Cortese dott. Raso,
la Befana mi ha fatto imbattere nel suo
meraviglioso blog, che ho messo subito tra i preferiti. Le scrivo perché vorrei
– con il suo permesso – mettere in risalto la stupidezza di alcuni docenti di
materie letterarie che siedono in cattedra rovinando, anzi, distruggendo
completamente le certezze linguistiche dei loro allievi. È il caso dell’insegnante di mio
figlio (III media) che ha sottolineato e corretto con la fatidica matita blu un
presunto errore. L’insegnante, dunque, ha corretto la “stupidezza”, parola
adoperata da mio figlio, in stupidaggine. Mio figlio legge moltissimo, avrà
trovato, quindi, il vocabolo errato, a detta dell’insegnante, in qualche
autore. Confesso che anch’io ero convinto che tale termine non esistesse, ma con
una rapida consultazione dei vocabolari in mio possesso ho dissipato ogni
dubbio: stupidezza è termine correttissimo. La docente, prima di “sputare”
sentenze, non avrebbe fatto meglio a documentarsi?
La ringrazio dell’ospitalità
e le auguro un sereno 2014.
Beniamino T.
Lecce
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Gentile
Beniamino, ho pensato molto prima di pubblicare la sua lettera. Ho deciso di
farlo perché – come giustamente scrive – molti insegnanti “rovinano” la lingua
dei loro allievi. Alcuni docenti, mi spiace dirlo, sono di una presunzione e di
un’arroganza senza limiti. Proprio con uno di questi ho avuto, tempo fa, un
battibecco circa il famoso “qual è”. Costui sosteneva che quale si apostrofa se
il sostantivo che segue il verbo essere è di genere femminile: qual’è la tua
penna? Non si apostrofa se il sostantivo è di genere maschile: qual è il tuo
libro? Non avevo mai sentito simili “stupidezze”. Tornando all’insegnante di
suo figlio, avrebbe potuto evitare la figuraccia se avesse consultato, come ha
fatto lei, un buon vocabolario di lingua italiana. Avrebbe scoperto, infatti,
che stupidezza, anche se di uso non comune, è sinonimo di stupidaggine e
stupidità. In alternativa avrebbe potuto fare un viaggetto in Rete.
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