venerdì 1 ottobre 2021

Sgroi - 115 - La teoria (ideologica) del sessismo morfologico


 di Salvatore Claudio Sgroi

  

1. Assioma

Muoviamo dell'assioma secondo cui la morfologia di una lingua è strutturalmente neutra rispetto all'uso "ideologico" che di essa possono fare per ragioni diverse, anche legittimamente, i parlanti.

Nel caso che ora ci riguarda la presenza del genere grammaticale (maschile e femminile) in italiano non è legata alla funzione di segnalare il sesso biologico/naturale degli esseri animati, umani o anche non-umani. Ovvero il genere grammaticale maschile di un sostantivo come uomo non ha il ruolo, malgrado le apparenze, di indicare un individuo sessualmente / biologicamente maschio, né il genere grammaticale femminile del sost. donna è da collegare con un individuo umano sessualmente / biologicamente femmina. O per fare un esempio di lessema non-umano, il genere maschile di serpente non indica il sesso biologico maschio del serpente, né il genere grammaticale femminile di balena indica il sesso biologico femmina del cetaceo.

 2. Funzione prioritaria del genere grammaticale

La funzione in prima istanza del genere grammaticale è in realtà quella di consentire la coesione morfo-sintattica di un testo ai fini di una migliore comprensione, così nell'es. È una bella donna e non già *è un bello donna; La casa è proprio bella e non *la casa è proprio bello.

 2.1. "Genere grammaticale = sesso biologico (genere naturale)"?

La riprova di questa presunta corrispondenza "genere grammaticale = sesso biologico (genere naturale)", eredità della grammatica latina, è dimostrabile a più livelli.

In italiano la classe dei nomi "promiscui" rimanda a un tempo a referenti maschi o femmine. Per es. il lessema genitore sost. maschile può riferirsi sia alla madre che al padre; la star s.f. può avere come referente sia un maschio che una femmina; la spia s.f. può essere sia uomo che donna; la guida s.f. ha referente maschio o femmina; persona s.f. indica un maschio o una femmina, ecc.

La situazione non cambia con i nomi animati non-umani, ovvero la cosiddetta classe dei nomi "promiscui" o "epiceni"., così la gatta s.f. può indicare sia una femmina che un maschio ('il gatto'); e così nel caso del s.f. iena o del s.m. leopardo, ecc.

Nel caso poi dei nomi al plurale come i figli, i nipoti, gli zii, i parenti, gli amici, i candidati, ecc. il riferimento è inclusivo, ovvero può riguardare sia i maschi che le femmine ('le figlie', 'le nipoti', 'le zie', 'le amiche', 'le candidate').

 2.2. I pronomi personali e allocutivi "promiscui"

Il mancato parallelismo "genere grammaticale = sesso biologico" appare nettamente nella classe dei pronomi personali "promiscui" come io, loro, gli 'a lui, a lei, a loro' e gli allocutivi "tu (personale o anche generalizzato per es. nei messaggi pubblicitari) vs lei (transazionale) vs voi1 sing. it. meridionale 'lei', vs voi2 pl.

Infatti il pronome di prima persona Io può avere referenti sia maschi, sia femmine, es. Io [= parlante Maria] non ero potuta venire VS Io [= parlante Mario] non ero potuto venire; Loro [= i ragazzi] dove sono andati?, Loro [= le ragazze] dove sono andate; il clitico gli vale 'a lui, a lei, a loro' nell'italiano medio o neostandard, es. ho incontrato mia sorella (o mio fratello, o i miei amici) e gli ho detto che li avrei invitati; non diversamente in glielo es. glielo dirò, a mia sorella, a mio fratello, ai miei amici.

Allocutivi: Tu (= interlocutore Paolo) non sei venuto VS Tu (= interlocutore Paola) non sei venuta; Tu pubblicitario: "sgroi tutto incluso da 19,90 Euro: anche la SERIE A! Affrettati"; Lei, cara professoressa, non l'ho proprio vista VS Lei, caro professore, non l'ho proprio vista (e informalmente visto); Caro Professore, la vedo stanco (o stanca); Voi ragazzi dove siete stati?, Voi ragazze dove siete state?; it. merid. Caro Professore, voi non siete venuto?.

 2.3. Gli individui non-etero, non-binari ("gender fluid") e trans

Con riferimento a individui a) non-etero (con pulsioni sessuali cioè verso individui dello stesso sesso) ovvero omosessuale s.m. e f., gay s.m. e f.,  queer s.m. e f., -- b) non-binari ossia "gender fluid" (con pulsioni sessuali verso persone a un tempo dello stesso o diverso sesso, ossia di qualunque sesso), ovvero bisessuale (s.m. e f.) e pansessuale (s.m. e f.); in inglese i non-binari vengono spesso indicati non con i pronomi "he masch. 'lui', she femm. 'lei' o neutro it" ma con "they sing"; e -- c) trans(essuali) (persone che in seguito a interventi chirurgici hanno cambiato sesso biologico, passando da uomo a (>) donna, o da donna a (>) uomo), -- variamente accomunati nelle sigle LGBT "Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender"; -- LGBTQI+ "Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali e affini" (entrambe riportate nello Zingarelli 2021 p. 2663; cfr. anche in Wikipedia) -- c'è da osservare che la lingua dovrebbe disporre di almeno altri tre generi grammaticali. Si ricorre invece a lessemi come i citati omo(sessuale) s.m. e s.f.; o gay s.m. e s.f, queer s.m. e f., e trans- con genere oscillante (s.m. oppure indifferentemente s.f.) con referenti diversi relativi al "maschio > femmina", o alla "femmina > maschio".

Il plurale comunque di questi lessemi -- gli omosessuali, i gay, i diversi, i queer, i bisessuali, i pansessuali, i trans(essuali)(maschio> femmina, e viceversa), tutti s.m.pl. -- è inclusivo, ovvero pluri-referenziale (maschi e femmine).

Muovendo da questa così variegata realtà sessuale, si è anche sentito il bisogno di un anglicismo come cisgender s.m. e f. (uomo e donna) per sottolineare chi invece accetta il suo genere naturale, biologico, senza alcun problema di identità.

 2.4. La coesione morfo-sintattica dei nomi non-animati

Ma l'argomentazione più forte contro il (presunto) parallelismo "genere grammaticale = sesso biologico (o genere naturale)" è costituita dalla presenza delle migliaia di nomi non-animati, ovviamente a-sessuati, il cui genere grammaticale è scopertamente "arbitrario" e la cui funzione -- unica -- è quella di consentire la coesione testuale morfo-sintattica, es. è una bella casa, la cui violazione *è un bello casa sarebbe decisamente a-grammaticale.                                                                                            

3. Il genere grammaticale sessuale fossilizzato

A parte i cosiddetti nomi "indipendenti" o "eteronomi", ovvero lessemi etimologicamente diversi, es. padre s.m. vs madre s.f. o bue s.m. vs vacca s.f. indicanti col genere maschile un maschio e col genere femminile una femmina, nella lingua si ritrovano anche i nomi "mobili" il cui genere grammaticale maschile si oppone a quello femminile per indicare un individuo (o un essere animato) sessualmente maschio rispetto alla femmina, per es. maestro sost. maschile ('maschio') vs maestra sost. femminile ('femmina'), signore s.m. ('maschio') vs signora s.f. ('femmina'), prostituta s.f. vs prostituto s.m. 'gigolò', mamma s.f. vs mammo s.m., oppure leone sost. maschile ('maschio') vs leonessa sost. femminile ('femmina').

In questi casi i parlanti hanno voluto sottolineare con mezzi lessicali (nel caso dei nomi "indipendenti") o con mezzi morfologici (nel caso dei nomi "mobili") il ruolo legato al sesso, e questo potrebbe apparentemente giustificare il ruolo "sessista", morfologico, della lingua. Non va però dimenticato che il ruolo fondamentale, prioritario, in prima istanza del genere grammaticale, comune ai nomi animati (umani e non-umani) e ai nomi non-animati, è quello di permettere la coesione morfo-sintattica, sì da favorire anche formalmente la comprensione di un testo. Quindi quella ragazza è proprio carina e non già *quello ragazza è proprio carino.

4. Scelta "laica"

L'indicazione del sesso naturale, biologico (maschio/femmina) resta invero il più delle volte facoltativo, libero, dipendendo dalla scelta ideologica del parlante. L'es. il direttore del dipartimento può infatti essere riferito sia a una donna che a un uomo. Il parlante non è infatti obbligato a dire la direttrice del dipartimento, specialmente poi quando l'interessata vuole essere assolutamente indicata o interloquita col sost. maschile direttore; e così nel caso di il direttore d'orchestra voluto da Beatrice Venezi (su cui cfr. i precedenti interventi n. 100. "Il direttore d'orchestra" e/a Sanremo mercoledì 17 marzo; n. 101. La femminilizzazione dei nomi e le regole della lingua italiana. A proposito di "direttore/direttrice d'orchestra", sabato 20 marzo); non diversamente nel caso de il presidente della società di linguistica (o della Camera) riferito a una donna, a meno che l'interessata non voglia essere designata  come la presidente della società di linguistica (o della Camera).

Attualmente, come è noto, non pochi nomi di professione, sost. maschili, mobili (-o/-a) e "ambigeneri" (con l'art. il) con referenti tradizionalmente maschi sono stati oggetto di critica da parte dei movimenti femministi, inizialmente negli USA, in quanto dovrebbero essere rimpiazzati da lessemi femminili designanti donne (per es. notaio/a, avvocato/a, magistrato/a; ministro/a, sindaco/a, il/la dirigente, il/la preside, ecc.) per sottolineare il ruolo assunto dalle donne nella nostra società. Un scelta lessicale "ideologica" naturalmente di tutto rispetto, che però non può essere imposta -- in una prospettiva "laica" -- a chi invece, senza misconoscere il nuovo ruolo delle donne o essere anti-femminista, parlando non vuole enfatizzare l'aspetto sessuale ma vuole solo indicare il ruolo indicato dal lessema indipendentemente da chi (maschio o femmina) lo esercita, ben consapevole che la funzione prioritaria del genere grammaticale è quella di creare la coesione morfo-testuale normativamente da non violare (il preside non è venuto; *il preside non è venuta).

 5. Il morfema di genere e scelte grafiche

Chi, lasciando sullo sfondo la più volte ribadita funzione primaria di coesione morfo-sintattica del genere grammaticale, sottolinea il ruolo secondario della indicazione del sesso biologico (genere naturale) ha fatto ricorso a più soluzioni grafiche.

Da un lato opta per coppie lessicali tradizionali con anteposizione del sost. femm., per es. "Signore e Signori", "Care amiche e cari amici"; oppure sceglie la variante brachilogica isolando il morfema grammaticale di genere mediante ricorso alla sbarra obliqua es. "Carissime/i". Una terza possibilità, brachilogica, ma uscendo dai simboli alfabetici, è il ricorso all'asterisco, per es. Carissim*, Car* tutt*. Il morfema del plurale maschile e femminile è qui indicato con un segno non-alfabetico, ovvero con un ideogramma (o logogramma), costituito cioè da un disegno a stella (*), ovvero da un significante non-sonoro che rimanda a un significato grammaticale multiplo (genere e numero), analogo per intenderci ai numerali come "1" che indica il valore di una cifra ma non trascrive la pronuncia /uno/.

 5.1. Due proposte eccentriche

Più di recente, sono invece prevalse, con varia fortuna, due ulteriori soluzioni, singolari se non eccentriche. Il ricorso al grafo <u> col valore di morfema del plurale maschile e femminile, per es. Carissimu, Caru tuttu. Un inconveniente invero non piccolo, data la omografia tra la lettera <u> dell'alfabeto, fonologicamente /u/, e tale <morfo-grafo>.

Una ulteriore proposta, avanzata da Vera Gheno (in questa sede già criticamente analizzata (cfr. Sgroi n. 78. La "terza via" dell'anti-sessismo linguistico di Vera Gheno, venerdì 25 sett. 2020) e occasione di garbata ironia su "Linkiesta.it", prevede il ricorso allo schwa, ovvero al simbolo dell'alfabeto fonetico internazionale <ə> , ess. Carissimə, Carə tuttə. Qui l'inconveniente è quello di introdurre un simbolo che rinvia a un suono-fonema inesistente in italiano (comune invece in francese), che va quindi decisamente contro la struttura fonologica dell'italiano. L'innovazione grafica è stata adottata da Michela Murgia. Come informa Aldo Grasso (La lingua e il (difficile) salto nell’inclusività, in "Corriere.it, 22 agosto 2021),  "durante la rassegna stampa di Radio Radicale, Flavia Fratello, giornalista de La7, ha tentato di leggere un pezzo di Michela Murgia", "ma il vero problema è stato formale, meglio orale. Fratello calca un po’ la mano (la voce) ma l’effetto è esilarante".

Il côté paradossale di quest'ultima proposta è costituito dal suo successo, adottata com'è stata anche da una casa editrice e addirittura da una pubblica amministrazione emiliano-romagnola.

Non sembrano invece aver avuto molta fortuna altre "originali" proposte grafiche, con la chiocciola es. Car@, col cancelletto es. Car#, o col punto interrogativo es. Car?, o ancora <car>, <carx>, <cary>.

 6. Benedizione "laica"

Alla fine, "laicamente" ogni scelta è a mio giudizio lecita. Il lettore si comporterà come meglio riterrà opportuno.

Concludendo, alla luce di quanto sopra, -- sottolineando sempre la funzione prioritaria di coesione morfo-sintattica del genere grammaticale, -- non si può non condividere l'analisi equilibrata e ampiamente descrittiva degli usi su visti, non meno che critica verso le ultime due proposte, avanzata da Paolo D'Achille Un asterisco sul genere come risposta (ben 10 pp.) ai "Quesiti" posti dai lettori nella rubrica "Consulenze linguistiche" della Crusca, ora in rete in "Italiano digitale" XVIII, 2021/3 (luglio settembre).

 

Sommario

1. Assioma

2. Funzione prioritaria del genere grammaticale

2.1. "Genere grammaticale = sesso biologico (genere naturale)"?

2.2. I pronomi personali e allocutivi "promiscui"

2.3. Gli individui non-etero, non-binari ("gender-fluid") e trans

2.4. La coesione morfo-sintattica dei nomi non-animati

3. Il genere grammaticale sessuale fossilizzato

4. Scelta "laica"

5. Il morfema di genere e scelte grafiche

5.1. Due proposte eccentriche

6. Benedizione "laica"

 


 

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