Il treno, fermo alla stazione del paesino, stava per
partire; il capostazione aveva già dato il “fischio” quando, trafelato, giunse
il padre di Armandino: «Tieni – disse al
figliolo – ti ho portato molte marche, ti saranno utili non appena giungerai in
caserma; potrai subito “marcare visita” e ottenere, probabilmente, un periodo
di assoluto riposo; cosí la mamma sarà piú tranquilla, almeno temporaneamente».
Non sapeva il padre – che non aveva servito la Patria, quando la leva militare
era obbligatoria – che le marche non hanno nulla che vedere con l’espressione “marcare
visita” che – nel gergo militare – significa “darsi malato”. Una certa
parentela con la “marca” – nell’accezione che tutti conosciamo – si può
provare, però. Per farlo occorre
prendere il discorso alla lontana. La marca, cioè il bollo che si applica sui
documenti (un tempo si applicava sulla patente di guida, per esempio) per
provare il relativo pagamento di una tassa e simili, viene dal tedesco “marka”,
che significa “segno”. Il verbo marcare, vale a dire contrassegnare con marca,
bollare, annotare, “segnare” viene, infatti dalla voce teutonica “marka”.
Tornando, quindi, all’espressione “marcare visita” sembra che questa derivi
dalla locuzione piemontese “marché a liber” (scrivere sul libro). Coloro che
all’epoca hanno svolto il servizio militare sanno che ogni mattina il caporale
di giornata passava per le camerate con il registro sul quale annotava (‘marcava’,’segnava’)
i nomi dei militari che chiedevano la visita medica. Marcare visita, per tanto, pur provenendo da
un’espressione vernacolare piemontese, può avere – come dicevamo all’inizio –
una certa parentela con il germanico “marka”.
* * *
La parola del giorno (proposta da questo portale):
sincretismo. Sostantivo maschile. Dottrina religiosa o filosofica basata sul “fondere”
insieme i princípi di diverse scuole o di diverse religioni.
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