di
Salvatore Claudio Sgroi *
A
Lorenzo Renzi, vicentino, classe 1939, ben noto agli studenti universitari per
i suoi manuali di linguistica e filologia romanza e agli studiosi (anche
stranieri) per la direzione della Grande
Grammatica Italiana di Consultazione (il Mulino, 3 voll. 1988-1991-1995) e
della Grammatica dell'Italiano Antico
(2010, 2 voll.) e per Le piccole
strutture (2008, pp. XXVII + 674), l'Università di Padova ha dedicato un
convegno internazionale il 15-16 gennaio in occasione dei suoi 80 anni.
Il
denso volumetto Come cambia la lingua
(il Mulino 2012, pp. 226 in 7 capp.) è un'ottima scorciatoia per chi voglia
conoscere la linguistica teorica e applicata così com'è praticata dal
filologo-linguista veneto. Il testo presenta al lettore (specialista o no) una
riflessione, non banale, sui problemi del cambiamento linguistico in generale,
illustrata con non pochi esempi di prima mano dell'A., altrui e propri, quale
prassi di una "linguistica soggettiva o percettiva" (p. 38).
Come
evidenzia il sottotitolo del testo ("L'italiano
in movimento"), il mutamento linguistico qui analizzato non è tanto
quello "di lunga durata", il cambiamento nel passato, attingibile
"col binocolo" (p. 26), ma quello del breve periodo, raggiungibile
nell'arco della vita di un uomo, "al microscopio", quello "in
atto" (p. 37), "in tempo reale" (p. 31), "in corso"
(p. 39).
A tal fine, il linguista punta la sua
attenzione sulle forme coesistenti, in competizione tra di loro: quella nuova,
spesso "dal basso", popolare e "inconscia",
tradizionalmente percepita come "errore", che cerca di imporsi su
quella esistente (standard), che potrà scalzare, determinando così il
cambiamento linguistico, ma non necessariamente, se non riuscirà a eliminarla.
I
cambiamenti possibili sono distinti in mutamenti "tettonici" o
"geologici" (p. 40) se intaccano la struttura della lingua da quelli
di superficie, "meteorologici" (ibid.).
Volendo
esemplificare, lo sdrucciolo persuàdere, "molto più comune" (p. 98) del piano persuadère, presso i suoi studenti e
diffuso in TV, è suscettibile di affermarsi e di determinare così un
"cambiamento" dell'italiano.
Il
costrutto ci ho fame es. di
"parlato spontaneo" (p. 90, e 42, 55) documentato fin dal 1301, in
compresenza plurisecolare con ho fame,
è un es. di "deriva" (pp. 24, 32, 78) ovvero di "drift"
(con Sapir 1921) e costituirebbe un caso di cambiamento ling. se determinasse
la scomparsa di ho fame.
Così
nel caso di Gli ho detto per 'ho
detto loro', e per 'le ho detto' (pp. 97, 169); e dei verbi col clitico
"etico", es. (senza la cinghia)
mi perdo i pantaloni (p. 80), ecc.
Errori
questi per la grammatica scolastica tradizionale ma sdoganati, sul versante
normativo, da F. Sabatini 1985 (ed altri), come ess. della norma dell'it. medio
(o neostandard).
Quanto
al congiuntivo (pp. 51-55), pur sorvolando sulla debolezza 'strutturale'
dell'opposizione cong./indic. dovuta alla scarsa salienza fonica dei relativi
morfemi (legati a una sola vocale, es. io
parl-o vs che tu parl-i; parl-ano vs parl-ino vs veng-ano) e
alla scarsa distanza fonologica, alla base della "decadenza del
congiuntivo" (p. 51), Renzi sottolinea l'alternanza dei due modi, e il
"registro spontaneo quotidiano" (p. 52) nel caso di ess. come Mi dispiace che Maria è partita.
Sulla scorta del sociolinguista americano W.
Labov (1972, 1994) Renzi distingue due tipi di cambiamenti.
Da
un lato (i) gli "errori" sistematici (pp. 94-96), "di langue" (più che "di parole" p. 93 o lapsus dei parlanti
colti), "dal basso", popolari e per lo più "inconsci",
suscettibili di determinare il cambiamento linguistico, come quelli su citati.
Dall'altro
(ii) gli "snobismi" (p. 94), "cambiamenti dall'alto",
"introdotti dalla classe sociale dominante, spesso con piena coscienza di
tutti", usi "attribuiti a mode deleterie e a cattivo gusto",
ovvero "novità ingiustificate, prestiti (veri o presunti) da altre
lingue" (p. 94), passibili di non lasciare traccia nella lingua. Per es.
il superlativo mega-galattico (p.
102), non esiste (proprio) (pp. 67,
102), il settentrionalismo piuttosto che
col valore di 'o' (pp. 66, 102), "forma molto discussa e molto riprovata,
ma irresistibile" (p. 102). E ancora, tra gli anglicismi, i composti con "testa" morfologica
a destra, del tipo Cossiga-pensiero
(p. 105), italofono "Italian
speaker" (p. 73); e-libro (p.
74), calchi come opportunità 'occasione'
(p. 76), ecc.
Snobismo
è ritenuto l'uso (femminista) dei cognomi femminili senza articolo, voluto dai
sostenitori della (pseudo) teoria del sessismo linguistico, es. Gelmini per "la Gelmini" (p.
104). Al riguardo Renzi
ritiene che i cambiamenti proposti dalle femministe siano in genere "snobismi" (pp. 172-77)
non in grado di determinare un reale cambiamento della lingua e destinati a
cadere nell'oblio.
Ma
anche i "tormentoni" (p. 106) e i plastismi caratterizzano lo stato
"meteorologico" della lingua, per es. quant'altro, della serie di, assolutamente sì, ecc.
"Conservazione
e innovazione sono due forze in equilibrio e in lotta in ogni stato di
lingua" (p. 39); nel caso particolare dell'italiano, la lingua nazionale
presenta due varietà "in lotta", quella standard (per es. stessi) e quella popolare (stassi), in cui stassi è decisamente respinta dalla varietà alta (p. 23).
La
lezione di Renzi è alla fine un antidoto per il parlante tradizionale
neo-purista che tende a percepire i cambiamenti "in corso" come
"una violazione del buon uso" (p. 92), come "disastro e
degenerazione" (pp. 37, 38) ovvero come irrealistica "decadenza della
lingua" (p. 39).
*
Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania
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