di Salvatore Claudio Sgroi
1. L'evento
Come
annunciato dal presidente dell'Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, in "Italiano
Digitale" l'8 ottobre, il Decreto Ministeriale n. 841, emanato dal MUR
(leggi: Ministero dell'Università e della Ricerca; prima MIUR, poi distinto nel
2020 dal MI = "Ministero dell'istruzione") il
15 luglio ed applicato il 28 settembre, prevede un FIS (leggi: "Fondo
Italiano per la Scienza", ovvero per la ricerca scientifica comprensiva
delle discipline umanistiche) di ben 150 milioni di euro per il 2022.
2. Proibito scrivere e anche parlare in italiano
Come
sottolineato con preoccupazione e vigorosamente dallo stesso Marazzini, le
norme per la presentazione dei progetti prevedono:
a) che essi siano
presentati in lingua inglese (e solo in inglese, con esclusione della lingua
italiana), sulla stessa linea dei progetti PRIN (Progetti di ricerca di
interesse nazionale) del 2017;
e
b) -- novità assoluta -- che la presentazione orale dei progetti anche a
commissari italiani avvenga in inglese (e non in italiano), e così pure quanto
agli scambi verbali tra i membri dei comitati.
Tutto
ciò nella logica dell'uso esclusivo dell'inglese nei corsi
triennali e nei dottorati di ricerca dell'Università introdotto fin dal 2012, che
suscitò l'intervento della Magistratura.
3. L'italiano, idioma di serie C, votato al depotenziamento strutturale
L'esclusione
della lingua nazionale -- a tutti i livelli, parlati e scritti a livello
scientifico -- è invero gravida di conseguenze. Non solo significa declassare e
squalificare la lingua da ogni punto di vista, a livello nazionale e
internazionale, ma significa depotenziarla strutturalmente.
Ogni
idioma è infatti caratterizzato dalla proprietà della "onnipotenza
semantica" o "onniformatività". Ovvero qualunque lingua consente
al nativofono di poter dare forma, realtà a qualsiasi pensiero, concetto in
maniera sempre perfettibile, purché venga utilizzata.
Escludere
l'italiano dagli usi parlati e scritti a livello scientifico, comporta un suo
impoverimento a livello lessicale, sintattico, testuale, anche per gli stessi
studiosi delle varie discipline, obbligati all'uso di una lingua straniera,
non-nativa, una gabbia e ostacolo alla fine per la più completa espressione e
comunicazione dei propri pensieri. La stessa verbalizzazione in una lingua
non-nativa ne verrebbe alla fine compromessa.
4. Scelta ministeriale: una scelta anti-costituzionale?
La
domanda, naturale, che viene da porsi è allora: ma il Minist(e)ro della Ricerca
Universitaria e Scientifica (MUR) non ha il compito e il dovere di
"difendere" la lingua nazionale? Non è naturale attendersi una
"macro-fedeltà" alla lingua nativa per i suoi usi nei diversi ambiti,
da quelli quotidiani, informali a quelli più alti, formali e astratti?
Non
rischia questa scelta del MUR, alla fine, di essere una scelta
anti-costituzionale?
4 commenti:
Ha ragione Marazzini o ha ragione il MUR?
E' una domanda veramente difficile questa. La mia risposta è... dipende.
Da amante della propria madrelingua quale io sono sono istintivamente portato a difendere l'italiano come fa Marazzini.
Se però provo a prendere la posizione distaccata di chi guarda la cosa esternamente, l'inglese è la lingua del mondo globalizzato, il livello di conoscenza dell'inglese da parte della nostra classe dirigente e dei ricercatori è mediamente basso (colpa anche di come l'inglese viene insegnato in Italia: come se fosse latino!) Se l'Italia vuole avere un ruolo nel mondo occorre aprirsi all'inglese. C'è poco da fare.
Aavevo scritto un articolo sui tre livelli, le tre temporalità, della Storia spiegati dalla scuola francese della Lunga Durata ( https://www.lavocedinewyork.com/news/primo-piano/2020/04/13/al-tempo-del-coronavirus-la-storia-2-0-per-provare-a-dare-un-senso-a-tutto-questo/ ) l'anno scorso. Credo che sia un modello utile da applicare anche in questo caso. Se quello è il contesto, diciamo che nella dimensione evenemenziale ha ragione Marazzini. In quella congiunturale ha ragione il MUR. In quella geografica non importa chi ha ragione perché la razza umano si sta auto-estinguendo nel momento in cui distrugge l'unico pianeta che ha a disposizione senza un piano B.
In breve, Marazzini assolto perché, in fondo, fa il suo lavoro. Il MUR assolto con le stesse motivazioni. Vi dichiaro marito e moglie. Continuate pure a litigare.
PS: ma se faccio la battuta "è come parlare al MUR" fa ridere?
L'articolo di Luca: QUI .
Ha ragione Marazzini e torto il MUR
Che occorra "aprirsi all'inglese" o all'anglo-americano, in quanto lingua internazionale, anzi globale, come sottolinea l'amico Luca Passani, brillante informatico toscano da anni operante negli USA, non c'è dubbio. E su questo converrà, credo, anche il presidente della Crusca, Claudio Marazzini.
Però "modus est...".
Ovvero nel caso della imposizione dell'uso (scritto e parlato) dell'anglo-americano da parte del MUR, l'aspetto preoccupante è la proibizione del ricorso alla lingua nazionale nelle domande dei progetti di ricerca scientifica ed umanistica in Italia, e senza tener conto dell'oggetto specifico della ricerca, quando invece si poteva ammettere una domanda obbligatoriamente sì in inglese, ma bilingue, alla pari, ovvero sia in inglese che in italiano.
Non solo, ma l'aspetto ancora più paradossale, è la proibizione del ricorso all'italiano parlato negli scambi orali tra i componenti delle commissioni anche se tutti italofoni! Questo vuol dire solo accettare la subordinazione totale della lingua nazionale all'anglo-americano, "a casa propria", in Italia, obbligando gli italo-nativofoni a comunicare tra di loro in una lingua straniera, con inevitabili problemi di verbalizzazione, di resa cioè chiara del proprio pensiero.
Proprio a livello "congiunturale", per riprendere la formalizzazione di Passani, il MUR non ha quindi affatto "ragione", e non può essere "assolto", in quanto rischia di "mettere al bando", anti-costituzionalmente, la lingua nazionale.
S.C. Sgroi
Il prof. Sgroi, che ringrazio per l'attestazione di amicizia (e per il generoso commento su quanto io sia brillante come informatico!) ha ragione quando afferma che discriminare l'italiano nei contesti della ricerca scientifica presenti profili di incostituzionalità.
L'unica osservazione che mi sento di fare è che l'equazione "costituzionale = il meglio per il paese" è tutta da dimostrare. Del resto non possiamo fargliene una colpa se i padri costituenti non avevano previsto la globalizzazione nel 1947,.
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