Da un giornale: «Gli
odii razziali». Il plurale di odio è odi, con una sola i in
quanto la grammatica prescrive la doppia i solo per le parole in -io
con la i tonica, come, per esempio, addio che fa addii
oppure oblio che diventa oblii. E a proposito di razziale, molti
adoperano il sostantivo razzista con valore aggettivale: politica razzista. In
buona lingua è preferibile solo l'aggettivo razzistico: teoria
razzistica.
Molti non
concorderanno su quanto stiamo per scrivere, anche perché siamo smentiti dai
vocabolari e da illustri Autori (primo fra tutti il Manzoni). Ma tant’è. A nostro
avviso gli avverbi in -oni (cavalcioni, ginocchioni, ecc.) – come tutti
gli avverbi – non debbono essere preceduti dalla preposizione “a”: Giulio
camminava carponi per non farsi vedere. Diciamo, per caso, a
lentamente? Perché, dunque, a carponi, a ginocchioni, a tentoni e
via dicendo?
Abbiamo notato
che molti testi (se non tutti) di
lingua, anche quelli di autorevoli esponenti della “lingua ufficiale”, tralasciano la
trattazione del complemento di circostanza. Questo complemento, invece – anche
se poco conosciuto, perché “snobbato” da
molti autori, appunto – è importantissimo in quanto compare di frequente nel quotidiano
linguaggio familiare. Va conosciuto, quindi, e adoperato in modo corretto. I
complementi, dunque, chiamati anche
“espansioni” o “determinazioni”,
lo dice la stessa parola che viene dal latino
“complère” (completare), servono a "completare", a “determinare”, a “espandere” in modo piú
ricco e dettagliato lo schema-base della frase, costituito dal soggetto e dal
predicato (verbo). Quando diciamo, per esempio,
“Franco legge un libro”, con la parola
“libro” completiamo o
“espandiamo” in modo dettagliato lo schema-base della frase “Franco legge”. In questo caso abbiamo il
complemento oggetto (libro). Tra i complementi, dicevamo, bisogna includere
quello di “circostanza” che indica in
quali circostanze (temporali, fisiche, ambientali ecc.), appunto, si verifica
l’azione espressa dal predicato. Si riconosce facilmente perché risponde alla
domanda (sottintesa) “in quali
circostanze?”, “in quali condizioni?” ed
è introdotto dalla preposizione “con”:
ho letto quel libro “col ” mal di testa.
In quali condizioni (ero quando) ho letto il libro? “Col ” mal di testa (complemento di
circostanza). Dimenticavamo, per concludere, di raccomandarvi di prestare
attenzione al fatto che, a volte, il complemento di circostanza si può
confondere con quello di causa, essendo, il primo complemento, affine a
quest’ultimo: cammina con la testa bassa (complemento di circostanza); con
tutti quegli acciacchi (complemento di causa) non potrà uscire di casa.
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