lunedì 15 novembre 2010

«Quí» e «quà»


La nostra lingua, si sa, cambia con il trascorrere del tempo: ciò che oggi è considerato un errore non lo era secoli fa (e viceversa, se fosse possibile). Se, oggi, qualcuno scrivesse gli avverbi di luogo “quí” e “quà” , con tanto di accento, sarebbe messo alla gogna. Non era cosí, invece, qualche secolo fa. Si veda, in proposito, il collegamento in calce.
http://books.google.it/books?id=skwVAAAAYAAJ&pg=PA498&dq=qu%C3%A0&hl=it&ei=GnLgTLmlCobP4ga4ufj6Bw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CB0Q6AEwAA#v=onepage&q=qu%C3%A0&f=false


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I porchi comodi...

Qualcuno - se non tutti - strabuzzerà gli occhi: “porchi”!? Come è possibile un simile strafalcione? No, amici, non è uno strafalcione.
Tutti i “sacri testi” che abbiamo consultato tacciono sull’argomento, ma “porchi” è forma correttissima. Quando il sostantivo ‘porco’ è usato in funzione aggettivale con il significato di “spregevole”, “indecente”, “orribile” e simili, nella forma maschile plurale “può” prendere la desinenza “-chi” in luogo di quella comunemente in uso “-ci”. A voler sottilizzare, anzi, porchi ‘sarebbe’ la sola forma corretta perché i sostantivi in “-co” piani (con l’accento tonico sulla penultima sillaba) nel plurale conservano il suono gutturale; quelli sdruccioli, invece, lo perdono. Naturalmente non mancano le eccezioni e porco è una di queste; in funzione di sostantivo, infatti, il plurale “corretto” è porci.

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