Tutti dovremmo sapere che — stando alla regola generale — i verbi transitivi, nella forma composta attiva prendono l’ausiliare avere (ho amato), in quella passiva l’ausiliare essere (sono lodato).
Gli intransitivi, avendo soltanto la forma attiva, prendono ora l’ausiliare avere
(ho dormito), ora l’ausiliare essere (sono partito)
secondo l’uso comune. Solo un buon vocabolario potrà sciogliere i dubbi che
possono di volta in volta insorgere a tale riguardo.
Nonostante ciò ci capita di leggere sulla stampa frasi in cui l’uso
dell’ausiliare è errato. Vediamo, piluccando qua e là, alcuni esempi in cui
l’ausiliare è, per l’appunto, errato; in corsivo l’ausiliare errato, in
parentesi quello corretto.
Una immensa folla ha affluito (è affluita) in piazza S. Pietro per
ascoltare le parole del Pontefice; dopo l’incidente il treno è (ha)
deviato presso la stazione più vicina; l’incendio, che ha (è) divampato
rapidamente, ha impegnato per molte ore i vigili del fuoco; le Frecce Tricolori
sono sorvolate (hanno sorvolato) su piazza del Popolo; la notizia
clamorosa dell’arresto eccellente ha dilagato (è dilagata) rapidamente
per tutta la città; l’operazione di polizia ha avuto luogo appena ha (è)
annottato; il ragazzo stava per morire dissanguato perché il sangue aveva
(era) fluito dalla ferita per parecchie ore.
Potremmo continuare ma ci fermiamo qui. Un’ultima annotazione. Per l’uso
corretto degli ausiliari è bene consultare più vocabolari: molto spesso uno
contraddice l’altro. Se due su tre concordano... siamo quasi sicuri.
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Deflettere -- forse pochi sanno che il verbo in oggetto, intransitivo e della II coniugazione, che vale "deviare", "volgere", "piegare", adoperato figuratamente sta per "piegarsi", "cedere", "mutare opinione": Giovanni non ha deflettuto dai suoi propositi.
Nientemeno -- alcune persone, anche quelle cosí dette acculturate, credono che nientedimeno e nientemeno abbiano il medesimo significato e adoperano, quindi, i due termini indifferentemente. No, hanno accezioni e usi diversi. Il primo, avverbio e congiunzione avversativa, sta per tuttavia, non per tanto. Il secondo è solo avverbio e significa nondimeno. Si possono adoperare indifferentemente solo nelle esclamazioni perché entrambi indicano, in questo caso, l'idea di meraviglia: ha scomodato, nientemeno, il direttore; sei corso subito? Nientedimeno!
Accanto — si può scrivere
anche in due parole: a canto; meglio in unica parola, però.
Si fa seguire dalla preposizione a: stava sempre accanto a te.
Ci sembra doverosa questa precisazione, cortesi amici, perché la stampa
continua, inesorabilmente, a non rispettare la regola grammaticale.
L'avverbio ha anche l'accezione, non comune, di a paragone di: Accanto
a Giovanni Pietro ha fatto una figura migliore.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Quanto pesa la corona che indosserà re Carlo III?
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"Indossare la corona" non ci sembra una locuzione corretta perché indossare significa "mettere addosso"; la corona, pertanto, non si indossa ma si mette sulla testa come il cappello, quindi si calza. La Crusca, per bocca del compianto prof. Giovanni Nencioni (già presidente emerito dell'Accademia) sembra darci ragione.
(Le
immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i
diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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