1. Il "qual(')è?": sempre una
"quisquilia"
Fermo
restando, come già premesso nel precedente intervento del 19 gennaio Un tormentone: "Qual'è" e/o
"qual è"?, che il caso "Qual(')è"
è un problemino di nessuna rilevanza per valutare la competenza
linguistico-ortografica di un italofono / italografo, viste le disparate
reazioni dei lettori del nostro blog, di altri blog e dei commenti al
"Tema del mese" della Crusca di Paolo D'Achille, può invece essere
utile analizzare ancora i comportamenti linguistici dei parlanti, i loro
giudizi e le posizioni assunte dai linguisti e/o grammatici.
2. "Regole
costitutive" dei parlanti, "regole ortografiche" e "regole
prescrittive" dei grammatici
Mi
sembra opportuno distinguere in primo luogo tra "Regola-1 costitutiva del
parlante" (interiorizzata, conscia o inconscia che sia) della lingua
parlata dei nativofoni, "Regola-2 della lingua scritta" e Regole
"prescrittive" o regolative dei grammatici se in contrasto con le
Regole "costitutive" naturali dei parlanti.
2.1. Qualche
esempio: Una > "un', una +
vocale" VERSUS "una + cons."
Per
es. nel caso dell'art. "UNA",
la Regola-1 fonologica, naturale, istintiva prevede la cancellazione
(facoltativa) della vocale finale di "una"
dinanzi a vocale, per es. /un isola/, /una isola/ ma non dinanzi a consonante
per es. /una ragazza/, nessuno dicendo con troncamento */un ragazza/.
La
Regola-2 della lingua scritta, alla base degli usi degli italografi colti e
quindi prescritta dai grammatici, prevede in tali casi l'apostrofo (in quanto
cancellazione-elisione): "un'isola".
E tale regola è stata introiettata dall'italofono avvezzo alla lettura, oltre
che italografo.
2.2. Analogo
esempio: Quale > "qual', quale + vocale (e-)" VERSUS "quale + cons."
Analogamente,
nel caso del nostro "QUALE"
la Regola-1 fonologica, naturale, istintiva prevede la cancellazione
(facoltativa) della vocale finale di /kwale/ "quale" dinanzi ad "è/era":
/kwa'le(ra)/, ma non dinanzi a consonante per es. /kwale ragazzo/, nessuno
dicendo */qual ragazzo/, ma /quale ragazzo/.
La
Regola-2 della lingua scritta, alla base degli usi di molti(ssimi) italografi
colti, e quindi indicata da alcuni grammatici (non tutti), prevede, come per una, un possibile apostrofo (in quanto
cancellazione-elisione): "qual'è/era",
"quale è(ra)".
2.3. Caso diverso:
Uno > "un + vocale, cons."
Invece
nel caso di "UNO" la
Regola-1 fonologica, naturale, della lingua parlata prevede la cancellazione
(obbligatoria) della vocale finale di "uno"
sia dinanzi a vocale per es. /un asino/ e non già */uno asino/, sia dinanzi a
consonante per es. /un kane/ e non già */uno kane/.
In
tal caso la Regola-2 della lingua scritta, alla base degli usi degli italografi
colti e quindi prescritta dai grammatici, non prevede alcun apostrofo (in
quanto cancellazione della vocale generalizzata nei due contesti, non già
"elisione" riservata a un solo contesto): "un asino" e non già "un'asino".
2.4. Qual'è? oppure Qual è? tra italiano antico e italiano contemporaneo
Il
problemino del "QUAL(')È"
nasce perché nell'italiano del passato la fonologia naturale di "quale" /kwale/ era diversa.
Prevedeva infatti la Regola-1 della cancellazione generalizzata della "-e" sia dinanzi a vocale /kwal
e(ra)/ sia dinanzi a consonante /kwal ragazzo, ragazza/.
Conseguentemente,
la Regola-2 della lingua scritta non prevedeva per gli italografi e i
grammatici alcun apostrofo per "qual
è", "qual era",
come peraltro per "qual ragazzo".
2.4.1.
Italografi dissociati e no
Gli
italografi di oggi che adottano la grafia "qual'è" preferiscono (consciamente o inconsciamente) non
entrare in conflitto con la loro fonologia naturale dell'italiano contemporaneo,
che prevede appunto la possibile cancellazione della "-e" solo dinanzi a vocale.
Gli
italografi che seguono invece la grafia "qual è" sono invero 'dissociati' (in conflitto, conscio o meno)
rispetto alla loro fonologia naturale che non prevede troncamento */qual
ragazzo, qual ragazza/. Ed è questa la situazione conflittuale sofferta del
lettore Tommaso Petrolito.
2.4.2.
Grammatici-linguisti (neo)puristi e 'laici'
Infine,
c'è il caso dei linguisti e/o grammatici. E a questo punto, non posso non
ricordare, con E. Coseriu 1967, che "Complicata è la cosiddetta grammatica
dei grammatici, non la grammatica dei parlanti". Il problema riguarda la
nozione di "errore".
2.4.3. L'Errore:
un'ossessione!
Io
definisco "Errore" un uso linguistico generato da una Regola in
conflitto/in competizione con un'altra Regola, uso che viene giudicato
"errato" con motivazioni diverse.
Nel
caso del "qual'è", tale uso
grafico è giudicato "errato" sia perché è diverso dall'uso grafico
corrispondente alla fonologia dell'italiano non-contemporaneo, sia perché è o
sarebbe proprio della maggioranza degli italografi colti.
Per
altri italografi e grammatici-linguisti ('laici') invece tale uso grafico è
giudicato "corretto" sia perché corrisponde alla fonologia
dell'italiano contemporaneo, sia soprattutto perché seguito da molti(ssimi)
italografi colti.
2.4.4. Qual'è e Qual è: grafie laicamente corrette.
Per
il linguista-grammatico "laico" le due grafie -- Qual'è e Qual
è --, i due usi generati da Regole costitutive diverse dell'italiano
antico e contemporaneo (e le Regole costitutive dei parlanti sono sempre
corrette) non possono essere giudicati errati perché sono adottati, ripeto, da
parlanti colti, con diversa frequenza.
Lo
scrivente può quindi liberamente scegliere. Variatio
delectat.
2.4.5. La buona
scuola
Niente
di più saggio quindi di quegli insegnanti della garbata lettrice Ines Desideri che
"dalla prima elementare in poi, [...] non una/uno: tutti - sostenevano che
si potesse/poteva scrivere sia "qual è" sia "qual'è": a noi
la scelta della forma che preferivamo".
6 commenti:
I famosi linguisti Francesco Sabatini e Luca Serianni ci dicono che è corretto solo (!) "qual è" e non "qual'è". Come mai?
Testa pensante o credente?
Sul "Come mai?" un grammatico faccia una affermazione opposta a quella di un altro grammatico, è facile rispondere che evidentemente i giudizi dei due (o tre) grammatici si basano su criteri diversi.
Se il lettore ha attentamente letto il mio intervento sul tema (o i precedenti due apparsi nel blog) dovrebbe essere in grado di ricavare dalla lettura dei testi di Serianni e di Sabatini (magari indicando più precisamente quali) i loro diversi criteri, impliciti o espliciti che siano alla base della loro nozione di "Errore" e di Regola della elisione/apocope dell'italiano (antico e moderno).
Un utile esercizio, questo, per andare al di là del criterio fideistico dell'Ipse dixit, ovvero dell'accettazione acritica dell'opinione del linguista "famoso" o meno che sia, e quindi essere in grado di decidere criticamente e autonomamente la scelta da seguire e il giudizio di correttezza da formulare.
Prof. Salvatore Claudio Sgroi
Scrivere "qual'è" è come scrivere "fin'ora" o "pur'io": si tratta sempre di troncamenti in uso (davanti a consonante) ormai soltanto in frasi fatte o cliché linguistici, e anche davanti a vocale si usa sempre più la forma intera; quindi perché non accettarne l'elisione?
Per converso, il "qual" troncamento, davanti a consonante, è relitto fonologico in quanto facente parte oramai solo di frasi fatte, quanto lo è in "qual è" o in "qual era": chi mai userebbe il "qual" davanti a covale (anche omofona) in altri contesti? chi direbbe mai: "*qual elefànte...?" "*in qual època siamo?"
Gentile Prof. Sgroi,
la ringrazio di avermi definita "garbata" e, ancor più, di aver espresso apprezzamento per i miei insegnanti, verso i quali nutro una stima e una gratitudine rimaste immutate, sebbene siano trascorsi ormai diversi decenni.
Il suo "... andare al di là del criterio fideistico dell'Ipse dixit, ovvero dell'accettazione acritica [...] e quindi essere in grado di decidere criticamente e autonomamente la scelta da seguire..."(in risposta ad Arnoldas): ecco, questo è stato il principale insegnamento che ho ricevuto, dalla prima elementare in poi.
Sono stata molto fortunata.
Tornando a "qual", vorrei esporre un dettaglio, forse superfluo, ma chissà...
Ho trovato la voce "qual" soltanto in due dizionari: l'Olivetti in rete e il Palazzi del 1957.
Nessuno degli altri dizionari/vocabolari che ho consultato (Treccani, Devoto-Oli, Sabatini-Coletti,...) - sia in rete sia in forma cartacea - riporta la voce "qual", ma unicamente "quale".
Qualcosa dovrà pur significare.
Cordialmente
Ines Desideri
Gentile Dott.ssa Desideri,
il "Palazzi 1957" da lei citato ha attivato in me un inaspettato 'amarcord' degli anni della scuola media.
Un dizionario del tempo che fu, puristico, ma con caratteristiche ancor oggi non tutte superate: la "N.(nomenclatura)" in calce ai lemmi, i "ME" (modi errati), e poi le 74 Tavole di "Nomenclatura" o "Paradigmi", le 8 "Tavole a colori", le 41 "Tavole in nero e disegni nel testo" e ancora l'Appendice di "Voci straniere", puristicamente ai margini della lingua.
Quanto al problema che lei pone, la presenza cioè di due lemmi: qual e quale, si spiega con la posizione puristica del Palazzi che voleva evidenziare la funzione esclusiva di apocope di quale, legata all'italiano antico, riservando il trattamento di lemma alla variante qual. La riedizione del Palazzi a cura di G. Folena ha invece eliminato il lemma qual, a vantaggio del solo quale. La moderna lessicografia dinanzi alla normale presenza di varianti di un termine sceglie come lemma una variante, solitamente la più frequente. Così, tra "l'(anima) e "la (casa)" lei non trova due lemmi "l'" e "la" ma solo la, tra "l'(uomo)" e "il (cane)" si opta per il; così per una rispetto a "un' ", ecc.
Prof. Salvatore Claudio Sgroi
Gentile Prof. Sgroi,
dal suo "inaspettato amarcord" al mio: il piacere di sfogliare il Palazzi 1957 per cercare lemmi, per guardare le Tavole e imparare nuovi vocaboli.
Un piacere che oserei definire gusto, poiché aveva un vero e proprio sapore. Era il sapore di una scoperta, di una conquista.
Con il Palazzi 1957 è nata la mia passione per la nostra lingua prima e per altre lingue dopo.
La ringrazio per l'attenzione.
Cordialmente
Ines Desideri
Posta un commento