lunedì 27 gennaio 2014

(Un) Guazzabuglio



La parola di ieri proposta da "unaparolaalgiorno": guazzabuglio.

E quella segnalata da questo portale: cinocefalo. Aggettivo e sostantivo maschile. Indica una scimmia il cui muso assomiglia a quello del cane.

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Dalla rubrica di lingua del quotidiano la Repubblica in rete:
  
  Eliana scrive:
Gentile professore,
è corretto scrivere, come si legge nei titoli di coda dei film, “si ringrazia Carlo e Giulio” (anziché “si ringraziano”) oppure, come si legge nel romanzo Un uomo, “perché si leggesse i titoli e la data” (anziché “si leggessero”)?
Grazie per i preziosi chiarimenti!


2.    linguista_1 scrive:
La forma corretta è il plurale. Il singolare può essere usato per sottolineare che il soggetto, pur essendo composto da più elementi, è unitario. Questa scelta, quando ha valore retorico, viene detta zeugma; la ritroviamo, ad esempio, nella poesia Il lampo di Giovanni Pascoli: “E cielo e terra si mostrò qual era”.
Fabio Ruggiano
  1. Fausto Raso scrive:
Chiedo venia al dr Ruggiano, ma la risposta data ad Eliana (23 gennaio) non mi convince. Lo zeugma non è una figura grammaticale che consiste nel far dipendere da un unico verbo piú termini che richiederebbero ciascuno un verbo proprio? Nell’esempio del Pascoli il verbo “si mostrò” può andar bene sia riferito a cielo sia a terra («E cielo e terra si mostrò qual era»).
Ecco la risposta del dr Ruggiano che, nonostante la prestigiosa Treccani, continua a non convincermi:
  1. linguista_1 scrive:
    una figura retorica che consiste nel rapportare più membri coordinati e paralleli di una frase a un unico elemento che, in astratto, dovrebbe essere ripetuto per ciascuno di essi.
    Mi sembra che la fattispecie del verso pascoliano rientri nella definizione.
    Fabio Ruggiano
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Lo "zeugma" da "Sapere.it" (De Agostini):

n.m. [pl. -i] figura retorica consistente nel far dipendere da un unico termine due o più parole o enunciati, di cui uno solo è logicamente pertinente; p.e. parlare e lacrimar vedrai insieme (DANTE Inf. XXXIII, 9), dove vedrai si adatta soltanto a lacrimar, non a parlare

Dal lat. tardo zeugma, neutro, che è dal gr. zêugma ‘ciò che serve a unire, congiuntura’, deriv. di zeugnýnai ‘aggiogare, unire’.

Inoltre:
Luca Serianni (linguista, accademico della Crusca): Zeugma, costrutto ellittico per il quale un solo verbo regge non solo il termine proprio ma anche altri termini coordinati che richiederebbero verbi specifici: "parlare e lagrimar vedrai insieme" (Dante); invece di: "udrai parlare e vedrai lagrimare".

Maurizio Dardano - Pietro Trifone: (zeugma) si ha quando uno stesso termine è riferito a due o piú termini, mentre potrebbe connettersi con uno solo di essi (e riportano l'esempio dantesco). Vedrai si adatta bene a lagrimar ma non a parlar, perché le parole non si possono vedere.

Si veda anche qui.
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Riporto, per onestà, il contributo (sul quale continuo a dissentire) del dr Ruggiano:
  1. linguista_1 scrive:
    Ovviamente né Serianni né Dardano e Trifone sconfessano l’enciclopedia Treccani. Il problema sta piuttosto nel duplice ambito d’uso dello zeugma: quello da lei richiamato, semantico, è rappresentato dall’esempio dantesco (ne dà conto anche la Treccani, proprio con lo stesso esempio); quello da me richiamato è, piuttosto, formale, o sintattico, come nell’esempio: “Io andai a Napoli, Claudia a Palermo”, nel quale il verbo andai “aggioga” a sé tanto il soggetto di prima persona, io, quanto (indebitamente) quello di terza, Claudia. Nel verso pascoliano, l’unico verbo alla terza persona singolare che concorda con due soggetti rappresenta, nella mia interpretazione, quell’ “unico elemento che, in astratto, dovrebbe essere ripetuto per ciascuno di essi” della definizione.
    Fabio Ruggiano

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