Le opposizioni attaccano Meloni. Il Pd: "Italia ai margini". Conte: "La pacchia è finita". E Salvini ammette l'isolamento: "Non è intelligente escluderci"
Questo titolo di un quotidiano in rete ci ha richiamato alla mente un nostro vecchio intervento sulla "pacchia". Lo riproponiamo perché non tutti sanno, forse, che cosa è questa pacchia.
«Sbrigati, alzati, la pacchia è finita», urlò il
padre al figlio. «Finalmente anche tu conoscerai i sacrifici da affrontare per
guadagnarsi un "tozzo di pane"». "Fare la pacchia",
cioè godersi la vita senza alcun pensiero; aver trovato il modo di vivere bene,
di mangiare e bere senza lavorare. Quest'espressione è tratta dal
mondo animale. La "pacchia", dal latino "pabula", plurale
di "pabulum" (pascolo), indicava - un tempo - la pastura per gli
animali. Questi, infatti, hanno la loro "pacchia": mangiano e bevono senza
lavorare. Da pacchia è stato coniato il verbo denominale "spacchiare"
(non attestato in tutti i vocabolari), come si può leggere nel
Tommaseo-Bellini:
V. n. pass. Mangiar con piacere o
abbondantemente checchessia. (Man.) – Rammenta Pabulum, e il
gr. Παχὺς, grasso, pingue.
2. [Val.] Spacchiarsela.
Passarsela, Godersela. Fag. Rim. 6. 212. Al mormorio d'un fonte…
M'addormento la state, e me la spacchio. E 6. 240. Cantar lo
lascia a ufo, e se la spacchia. [G.M.] E
altrove: Egli intanto se la spacchia, E fa ognor pompa solenne.
[G.M.] Per estens. Sono stato a sentire la Semiramide di Rossini, e mi ci sono proprio spacchiato (me la son goduta).
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Due parole, due, sul verbo esplodere perché — a nostro modesto parere — molto
spesso viene adoperato impropriamente, se non in modo errato.
Il significato principe del verbo, intransitivo, è scoppiare, deflagrare
e simili: la bomba è esplosa improvvisamente. Buona parte dei vocabolari lo
attestano anche come transitivo calpestando la natura intransitiva del verbo.
Non ci sembra corretto, quindi, dire — come si sente nei vari notiziari
radiotelevisivi e si legge sui giornali — che «i malviventi, prima di allontanarsi, hanno esploso
alcuni colpi di pistola».
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Il femminile di
prefetto (dal vocabolario Treccani in rete)
prefettéssa s. f. [der. di prefetto]. – Donna investita della carica di prefetto (ma è uso non com.: si preferisce il masch. prefetto anche per le donne); scherz., moglie del prefetto.
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Cortese Redazione Treccani,
mi permetto un suggerimento: cassare il lemma “prefettessa” (che sa di ironico oltre che di dispregiativo, come quasi tutte le parole in “-essa”) e mettere il femminile alla voce prefetto (f.-a). Medesimo discorso per il femminile di “questore”.
prefètto s. m. (f. -a)
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Il femminile di questore e di prefetto benché a tutt’oggi il "correttore ortografico" le segnali come forme errate, fin dal 1987 Alma Sabatini, nel suo Il sessismo nella lingua italiana (Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), raccomandava di usare i femminili prefetta e questrice o questora (rispettivamente pp. 113 e 115). (Crusca).
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Abbiamo inviato questa "elettroposta" alla Redazione della Treccani. Vediamo se avrà degli sviluppi.
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*Prefettessa è "immortalata" in numerose pubblicazioni, ma -- ovviamente -- non è un esempio da seguire. Stupisce anche, a proposito del termine corretto prefetta, constatare che il Grande Vocabolario del Battaglia attesti il lemma come voce scherzosa: Prefètta, sf. Scherz. Moglie o figlia di un prefetto. Tarchetti , 6-II- 82: Sii prudente colle ‘ prefette ’. Esse sono tremendamente curiose e tenteranno di conoscere più in là la nostra relazione.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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