Sul femminile di falegname -- se non cadiamo in errore -- c'è un po' di confusione e i lessicografi, quindi i vocabolari, non hanno raggiunto un unanime accordo. Alcuni non lo attestano affatto, altri propongono l'invariabilità, altri ancora il normale femminile in "-a", falegname/falegnama, per analogia con il femminile di consigliere (consigliera). Questa analogia ci lascia alquanto perplessi perché il femminile consigliera deriva da un sostantivo maschile in "-ere" e buona parte di questi nomi nella forma femminile mutano la "e" in "a", appunto: parrucchiere/parrucchiera; consigliere/consigliera; gioielliere/gioielliera; cameriere/cameriera. Non è il caso, però, di falegname (che non termina in "-ere"). Chi scrive propone, sommessamente, di lasciare invariato il sostantivo, mutando solo l'articolo: il falegname/la falegname; i falegnami/le falegnami. Il lessema in oggetto si può classificare, infatti, tra i nomi epiceni ("genere comune"): il giudice/la giudice; il preside/la preside; il coniuge/la coniuge; il nipote/la nipote; il vigile/la vigile; il presidente/la presidente; il falegname... la falegname. Da respingere decisamente, secondo chi scrive, "donna-falegname" o "falegname-donna" e, obbrobrio, "falegnamessa", come suggerito da qualche pseudolinguista.
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Segnaliamo una parola relegata nella "soffitta della
lingua", ma che andrebbe "rispolverata" perché dal 'sapore'
aulico: insonte.
È un aggettivo e vale innocuo, che non fa male, che non nuoce, che non
danneggia.
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L'italiano, in futuro, che lingua sarà? QUI
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