di
Salvatore Claudio Sgroi *
1. Giudizio tradizionalista prudente
Decisamente un tormentone la
questioncella del "qual è" (senz'apostrofo,
apocopato) e/o "qual'è" (con elisione), in cui
non si poteva non tirare in ballo l'Accademia della Crusca. Che con un suo
accademico, lo storico della lingua Paolo D'Achille, ha ora espresso nel
"Tema del mese" di gennaio 2019 Qual è il problema? L’ortografia!
un giudizio normativo, prudente, quasi salomonico, in continuità con la
posizione tradizionalista assunta in un intervento del 2002 da Raffaella Setti
nel sito della Consulenza. L'amico e collega linguista D'Achille ritiene infatti di
"poter continuare a consigliare (consigliare appunto, non
imporre)", sottolinea, la "norma tradizionale" dell'apocope,
"qual è", senza
l'apostrofo. Implicitamente, D'Achille riconosce così come non errata la forma
apostrofata "qual'è".
2. Una "quisquilia" ortografica
Nella sostanza, un problemino -- il qual(')è -- più che "marginale" dell'ortografia, pur per altri aspetti importante, come conclude alla fine Paolo D'Achille. Una "distinzione [grafica] artificiale", quella tra "elisione" e "apocope", come riconosceva Bruno Migliorini, l'elemento comune essendo piuttosto la cancellazione fonologica di una vocale. Una "quisquilia" ortografica (avrebbe detto qualcuno) che rischia di far dimenticare che il problema centrale della lingua, per bambini e adulti, è piuttosto quello della verbalizzazione, della capacità cioè di tradurre i propri pensieri in parole chiare e comprensibili, situazionalmente adeguate, per i nostri interlocutori.
Nella sostanza, un problemino -- il qual(')è -- più che "marginale" dell'ortografia, pur per altri aspetti importante, come conclude alla fine Paolo D'Achille. Una "distinzione [grafica] artificiale", quella tra "elisione" e "apocope", come riconosceva Bruno Migliorini, l'elemento comune essendo piuttosto la cancellazione fonologica di una vocale. Una "quisquilia" ortografica (avrebbe detto qualcuno) che rischia di far dimenticare che il problema centrale della lingua, per bambini e adulti, è piuttosto quello della verbalizzazione, della capacità cioè di tradurre i propri pensieri in parole chiare e comprensibili, situazionalmente adeguate, per i nostri interlocutori.
Ma la discussione può essere rilevante
se si "attenzionano" i criteri utilizzati di volta in volta per
decidere se un uso linguistico rientra o no nella norma, ovvero se rientra
nella "norma colta" o nella "norma popolare".
3.
Il criterio del giudizio tradizionalista e gli usi degli italofoni e degli
italografi colti
Il criterio alla base della norma
"consigliata" da P. D'Achille è quello puramente quantitativo: la grafia "qual è" "sembra" all'A.
"ancora maggioritaria".
Ma D'Achille sorvola o sottovaluta due
aspetti del problema degli italofoni e degli italografi colti.
La forma apocopata ("quale + è" > qual è; "quale + era" > qual
era) riflette innanzitutto l'uso dell'italiano antico, rimasta in forme
cristallizzate come qual buon vento, in un certo qual modo, e univerbate come
qualsivoglia, qualsiasi, mentre l'italiano contemporaneo nel caso di "quale" non apocopa più. Comunemente
si dice per es. "con quale ragazzo"
e non già "*con qual ragazzo",
e si può elidere quale solo dinanzi
ad è/era (qual'è, qual'era).
Poi, la forma apostrofata (qual'è) ha dalla sua non solo "la
stampa" (già ricordata nel 2002 dalla Setti), ma non pochi italografi
colti. Che costituiscono un criterio essenziale
per legittimare come corretto un qualunque uso, non accennato dall'A. Nel 2010, e poi nel 2013 e nel 2016 ("qual'è" (sic!) laicamente con apostrofo) ricordavo il qual'è in R. Saviano, L. Pirandello, T.
Landolfi, negli scrittori del premio Strega (G. Berto 1947, A. Palazzeschi
1948, C. Malaparte 1950, A. Moravia 1952, I. Calvino 1952, E. Morante 1957, M.
Tobino 1962, G. Arpino 1964, G. Parise 1965). A cui è da aggiungere il duplice qual'è di L. Sciascia in Il contesto (1971, ried. 2012), indebitamente
corretto in "qual è" dagli
editori (Einaudi 1971 e Bompiani 1989), come evidenziato da P. Squillacioti
(2012). E poi c'è la esemplificazione in L. Satta 1989, Matita rossa e blu.
Lo stato della lingua italiana nell’esame spietato ma scherzoso compiuto su 110
scrittori contemporanei. Senza voler ricordare gli ess. ottocenteschi
[1859-1892] in Una di lingua, una di
scuola. Imparare l’italiano dopo l’unità, a cura di G. Polimeni (2012), o
il "qual'era" del Mastro-don Gesualdo, non sono certamente
senza significato gli usi degli stessi grammatici e linguisti del '900. La grammatica degl'Italiani di Trabalza-Allodoli (1934 e 1952) riporta
come es.: "l'interpunzione, qual'è stata stabilita" (e non si tratta
di un refuso, presente com'è in tutte le edizioni). E anche in G. Devoto
(1955): "Qual'è la differenza tra dialetto e lingua?". Un
es. appare in G. Nencioni: "Ma
cos’è, in concreto la storia d’una lingua? Qual’è il suo oggetto, quali
i suoi limiti?" (Lezioni
di Glottologia 1945). Lo stesso testo nella rist. del 1951 viene ritoccato
con la forma piena: "Quale il suo oggetto".
Ancora Nencioni in La Crusca risponde osservava: "continua anche presso persone colte e scrittori professionali, l'apostrofazione di qual' in qual'uomo, qual'eroe, qual'idea, nonostante l'esistenza di qual fortuna e la dissuasione dei grammatici odierni".
Ancora due ess. affiorano nella trad.
it. 1988 di L. Hjelmslev Principi di grammatica generale (con note
autografe): (i) "Qual'è dunque la differenza tra un aggettivo e
un verbo?"; (ii) "non sappiamo ancora qual'è la vera natura
del morfema".
4.
Conflitto tra l'inconscio (elisione) "qual'è"
e il superego (apocope) "qual
è"
Nel Tema
del Mese interviene Luca Passani,
collaboratore del giornale on line La Voce di New York, per ribadire la
sua posizione sulla necessità della ristandardizzazione della grafia con
apostrofo qual'è, di cui si dovrebbe far carico la Crusca. E poi il lettore Tommaso Petrolito, che col suo outing
grammaticale, del 15 gennaio, costituisce, a mio giudizio, una sofferta testimonianza del dissidio tra la grammatica dell'inconscio del parlante ora
affiorata nella sua coscienza, nel suo "io", e la grammatica del
superego della scuola. Il dissidio tra le due grammatiche è risolto dallo
scrivente (con soddisfazione per Paolo D'Achille, ritengo) a favore del superego grammaticale, ma con dubbio:
"non sono più sicuro -- dichiara --
che in 'qual è' la mia coscienza
linguistica stia applicando un troncamento".
Ovvero: "Inizio ad avere la
sensazione che mentalmente la mia coscienza linguistica abbia sempre di fatto
compiuto elisione di 'quale' e che io
mi stia solo forzando a fare uso della forma tronca 'qual'".
"Essendo stato abituato sin da
piccolo ad applicare la regola senza troppe domande -- continua il lettore -- è
possibile che mi risulti ovvio e scontato (oltre che graficamente gradevole al
contrario di 'qual'è') il troncamento
in 'qual è' più per abitudine alla
corretta scrittura che per convinta applicazione del troncamento".
Alla fine prevale il superego:
"Nel dubbio continuo a scrivere lo
standard 'qual è'. Ma il dubbio resta...".
5.
I Grammatici prescrittivisti in contrasto (1918, 1951, 1964)
L’atteggiamento
prescrittivista al riguardo è almeno già primo-novecentesco. Per P.G. Goidànich (1918) Grammatica italiana ad
uso delle scuole, qual'è è un "errore grave".
Una
posizione ‘morbida’, che richiama quella di Paolo D'Achille, è quella di Battaglia-Pernicone
1951: “si dirà […] qual era, qual amico, qual audacia, a
preferenza di […] qual’era,
qual’amico, qual’audacia”.
L'uso è invece “codificato” e difeso a
spada tratta da un pur purista qual'è Franco
Fochi fin dal 1964. Nel suo L’italiano facile. Guida allo scrivere e al
parlare l'A. ritiene “giusta, aggiornata, legittima soltanto la grafia qual’è (eccetera)” (p. 97).
6.
Conclusione
La diffusione della forma con apostrofo, su ampiamente documentata in testi colti, impedisce di ritenere "errata" tale grafia.
Google 18 gennaio 2019 dà le seguenti cifre quanto alla diffusione delle due
forme:
<qual'è>
52.100.000 "risultati";
<qual
è> 10.600.000 "risultati".
Un rapporto quindi di quasi 5 a 1.
La forma con
elisione "qual'era" è
invece leggermente inferiore a quella con troncamento:
<qual'era>
4.720.000 "risultati";
<qual
era> 5.009.000 "risultati".
Gli italografi, se lo vorranno, potranno
decidere di eliminare tale oscillazione o deriva ("drift") a favore
di una sola grafia, realizzando così un cambiamento (orto)grafico (giusto le indicazioni di L. Renzi 2012, Come
cambia la lingua), e stando a Google avvantaggiata sarebbe (5: 1) la forma
apostrofata.
9 commenti:
Buon giorno,
posso sapere dal porfessor Sgroi come sia risucito a cercare le occorrenze in Google per "qual'è"? Io ottengo per entrambi la stessa numerosità, circa 54 milioni.
Infatti cercando "dell orto" la quasi totalità dei risultati è per "dell'orto".
Buon giorno,
posso sapere dal porfessor Sgroi come sia risucito a cercare le occorrenze in Google per "qual'è"? Io ottengo per entrambi la stessa numerosità, circa 54 milioni.
Infatti cercando "dell orto" la quasi totalità dei risultati è per "dell'orto".
Ho fatto un po' di ricerche e in rete è detto sempre che i motori di ricerca non considerano gli acritici.
NGRAM di Google, invece, ne rileva la presenza e il collegamento sottostante mostra chiaramente un aumento del corretto "qual è" rispetto all'ignorante "qual'è". (Ignorante poiché chiedo apposta a chi lo utilizza di motivarlo e nessuno lo motiva come, correttamente, fa il professor Sgroi.)
https://books.google.com/ngrams/graph?content=qual+%C3%A8%2C+qual%27%C3%A8&year_start=1500&year_end=2000&corpus=22&smoothing=6&share=&direct_url=t1%3B%2Cqual%20%C3%A8%3B%2Cc0%3B.t1%3B%2Cqual%27%C3%A8%3B%2Cc0
Intervengo, brevemente, sul "tormentone" ("Qual'è e/o qual è?"): un vero tormento...ne.
Non intendo esprimere la mia opinione - poca cosa rispetto a quanto autorevoli studiosi hanno scritto e continueranno a scrivere, a tale proposito - ma condividere la mia esperienza di studentessa, dalla prima elementare in poi.
Le/gli insegnanti - non una/uno: tutti - sostenevano che si potesse/poteva scrivere sia "qual è" sia "qual'è": a noi la scelta della forma che preferivamo.
Se ora qualcuno venisse a dirmi che i miei insegnanti erano incompetenti, mi offenderei, perché sono convinta che non lo erano. Non lo erano.
Per Monmartre.
Nel suo primo commento ho notato due refusi: "porfessor" e "risucito". Spero che li abbia notati anche lei.
Considero evidente che lei ritiene corretto "qual è" ed errato "qual'è". Potrebbe, però, gentilmente spiegarmi bene il significato reale (ossia non ambiguo, come a me sembra) del suo "ignorante qual'è"?
Non a colpi di occorrenze, per favore.
Mi perdoni l'ardire: trovo sgradevole, e persino un po' infantile, il vocabolo "apposta": meglio scrivere "di proposito", "intenzionalmente". Concorda?
Per il dottor Raso.
Non conosco e non comprendo il motivo per cui non vengono pubblicati i commenti anonimi.
Mi aiuti a conoscerlo e io proverò a comprenderlo.
Ringrazio e saluto cordialmente
Ines Desideri
Gentilissima Ines,
i commenti anonimi non vengono pubblicati per scoraggiare le persone che non si assumono la responsabilità di quanto scrivono. So - è ovvio - che si può ricorrere a nomi inventati (come Poldo, che si definisce linguista ma non vuole mostrare la sua "faccia") però...
Un cordiale saluto
FR
Nel mio commento ho trovato un errore: "ossia non ambiguo, come a me sembra".
Poiché la spiegazione data da Monmartre a me sembra ambigua, avrei dovuto scrivere: "che non sia ambiguo, come a me sembra".
Chiedo scusa.
Ines Desideri
Buon giorno,
mi scuso per i refusi: non li avevo visti (altrimenti li avrei corretti).
Per Ines
Personalmente la locuzione "a bella posta" mi è sempre piaciuta. Rispetto ai sinonimi da lei suggeriti, mi dà l'idea di un'azione intenzionale, ma al contempo manifesta. (Non mi sembra di fatti d'usare "apposta" in frasi negative.)
Per quanto concerne "l'ignorante qual'è", l’aggettivo è dovuto al fatto che, a parte il professor Sgroi, nessuno ha mai motivato la scelta (sempre che sia una scelta). Di solito la prima risposta che ricevo è “Hai ragione” (probabilmente anche i loro professori dicevano che l’apostrofo era un errore), ma poi aggiungono qualcosa di simile a: “Ma tanto si capisce”, “Ma lo vedo scritto sui giornali”, “Quando lo scrivo non ci penso”... Ecco: non è una scelta ponderata, è ignoranza, mancanza di rispetto per la regola, per la maggioranza delle persone che non usano l’apostrofo e per l’intelligenza (la pigrizia non è una scusante quando si sa di sbagliare).
Fatico a capire espressioni tipo "mancanza di rispetto per la regola".
Intanto è oramai chiaro che non esista nessuna istituzione in grado di emanare regole sulla lingua, ma solo la Crusca e grammatici che interpretano l'uso corrente. Riguardo al qual'è, è ovvio che la logica dell'apocope fa acqua da tutte le parti: dal momenti che si dice quale davanti a tutte le forme del verbo essere che inizino con consonante, la regola generale porta dritti dritti a indicare l'elisione come corretta!
Che problema c'è quindi se scriventi italiani decidono di usare quella forma? Trovo disdicevole che gente che magari non ha mai scritto neppure un raccontino si senta autorizzata a scagliarsi pubblicamente contro altri col ditino alzato in nome di una difesa di uno stile di scrittura desueto e ottocentesco. Tanto più se si considera che si parla di permettere entrambe le forme e non di cambiare la "regola" (parola ambigua che indica sia la legge che l'usanza).
Saluti
Luca Passani
Gentile Monmartre,
la ringrazio per avermi risposto, ma le confesso che non concordo con lei.
A mio avviso, "a bella posta" e "apposta" non possono essere usati indifferentemente e, per quanto riguarda me, disdegno il vocabolo "apposta" persino nel linguaggio informale.
Non trovo gradevole la forma "Personalmente... mi è sempre piaciuta".
Quanto alle risposte da lei ricevute, in merito a "qual è/qual'è", ovviamente non posso metterne in dubbio la veridicità, ma le assicuro che sono moltissime le persone che - con assoluta consapevolezza e accurata ponderatezza - hanno scelto e adoperano la forma apostrofata "qual'è".
Personalmente non le considero ignoranti, non sono affatto convinta che manchino di rispetto alla regola (quale regola?) oppure alla "maggioranza delle persone che non usano l'apostrofo".
L'intelligenza è altro, tutt'altro. Per fortuna.
"La pigrizia non è una scusante quando si sa di sbagliare": non sono affatto convinta che scrivere "qual'è" sia un errore.
Cordialmente
Ines Desideri
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