La parola del giorno
(proposta da questo portale): bucchero.
Sostantivo maschile. Vaso di terracotta rossastra che ha la proprietà di
conservare freschi il vino e l’acqua.
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Gentilissimo dott.
Raso,
spero di non approfittare della sua squisita cortesia. Le scrivo
ancora per un altro quesito. Ai tempi della scuola ho imparato che le parole
tronche non si accentano (e non si apostrofano, salvo qualche eccezione: mo’,
troncamento di modo e po’, troncamento di poco, per esempio). A questo punto
vorrei sapere se è corretto apostrofare la terza persona singolare
del presente indicativo del verbo potere: egli puo’. Mi è stato fatto notare
che l’apostrofo, in questo caso, è errato; ci vuole l’accento: egli può.
Potrebbe chiarirmi le idee? Grazie in anticipo.
Ottavio L.
Terni
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Sí, cortese Ottavio,
l’apostrofo è errato, ci vuole l’accento. Il motivo è semplice:
«può» è la forma tronca dell’antico «puote». Le parole tronche che
originariamente avevano l’accento tonico (accento che si “sente” ma non si
segna graficamente) sulla penultima sillaba lo conservano tramutandolo in
accento grafico. Per questo motivo abbiamo: città (da cittade), virtú (da
virtude); gioventú (da gioventude); beltà (da beltade) e può da… puote.
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