltre 2miliardi le lettere scambiate tra i
soldati (p. 227-28) nel corso della I guerra mondiale. Rilevanti le raccolte di
P. Fuessell del 1975 di ufficiali colti (p. 225), alta borghesia del paese (p.
226), e di E.J. Ledd del 1979. Renzi e Rossi ne commentano 5 (pp. 229-49), rilevando i
non pochi tratti popolari, ess. (p. 230) whear 'where', we comance 'commence', abought
'about', we hall 'all'.
2.5. Lettere dei
soldati austriaci e russi
Renzi analizza 7 testi di un "diario
di guerra" (p. 252), "dal contenuto spesso drammatico, ma
dall'andamento romanzesco" di G. Silberer del 1917, insomma un
"romanzo autobiografico" (p. 251), con lettere 'inventate'
dall'autore.
E poi delle Lettere dalla prigionia di Sil-Vara del 1917 (pp. 260-72) di
austriaci e di russi tradotte in tedesco, in un tedesco normalizzato e
"corretto" (p. 261) con commento di 6 testi
2.6. Lettere dei
soldati romeni
Il corpus delle lettere dei soldati
romeni documentano una straordinaria novità. Accanto alle lettere in prosa, normativamente
corrette, Renzi ne esamina 6 (pp. 274-83), sono presenti infatti lettere in
versi (p. 273) nello stile della tradizione orale (8 testi alle pp. 283-88 e
294-308). Del cap. sulle "Lettere in versi di soldati romeni di Transilvania e del Regno" (pp. 289-308) autore è Dan Octavian Cepraga.
Rilevante la lettera del 1916 di un
padre che ricorda al figlio "il dovere di lottare quanto più puoi"
(p. 277), fino al sacrificio ultimo: "Non curarti della vita, che non
appartiene che al re e al tuo paese" (ibid.),
"perché morire per la patria significa morire da eroe" (ibid.), "il mio cuore di padre ti
benedirà (ibid.)".
2.7. Lettere dei
sepoy indiani
Dei sepoy
ovvero "in India, in epoca coloniale, indigeno arruolato nell'esercito
inglese", è riportata la lettera (p. 328) di un soldato sikh, tradotta
dall'urdu in inglese, ideologicamente del tutto opposta a quella su ricordata
del padre rumeno:
"Mamma,
che tu sia maledetta,
perché
non mi hai fatto ragazza
per
filare con te al focolare".
Da parte sua un altro soldato scrive in
urdu (p. 323) al fratello anche lui soldato:
"Ho
sentito che sei venuto in guerra. Sono molto arrabbiato con te.
Era
già troppo che ci sono io, e è peccato che ci devi venire anche tu. [...]
Datti da fare in modo da
risparmiare la tua vita, e non fare sciocchezze.
Fai esattamente come ho fatto io.
Ho salvato la pelle e sono anche diventato
un eroe. [...] Fai tutto quello
che puoi e non comportarti da idiota. [...]
Renzi chiude il cap. riportando brani
delle Memorie del bengalese Sisir
Sarbadhikari (pp. 331-33) del 1915-18 edite 40 anni dopo dall'autore nel 1957.
Sommario
1. L'evento editoriale
2. Lettere
della Grande Guerra di soldati del mondo a confronto
2.1. Lettere dei soldati italiani
2.2. Lettere dei soldati francesi
2.3. Lettere dei soldati tedeschi
2.4. Lettere dei soldati inglesi
2.5. Lettere dei soldati austriaci e
russi
2.6. Lettere dei soldati romeni
2.7. Lettere dei sepoy indiani