Le congiunzioni perché e poiché pur introducendo entrambe una proposizione causale con il verbo all’indicativo, a nostro modo di vedere, non si possono usare indifferentemente. La prima (perché) indica una causa che si suppone l'interlocutore non conosca: non posso venire conte te, perché debbo tornare in ufficio; la seconda (con un significato più preciso: dal momento che; dato che; visto che; siccome e simili) indica un/il motivo che si suppone l'interlocutore sia a conoscenza: poiché (visto che, dal momento che ecc.) mi costringi, ti dirò la verità. È solo una nostra pedanteria? Può darsi.
Sperando di non cadere nella pedanteria ci piace spendere
due parole, due, su un aggettivo che, a nostro modesto avviso, andrebbe
adoperato solo in senso proprio (anche se i vocabolari ci danno... torto): squallido.
Le cronache dei giornali sono un esempio lampante dell’uso improprio
dell’aggettivo su menzionato. Il vocabolo, dunque, significa rozzo, sudicio
e simili essendo tratto dal latino 'squalidus', dal verbo 'squalere' (essere
aspro, ruvido).
È adoperato correttamente, quindi, in frasi tipo è proprio una casa
squallida, cioè misera, rozza, arredata con mezzi di fortuna.
La stampa, ma non solo, ne fa un uso metaforico adoperandolo, a ogni piè
sospinto, con considerazioni morali: «il delitto è maturato nello squallido
ambiente della prostituzione; l’imputato ha svolto un ruolo di primo piano in
quella squallida vicenda».
Squallido, è bene precisarlo, è tutto ciò «che si trova in uno stato
d’abbandono e di miseria, tale da infondere tristezza»; l’uso eccessivo in
senso metaforico ha reso quest’aggettivo... squallido. Non sarebbe il
caso di adoperare, volendo fare un apprezzamento morale, i più appropriati
sostituti avvilente e deprimente? «Una vicenda avvilente, un
ambiente deprimente». Sappiamo benissimo di... predicare al vento. Non si
sa mai, però...
Due parole, due, sul pronome riflessivo sé perché non
sempre è adoperato correttamente.
Innanzi tutto si scrive sempre con l’accento, anche quando è seguito da stesso
o da medesimo e si riferisce solo al soggetto (sia singolare sia
plurale) della proposizione.
Quando non è riferibile al soggetto va sostituito con lui, lei, loro,
secondo i casi; diremo o scriveremo, quindi che «il bambino già si veste da sé»
e che «la mamma ha voluto che i figlioli andassero con lei».
Quando il soggetto è plurale, secondo alcune grammatiche, il sé può
essere sostituito con loro; lo deve essere sempre, invece, quando si
vuole indicare un’azione reciproca.
Sono errate, per tanto, alcune frasi che abbiamo estrapolato dalla stampa: «Il
cantante, attesissimo, non sapeva che tutti parlavano di sé»; «Il mondo
andrebbe meglio se gli uomini si amassero e parlassero di più tra sé».
Probabilmente poche persone sanno che il verbo irridere può
essere sia transitivo sia intransitivo; tutti i vocabolari — tra quelli che
abbiamo consultato — attestano solo la transitività.
Questo verbo, dunque, è transitivo quando sta per deridere, schernire e
simili, e si costruisce, quindi, con il complemento oggetto: lo irrisero
tutti; è intransitivo, invece, quando si adopera con il significato di mostrare
disprezzo: gli astanti irrisero alla sua bontà.
(Le
immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i
diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
Nessun commento:
Posta un commento