venerdì 9 dicembre 2016

Diventare colonnello


Gentilissimo dott. Raso,
sento il bisogno di ringraziare lei e l'editore che ha messo in libera fruizione il suo preziosissimo libro:  perle veramente "indispensabili" per un uso corretto della nostra bellissima lingua. Colgo l'occasione per una curiosità linguistica. Mi è venuta alla mente una locuzione che sentivo spesso da mia nonna: "diventar colonnello". Non ho mai saputo il significato "nascosto" di quest'espressione. Sa dirmi qualcosa in proposito? Grazie in anticipo se avrò una sua cortese risposta. Ancora  grazie e complimenti per il suo libro e per il suo meraviglioso blog.
Luisa M.
Trento
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Cortese Luisa, grazie a lei per le belle parole che ha voluto rivolgermi. Quanto alla sua "curiosità",  la locuzione - per la verità - non è molto conosciuta e non fa alcun riferimento alla carriera militare, anche se il detto trae origine da questa. Chi diventa colonnello, dunque? La persona che per svariati motivi è malferma sulle gambe e, quindi, non può camminare. Un tempo le truppe erano tutte appiedate, il privilegio del cavallo spettava solo al comandante, al colonnello. Di qui è nata, per l'appunto, l'espressione "diventar colonnello", riferita alla persona che affetta da "acciacchi" ai piedi o alle gambe non può andare a piedi ma a cavallo, come un colonnello. Oggi il cavallo è stato sostituito da mezzi  moderni, ma la locuzione, anche se non molto conosciuta, è rimasta.

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La parola che andrebbe rimessa a lemma nei vocabolari: cacheroso. Aggettivo, dal "sapore" un po' volgare, che vale lezioso, smanceroso, sdolcinato e simili.




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La lingua "biforcuta" della stampa


La sindaca ha ricevuto i cinque marocchini a cui era stato impedito di prendere possesso della casa Ater legittimamente assegnata per le proteste e gli insulti razzisti dei vicini. Che ora chiedono alloggio in un posto meno ostile

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A nostro avviso il sommario in questione contiene due errori, uno veniale l'altro mortale. Il veniale è nella costruzione ambigua. Cosí formulata sembra che la casa sia stata legittimamente assegnata "per le proteste e gli insulti razzisti dei vicini". In buona lingua il sommario avrebbe dovuto recitare: «La sindaca ha ricevuto i cinque marocchini a cui era stato impedito, per le proteste e gli insulti razzisti dei vicini, di prendere possesso della casa Ater legittimamente assegnata». L'errore mortale si riscontra nella collocazione del pronome "che". Questo pronome si riferisce - per legge grammaticale - al termine che lo precede immediatamente (i vicini), anche se prima del pronome c'è un punto fermo. Sono i vicini, quindi, che chiedono un alloggio in un posto meno ostile. Perché il costrutto funzioni "correttamente" occorre togliere il "che".

Dallo stesso quotidiano in rete:

Trentatre fermati, la protesta non era autorizzata 

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Forse è il caso di ricordare che il "tre" si accenta obbligatoriamente quando forma un numero composto: trentatré. Nella pagina interna il numero è scritto in cifre (33).

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I lettori che ravvisino strafalcioni orto-sintattico-grammaticali in testi giornalistici possono scrivere a albatr0s@libero.it. Gli "orrori" saranno pubblicati ed esposti al  “pubblico ludibrio”.



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