Il malanno di stagione - l'influenza - ha raggiunto il «picco»: molti concittadini (o connazionali?) sono
allettati a causa di questo morbo. Riproponiamo un nostro vecchio intervento
sull' «origine linguistica» di questa patologia.
Ci
siamo. Il grande malanno di stagione, l’influenza, è arrivato: i telegiornali
ne parlano quasi ogni giorno e ci “propinano” consigli su come prevenire o
affrontare il problema che, molto spesso, è causa di angoscia per le mamme che
hanno i figli piccoli i quali, con le persone anziane, sono i più esposti al…
“pericolo”. Vogliamo vedere, cortesi lettori, che cosa è questa “influenza” che
ogni anno costringe a letto migliaia di persone procurando un danno
incalcolabile all’intera economia nazionale tanto da essere considerata, se non
cadiamo in errore, una malattia sociale? Dal punto di vista linguistico,
ovviamente, perché quello medico è noto a tutti; se non altro basta consultare
un qualunque vocabolario e leggere alla voce in questione: malattia epidemica
infettiva acuta, contagiosa, delle vie aeree superiori, di origine virale. Si
manifesta con febbre associata a infiammazione anche delle vie digerenti.
Questo, appunto, il significato “scoperto”, cioè quello medico.
E
quello “coperto”, cioè linguistico? Perché, dunque, “influenza”? Che cosa
“influisce” sul nostro organismo? Per scoprirlo occorre rifarsi -
come quasi sempre in fatto di lingua – al padre del nostro idioma, il nobile
latino.
Per
l’esattezza al verbo “influère” passato in lingua volgare (l’italiano), con cambio
di coniugazione, nella forma a tutti nota, “influire”. Il verbo latino
“influère”, dunque, composto con il prefisso “in-” (dentro) e “fluère”
(scorrere, fluire) alla lettera significa “scorrere dentro”: in quel luogo
“influiscono” (‘scorrono dentro’) due torrenti. Questo verbo (influire) fu
adoperato, in seguito, dagli studiosi di astrologia del Medio Evo i quali con
“influire” intendevano lo scorrere, in senso figurato, dei raggi siderali sugli uomini esercitando un’azione negativa o positiva sulla natura e sul destino
degli esseri umani.
Ed
è attraverso quest’ultimo “passaggio semantico” che è nato il significato
estensivo che oggi si dà comunemente al verbo in oggetto: agire direttamente
o indirettamente su qualcuno in modo da determinare particolari effetti o
conseguenze; agire con una certa autorità sopra una persona, determinando a
nostro piacimento gli sviluppi o le azioni.
Da
influire è stato fatto, con il trascorrere del tempo, il sostantivo “influenza”
che, in senso proprio, è lo scorrere di un liquido in qualche cosa e, in senso
figurato, l’azione esercitata da qualcuno su luoghi, persone o fenomeni: la
forte personalità della madre “influenzò”, per tutta la vita, il carattere del
figlio. A questo punto il vocabolo influenza fa la sua trionfale entrata nel
linguaggio medico e acquisisce il significato di “malanno che ‘scorre’ dentro
l’organismo umano”: un germe patogeno che ‘influenza’ il nostro corpo.
Aggiungiamo,
per curiosità, che il vocabolo fatto proprio dai medici italiani si è diffuso
in tutta Europa, specialmente dopo l’epidemia influenzale del secolo XVIII che,
oltrepassando gli italici confini invase dapprima la Francia poi, via
via, gli altri paesi del vecchio Continente.
Visto
che siamo in argomento, due parole due sul termine epidemia. Nel linguaggio
medico è una “malattia contagiosa che ha una causa comune ed è estesa a molte
persone”; mentre in senso figurato è “qualsiasi fenomeno caratterizzato da
larga diffusione”. Il vocabolo, guarda caso, è di provenienza greco-latina ,
“epidèmios” (‘proprio del popolo’, ‘che vive in mezzo al popolo’). Il termine è
composto, infatti, con “epi-” (in, sopra, in aggiunta) e “demos” (popolo),
quindi “generale”, “pubblico”.
Potremmo
dire, insomma, stando all’origine del termine, che l’epidemia è una “malattia
pubblica” e, appunto, perché “pubblica” attacca nel medesimo tempo e nel
medesimo luogo un gran numero di persone. Il vocabolo, per estensione, si
applica anche nei confronti del mondo animale. Per quanto riguarda la
"provenienza linguistica" della febbre diamo la
"parola" a Ottorino Pianigiani anche se - come abbiamo scritto altre
volte - da molti linguisti non è ritenuto fededegno.
***
La
parola proposta da questo portale, ripresa dal De Mauro: olido. Aggettivo derivato dal latino "olidu(m)", ('odoroso'):
puzzolente, maleodorante, di odore sgradevole. A nostro avviso il termine,
aulico, è da preferire al "volgare" puzzolente.
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