Poche persone, probabilmente,
sanno che il verbo “abbellire” ha un ‘fratello’, “abbellare” (che si coniuga
secondo la
I coniugazione),
di uso prettamente letterario. È la forma metaplastica del primo. In
linguistica si chiama “metaplasmo” (‘modellare in modo diverso’) ogni
cambiamento di grafia e di pronuncia di una parola. Nel caso specifico - ma non
tutti i linguisti sono concordi - c’è stato un cambiamento di coniugazione:
dalla III (-ire) alla I (-are).
Si presti
attenzione ai termini "sanguinario" e "sanguinoso": il
primo può essere tanto sostantivo quanto aggettivo (quel sanguinario è stato arrestato dalla polizia; un pazzo sanguinario); il secondo è
solo aggettivo (una ferita sanguinosa). Vediamo la
“composizione” e il significato
“intrinseco” delle due parole. Sanguinario, dunque, significa “che è portato a
uccidere” e ce lo dice il suffisso “-ario” atto a indicare un mestiere, una professione,
un’attività (impresa / impresario; banca / bancario; sangue... sanguinario).
Sanguinoso, invece, con il suffisso “-oso” che indica la presenza di una certa
qualità o condizione, sta per “sporco di sangue”.
Mettere
in guardia –
l’espressione significa avvisare qualcuno di guardarsi da persone o da cose dalle quali potrebbe
averne un danno e si costruisce, per tanto, con la preposizione da, non su: Paolo ha messo in guardia Giovanni dai risultati che otterrebbe se intraprendesse quella
strada. I giornali non rispettano questa "regola" e scrivono su. Se amate la
lingua…
L'aggettivo
"pronto", riferito a una persona, significa che è nell’assetto voluto per
operare, per agire: sono pronto a partire. È
improprio adoperarlo in una frase con valore negativo; non scriveremo, come è
capitato di leggere su un autorevole quotidiano: il presidente della Repubblica pronto a non firmare
il decreto. Scriveremo: disposto, orientato, intenzionato, determinato e simili, secondo
il caso.
Molto spesso adoperando la locuzione “essere cosciente” siamo assaliti da un dubbio amletico: si fa seguire dalla preposizione “di” o dalla congiunzione “che”? ‘Sono cosciente “di”...’ o ‘Sono cosciente “che”...’?
Quest’espressione - togliamoci subito il dubbio - si costruisce con la preposizione “di”, non con la congiunzione “che”: Giovanni era cosciente “di” avere sbagliato la strada; non “che” aveva sbagliato la strada. Si può ovviare al dubbio sull’impiego della preposizione o della congiunzione ricorrendo alla locuzione essere cosciente del fatto che: Giovanni era cosciente del fatto che aveva sbagliato la strada. Lo stesso discorso per quanto attiene a “essere consapevole”.
Alcune persone - tra queste anche quelle
non sprovvedute in fatto di lingua - scrivono e pronunciano il gerundio
presente del verbo “sgranchire” in modo errato: sgranchiendo.
Quella “i” è ortograficamente errata; la forma corretta è sgranchendo.
E la ragione è semplicissima. Dall’infinito sgranchire si toglie la
desinenza “-ire” e si aggiunge al tema (o radice) sgranch la
desinenza del gerundio che è “-endo”: sgranch + endo = sgranchendo.
Non è, insomma, un verbo - come erroneamente alcuni ritengono - che “contiene”
il dittongo mobile. I verbi con il dittongo mobile - in linea generale - sono
quelli che nel tema hanno le vocali “e” o “o” (non è il caso di sgranchire) che
secondo la posizione dell’accento tonico dittongano, rispettivamente, in “ie” e
in “uo”, come, per esempio, ‘sedere’ che diventa siedo o
‘accecare’ che diventa accieco.
1 commento:
Buon giorno,
per quanto riguarda la nota a "Essere cosciente" io uso la solita regola per discriminare esplicite e implicite:
"Giovanni era cosciente che Paolo aveva sbagliato strada" poiché il soggetto è diverso;
"Giovanni era cosciente d'aver sbagliato strada" poiché il soggetto è uguale;
"Giovanni era cosciente che (egli stesso) aveva sbagliato strada" se c'è un intento particolare.
Non vedo distinzioni per questo particolare verbo.
Sempre grazie mille per i suoi spunti.
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