lunedì 14 gennaio 2019

Sgroi - Come cambia la lingua per il filologo Ovvero gli 80 anni di Lorenzo Renzi


di Salvatore Claudio Sgroi *

A Lorenzo Renzi, vicentino, classe 1939, ben noto agli studenti universitari per i suoi manuali di linguistica e filologia romanza e agli studiosi (anche stranieri) per la direzione della Grande Grammatica Italiana di Consultazione (il Mulino, 3 voll. 1988-1991-1995) e della Grammatica dell'Italiano Antico (2010, 2 voll.) e per Le piccole strutture (2008, pp. XXVII + 674), l'Università di Padova ha dedicato un convegno internazionale il 15-16 gennaio in occasione dei suoi 80 anni.
Il denso volumetto Come cambia la lingua (il Mulino 2012, pp. 226 in 7 capp.) è un'ottima scorciatoia per chi voglia conoscere la linguistica teorica e applicata così com'è praticata dal filologo-linguista veneto. Il testo presenta al lettore (specialista o no) una riflessione, non banale, sui problemi del cambiamento linguistico in generale, illustrata con non pochi esempi di prima mano dell'A., altrui e propri, quale prassi di una "linguistica soggettiva o percettiva" (p. 38).
Come evidenzia il sottotitolo del testo ("L'italiano in movimento"), il mutamento linguistico qui analizzato non è tanto quello "di lunga durata", il cambiamento nel passato, attingibile "col binocolo" (p. 26), ma quello del breve periodo, raggiungibile nell'arco della vita di un uomo, "al microscopio", quello "in atto" (p. 37), "in tempo reale" (p. 31), "in corso" (p. 39).
 A tal fine, il linguista punta la sua attenzione sulle forme coesistenti, in competizione tra di loro: quella nuova, spesso "dal basso", popolare e "inconscia", tradizionalmente percepita come "errore", che cerca di imporsi su quella esistente (standard), che potrà scalzare, determinando così il cambiamento linguistico, ma non necessariamente, se non riuscirà a eliminarla.
I cambiamenti possibili sono distinti in mutamenti "tettonici" o "geologici" (p. 40) se intaccano la struttura della lingua da quelli di superficie, "meteorologici" (ibid.).
Volendo esemplificare, lo sdrucciolo persuàdere, "molto più comune" (p. 98) del piano persuadère, presso i suoi studenti e diffuso in TV, è suscettibile di affermarsi e di determinare così un "cambiamento" dell'italiano.
Il costrutto ci ho fame es. di "parlato spontaneo" (p. 90, e 42, 55) documentato fin dal 1301, in compresenza plurisecolare con ho fame, è un es. di "deriva" (pp. 24, 32, 78) ovvero di "drift" (con Sapir 1921) e costituirebbe un caso di cambiamento ling. se determinasse la scomparsa di ho fame.
Così nel caso di Gli ho detto per 'ho detto loro', e per 'le ho detto' (pp. 97, 169); e dei verbi col clitico "etico", es. (senza la cinghia) mi perdo i pantaloni (p. 80), ecc.
Errori questi per la grammatica scolastica tradizionale ma sdoganati, sul versante normativo, da F. Sabatini 1985 (ed altri), come ess. della norma dell'it. medio (o neostandard). 
Quanto al congiuntivo (pp. 51-55), pur sorvolando sulla debolezza 'strutturale' dell'opposizione cong./indic. dovuta alla scarsa salienza fonica dei relativi morfemi (legati a una sola vocale, es. io parl-o vs che tu parl-i; parl-ano vs parl-ino vs veng-ano) e alla scarsa distanza fonologica, alla base della "decadenza del congiuntivo" (p. 51), Renzi sottolinea l'alternanza dei due modi, e il "registro spontaneo quotidiano" (p. 52) nel caso di ess. come Mi dispiace che Maria è partita.
 Sulla scorta del sociolinguista americano W. Labov (1972, 1994) Renzi distingue due tipi di cambiamenti.
Da un lato (i) gli "errori" sistematici (pp. 94-96), "di langue" (più che "di parole" p. 93 o lapsus dei parlanti colti), "dal basso", popolari e per lo più "inconsci", suscettibili di determinare il cambiamento linguistico, come quelli su citati.
Dall'altro (ii) gli "snobismi" (p. 94), "cambiamenti dall'alto", "introdotti dalla classe sociale dominante, spesso con piena coscienza di tutti", usi "attribuiti a mode deleterie e a cattivo gusto", ovvero "novità ingiustificate, prestiti (veri o presunti) da altre lingue" (p. 94), passibili di non lasciare traccia nella lingua. Per es. il superlativo mega-galattico (p. 102), non esiste (proprio) (pp. 67, 102), il settentrionalismo piuttosto che col valore di 'o' (pp. 66, 102), "forma molto discussa e molto riprovata, ma irresistibile" (p. 102). E ancora, tra gli anglicismi,  i composti con "testa" morfologica a destra, del tipo Cossiga-pensiero (p. 105), italofono "Italian speaker" (p. 73); e-libro (p. 74), calchi come opportunità 'occasione' (p. 76), ecc.
Snobismo è ritenuto l'uso (femminista) dei cognomi femminili senza articolo, voluto dai sostenitori della (pseudo) teoria del sessismo linguistico, es. Gelmini per "la Gelmini" (p. 104). Al riguardo Renzi  ritiene che i cambiamenti proposti dalle femministe siano  in genere "snobismi" (pp. 172-77) non in grado di determinare un reale cambiamento della lingua e destinati a cadere nell'oblio.
Ma anche i "tormentoni" (p. 106) e i plastismi caratterizzano lo stato "meteorologico" della lingua, per es. quant'altro, della serie di, assolutamente sì, ecc.
"Conservazione e innovazione sono due forze in equilibrio e in lotta in ogni stato di lingua" (p. 39); nel caso particolare dell'italiano, la lingua nazionale presenta due varietà "in lotta", quella standard (per es. stessi) e quella popolare (stassi), in cui stassi è decisamente respinta dalla varietà alta (p. 23).
La lezione di Renzi è alla fine un antidoto per il parlante tradizionale neo-purista che tende a percepire i cambiamenti "in corso" come "una violazione del buon uso" (p. 92), come "disastro e degenerazione" (pp. 37, 38) ovvero come irrealistica "decadenza della lingua" (p. 39).


* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania



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