sabato 5 gennaio 2019

Sgroi - La "consecutio temporum" e il neopurismo


di  Salvatore Claudio Sgroi *

1. La voce del neopurismo

A proposito della frase di papa Francesco E io vorrei che tutti la salutiamo adesso, riferita alla "Santa Madre di Dio", detta, anzi letta, in occasione della 52a "Giornata della Pace", analizzata nell' intervento del 2 scorso, il prof. G. Alvino ha voluto nel suo commento insistere con più argomenti sull'erroneità riguardo alla mancata consecutio temporum, in luogo di "vorrei che tutti la salutassimo".
Quanto alla diffusione di tale uso, ha infatti dichiarato sulla scorta della propria pluriennale invidiabilissima esperienza di lettore, non proprio comune:
 "non ho mai incontrato nelle mie letture (leggo un libro al giorno da oltre 40 anni) frasi del tipo 'Vorrei che tu legga'".
E a livello metalinguistico ha dichiarato anche che da una sua "inchiesta svolta in Facebook risulta che la totalità dei [suoi] contatti ritiene erroneo il congiuntivo presente".
Infine, sul piano normativo, ha citato L. Serianni che, ritornando a distanza di dieci anni dalla sua Grammatica (1997) sul problema nella Prima lezione di grammatica (Laterza 2006 p. 63), si è espresso in termini prescrittivi:
"Il condizionale di 'volere' e di altri verbi indicanti un desiderio, un'aspirazione, una necessità richiede la reggenza tipica dei verbi al passato", con l'es. Vorrei che tu studiassi.
Serianni asterisca infatti l'es. *vorrei che studi per indicarne la "non grammaticalità" (p. 5 n. 1), ovvero l'erroneità.
Nella sua precedente Grammatica istituzionale, dopo aver ricordato la regola della "consecutio temporum" della contemporaneità tra proposizione reggente e proposizione oggettiva con l'es. "(condiz. pres.) Immaginerei che (cong. pres.) egli faccia bene" (§ XIV.57), fa presente, descrittivamente e più realisticamente, che con i verbi di volontà, desiderio come volere, desiderare "la dipendente si costruisce col congiuntivo imperfetto più spesso che col congiuntivo presente" (§ XIV.58.e), sottoparagrafo, quest'ultimo, assente nella I ed. del 1988, e inserito nella riedizione del 1997.

2. Usi (e giudizi) di "vorrei + cong. presente"

Vorrei ora citare la voce di un purista consenziente con G. Alvino, ovvero Euclide Milano, che in Il correttore degli errori più comuni di grammatica e di lingua (SEI 19361, 19633) tra gli errori nella "correlazione dei tempi" cita un es. con desidererei:
"Desidererei che, nella difficile impresa a cui m'accingo, tu mi porga [Corr.: mi porgessi] il valido aiuto del tuo bell'ingegno" (p. 77).
Non proprio "errore" ma "stonatura estetica" si coglie invece nella frase di papa Francesco per un lettore linguista romagnolo (e-mail privata):
"Avevo percepito in diretta (dall’autoradio mentre ero in viaggio) l’errore, che in effetti non è errore ma solo stonatura estetica".
Per contro, il purista G.L. Messina nel Dizionario dei neologismi, dei barbarismi e delle sigle (A. Signorelli 1983) sub volére chiosa il costrutto "vorrei finita questa vicenda" con la normale frase "vorrei che questa vicenda finisca", senz'alcun particolare commento.
E poi c'è un bell'es. letterario in un romanzo di E. Rea, La dismissione 2002, che Alvino (che è anche scrittore) magari avrà letto, ma gli è sfuggito il tempo incriminato:
"Ammesso che questo accadrà, vorrei che io e i pochi altri che abbiamo partecipato all'impresa si possa essere ricordati, se non con simpatia e gratitudine, con rispetto, come coloro che eseguirono al meglio, a regola d'arte, il compito ricevuto in sorte" (p. 272, nel Primo tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento, a cura di T. De Mauro 2007)).
Quanto all'inchiesta in Facebook, l'unanimità dei giudizi di erroneità, sottolineata da Alvino, non stupisce certamente. Dimostra solo la diffusione di un (pre)giudizio metalinguistico scolastico.
Per conto mio, potrei citare il giudizio di cinque colleghi che in e-mail private si sono espressi favorevolmente sulla correttezza della frase e sulla mia analisi:
 (i) "Non ho nessun dubbio sulla liceità del costrutto. (...) Di fronte a un "vorrei che ne parliate" nessuno si scandalizzerebbe" (linguista romano).
(ii) "A me la frase suona bene, ma solo per via di adesso" (linguista dell'Emilia-Romagna).
(iii) "Tutto convincente" (linguista romano).
(iv) "Convincente certo!" (letterato siciliano).
(v) "Tu sei sempre convincente" (filosofo lombardo).

Segnalo ancora l'osservazione di un purista come Luciano Satta che, in Ma che modo Uso e abusi del congiuntivo (Bompiani 1994), oltre a mettere in dubbio il giudizio di erroneità della frase, avanza per la transizione dei tempi una spiegazione del cong. pres. (al posto dell'imperf.) con l'equivalenza semantica di vorrei con 'voglio':
"siccome questo vorrei è un voglio di cortesia ed equivale a desidero, non si può dire errata la concordanza di tempi vorrei che non manchiate; ma l'uso e l'orecchio suggeriscono altrimenti" (p. 162).

3. Un supplemento di esempi

Chiudo, infine, con alcuni ess. in cui il pres. cong., indicante un'azione contemporanea a quella della reggente, 'suona' (almeno a me) più che normale:
1) Vorrei che tu sia qui di ritorno domani
2) Vorrei che tu faccia silenzio
3) Vorrei che ciò sia chiaro
4) Vorrei che venga anche tu
5) Vorrei che tu non vada più a lavorare
6) Voi non vorreste che gli altri si divertano
7) Cosa vorresti che io ti dica (ora)?
8) Non vorrei che ci trovi qui
9) Vorrei che non venga ora ma dopo.


* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania




4 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Salvatore, non credo tu possa tacciare di neopurismo anche L. Lepschy e G. Lepschy, i quali affermano quanto segue: «[quando la frase reggente ha il condizionale presente] la dipendente ha un congiuntivo imperfetto per azione contemporanea o posteriore in frasi come 'vorrei che tu fossi qui'; 'vorrei che tu venissi presto'» ("La lingua italiana. Storia, varietà dell'uso, grammatica", Milano, RCS Libri, 1994/2002, ed. Tascabili Bompiani, p. 207).
Gualberto Alvino

Anonimo ha detto...

Caro Gualberto,
premesso che per me il termine "neopurismo" (con "neopurista") è un'etichetta descrittiva, -- ricorderai Bruno Migliorini il glottoplaste del neopurismo ("scuola linguistica italiana di tendenza puristica, che accetta il neologismo purché risponda a un'effettiva esigenza e si concili con le strutture tradizionali della lingua", nel Diz. di De Mauro 2000), -- e non un termine per "imputare di una colpa, di un vizio" qn. (vedi tacciare nello stesso De Mauro 2000), naturalmente i coniugi Lepschy nella loro gramm. (fin dalla I ediz. in ingl. 1977 p. 231) non sono neopuristi, caso mai la loro gramm., qui, come per altri aspetti, è selettiva.
Se tu mi appari come "neopurista" è perché ritieni a) "errato" (con gli intervistati in Facebook), se non addirittura inesistente tale tipo di frase in oltre 14.600 volumi (stando al tuo 'outing' di lettore: "non ho mai incontrato nelle mie letture (leggo un libro al giorno da oltre 40 anni) frasi del tipo 'Vorrei che tu legga'").
Non solo a) "errato" ma b) senza esplicitare i criteri per giudicare "errato" un uso qualsiasi, solitamente tale per te se non rispettoso dell'etimologia, o se non garantito, codificato, dall'autorità di un grammatico, oppure se uso "minoritario". Per me, invece, criteri quali (i) l'uso letterario (qui E. Rea) o di parlanti 'istituzionali' come un ministro della P.I. o il Papa, o altri parlanti colti, ma anche un purista (nello specifico il Messina), e (ii) la non-equivocità semantica garantiscono la correttezza linguistica. A questo punto, però, non vorrei rischiare di farla lunga e di stancare un pò tutti.
Un sincero augurio per un sereno 2019.
Salvatore Claudio Sgroi

Anonimo ha detto...

Caro Gualberto,
premesso che per me il termine "neopurismo" (con "neopurista") è un'etichetta descrittiva, -- ricorderai Bruno Migliorini il glottoplaste del neopurismo ("scuola linguistica italiana di tendenza puristica, che accetta il neologismo purché risponda a un'effettiva esigenza e si concili con le strutture tradizionali della lingua", nel Diz. di De Mauro 2000), -- e non un termine per "imputare di una colpa, di un vizio" qn. (vedi tacciare nello stesso De Mauro 2000), naturalmente i coniugi Lepschy nella loro gramm. (fin dalla I ediz. in ingl. 1977 p. 231) non sono neopuristi, caso mai la loro gramm., qui, come per altri aspetti, è selettiva.
Se tu mi appari come "neopurista" è perché ritieni a) "errato" (con gli intervistati in Facebook), se non addirittura inesistente tale tipo di frase in oltre 14.600 volumi (stando al tuo 'outing' di lettore: "non ho mai incontrato nelle mie letture (leggo un libro al giorno da oltre 40 anni) frasi del tipo 'Vorrei che tu legga'").
Non solo a) "errato" ma b) senza esplicitare i criteri per giudicare "errato" un uso qualsiasi, solitamente tale per te se non rispettoso dell'etimologia, o se non garantito, codificato, dall'autorità di un grammatico, oppure se uso "minoritario". Per me, invece, criteri quali (i) l'uso letterario (qui E. Rea) o di parlanti 'istituzionali' come un ministro della P.I. o il Papa, o altri parlanti colti, ma anche un purista (nello specifico il Messina), e (ii) la non-equivocità semantica garantiscono la correttezza linguistica. A questo punto, però, non vorrei rischiare di farla lunga e di stancare un pò tutti.
Un sincero augurio per un sereno 2019.
Salvatore Claudio Sgroi

Anonimo ha detto...

Caro Salvatore,
perché mi attribuisci sentenze che non ho mai irrogato? Ho mai parlato di "errore" o di "etimologia"? Mi sono limitato a concordare con quanto affermano i Lepschy, Serianni e le centinaia - se non migliaia - di autori da me letti nel corso degli anni (nessuno dei quali ha mai scritto frasi del tipo "Vorrei che tu legga").
Rea costituisce un'eccezione; il ministro e il papa idem (quest'ultimo, poi, non è italiano, come sai). Basare le proprie teorie linguistiche su un numero irrisorio d'esempi è pericolosissimo.
Buon anno anche a te.
Gualberto