martedì 19 ottobre 2021

“Italian language week”

 Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo

La settimana della lingua italiana andrebbe ribattezzata “Italian language week”, o meglio ancora “Italian language seven days”, perché ci sono poche altre parole che godano in Italia altrettante simpatie quanto il termine “day”.  

Il “click day” è forse l’ultimo in ordine di tempo di una sfilza di “day” che non sembra aver mai fine.  

Io non so quale fu il primo avvenimento a venir designato in Italia con un titolo composto con la desinenza “day”, suscitatrice di grandi entusiasmi presso l’intellighenzia e il popolo della penisola. Da allora, questo fortunato anglicismo ha fatto “carne di porco” ; è proprio il caso di dire così, visti i tanti “porchetta-day” che si sono da allora succeduti. Molti ormai chiamano cosi’ le sagre paesane all’insegna della porchetta. Un’altra porcata linguistica, insomma…
Mi azzardo a dire che la popolarità di “day” è forse dovuta all’assonanza che “day” ha con “gay”, parola nobilitante che ha rimpiazzato gli insultanti termini di un tempo come “fro…”, “chec…”, “culat…” finiti fortunatamente al macero. Oso poi a dire che nel subcosciente di noi Italiani, figli della Liberazione, agisca il mitico “D-Day” dello sbarco degli Alleati in Normandia, e del precedente sbarco in Sicilia che installò da noi, insieme con le basi militari americane, anche la passione per la lingua pseudo inglese.
Da allora gli italiani tutti, e non solo i filoamericani ma anche gli antiamericani, non smettono mai con i loro “days”.  

Oltre all'“Election Day”, legge del parlamento italiano, vi sono stati il “Family day”, lo “Young day” (sic), voluto da Alfonso Pecoraro-Scanio per rimettere al centro il problema dei giovani e del precariato, i “Referendum days” dei radicali, il “Maiale day” dei leghisti contro la costruzione di una moschea, il “No tax day” del Pdl contro il sindaco di Milano Pisapia, il “No porcellum day”, il “No Berlusconi Day”, il “No Salvini Day”, il “No Renzi Day”… E tanti altri “day” che sarebbe troppo lungo menzionare, o di cui si è persa la memoria.
Alcuni “day” sono durati solo qualche giorno, altri sono durati molto di più rendendo molto bene. L'”Election Day”, ad esempio, ha avuto gran successo per diversi politici, tra cui una sfilza di nostri primi ministri, compreso l’attuale, divenuti tali senza essere mai stati eletti. È dunque vero: perché una legge abbia successo in Italia occorre darle un titolo inglese. Vedi la legge sullo stalking che ha dato origine a moltissimi procedimenti penali.
Io proporrei oggi, invece, una legge contro i personaggi che ci perseguitano in Tv nei quotidiani “talk show”, veri “stalker show”.
Lo slogan della campagna di reclutamento della marina militare italiana di un paio di anni fa – “Be cool and join the Navy” – non ebbe gran successo, benché il marziale invito fosse stato rivolto agli italiani interamente nella magica parlata inglese. Ma il messaggio non conteneva il fatidico, imprescindibile “day”. Fu un errore imperdonabile.
Nell’attuale periodo, in cui l’indice di riproduzione da coronavirus (Rt) desta ancora qualche preoccupazione, il mio pensiero va al “Fertility Day” – lanciato nel 2016 dal ministro della salute Beatrice Lorenzin. Un “Fertility Day” che purtroppo partori’ solo polemiche; tra cui quella innescata da Roberto Saviano, secondo il quale “Fertility Day” era “un insulto a chi non riesce a procreare e anche a chi vorrebbe ma non ha lavoro”.
È doveroso anche ricordare il glorioso “Vaffa… day” di Beppe Grillo contro i politici italiani.
A suo tempo, a dire il vero, io proposi un “F… off day” o “F… you day” o “Go f… yourself day”, secondo i gusti, per tutti i ridicoli scimmiottatori della parlata americana, legioni nella Belpaese. Ma la mia richiesta non fu accolta, e per me quello fu un “dies” – pardon: un “day” “nigro signanda lapillo”.

Claudio Antonelli (Montréal)



 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dottor Antonelli, non tutti gli Italiani si comportano come li descrive Lei.
Ci sono anche Italiani, schifati da questa manovra di sostituzione del vocabolario nostrano con altro estraneo, che si ostinano irremovibili ad usare parole italiane, costi quel che costi.

Cordiali saluti

Renato P.