di Salvatore Claudio Sgroi
1. L'evento:
decreto per "incontrare congiunti"
Il decreto del 26 aprile (in vigore dal 4
maggio) del presidente del consiglio Giuseppe Conte con cui si avvia la cosiddetta
"Fase due", dopo il lockdown della Fase-1, permette “spostamenti per incontrare
congiunti, purché venga
rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di
almeno un metro e vengano usate protezioni delle vie respiratorie”.
Come
era inevitabile, nei media e non solo, sono nate discussioni e polemiche su
cosa intendere con "congiunti", ovvero 'chi sono i congiunti', qual'è
il significato 'referenziale', denotativo, oggettivo del termine 'congiunto'?.
1.1. Il congiunto
lessicografico
Un termine colto, il sost. per lo più masch. congiunto, ma riferibile a uomini e donne, come etichetta il De Mauro 2000, è
voce CO[mune], ovvero nota a laureati e diplomati, ed è definita
sinonimicamente con 'parente, familiare'. Per contrapposizione quindi i congiunti escludono non solo gli
'estranei', ma anche 'gli amici'.
Il sin. parente a sua volta,
stando sempre al De Mauro, è parola di "A[lta]D[isponibilità]" per
tutti gli italiani minimamente acculturati, ed è a un tempo "T[ermine]S[ettoriale] del dir[itto]",
indicante "chi è legato ad altre persone da vincoli di consanguineità";
e si prevede anche il "parente acquisito, non consanguineo, diventato tale
in seguito a un matrimonio", per es. il
cognato o il suocero, indicati anche come "affini" ("TS dir." in De Mauro e
databile 1330 nel DELI).
Il familiare s.m. e f., voce di A[lto]U[suo], è a sua volta
"persona della famiglia", e quindi
"consanguineo, parente".
Infine, il consanguineo, termine CO[mune] sempre
per il De Mauro, è "chi è legato da parentela sia in linea diretta che
collaterale".
Ancora col DELI e
col Battaglia apprendiamo che il termine congiunto è attestato almeno dal sec. XIII con Inghilfredi
(Scuola poetica siciliana).
Se il
significato del termine congiunto è
abbastanza chiaro, anche
se non definito per enumerazione dei vari referenti, fa parte della competenza lessicale degli
italofoni mediamente colti, come si spiega il vespaio di critiche suscitato da
tale termine?.
2. La teoria linguistica di Eugenio Coseriu
Un chiarimento
può venirci dall'analisi di tale termine, e in genere di casi analoghi, alla
luce della teoria linguistica di Eugenio Coseriu (1921-2002), uno dei Maestri della linguistica otto-novecentesca.
Per
Coseriu ogni lingua storica è un «sistema» potenziale di regole e di segni, che
si realizza in «norme» (o «usi») sociali e individuali di parlanti, colti o
incolti che siano, per fini comunicativi ed espressivi.
Due sono per Coseriu
le funzioni del linguaggio: a) la
(humboldtiana) «creatività» individuale, che si manifesta come varietà e b) la (aristotelica) «alterità»
interazionale, sociale, che si realizza come omogeneità o uniformità, legata al
fatto che il linguaggio esiste per gli altri, per parlare con gli altri e
quindi anche come gli altri.
Il
linguaggio presenta poi due piani: I) quello «biologico», della normalità
psico-fisica, non-patologica, senza la quale sorgono problemi di disturbi del
linguaggio (afasia, ecc.), che potrebbero compromettere la possibilità di
realizzazione linguistica individuale e sociale; -- e II) quello «culturale»,
legato cioè al condizionamento sociale, in base a cui l'individuo acquisisce
una qualsiasi «lingua storica», che gli consentirà alla fine di dare forma
linguistica, logica, e adeguata ai propri pensieri.
Sul
piano culturale Coseriu distingue quindi tre ranghi o livelli:
(i)
Il rango individuale, espressivo,
proprio di chi, in quanto parlante nativo, sa usare la lingua nelle diverse
situazioni comunicative.
(ii)
il rango storico-linguistico, il
«sapere cioè una lingua particolare», quale che essa sia, nativamente come
prima lingua (o come lingua seconda/straniera per uno straniero).
Tale
rango implica a sua volta:
a) il «sapere una
lingua» da parte di un nativo, correttamente; e comporta l'adozione della norma
di solidarietà, il parlare come gli altri entro lo stesso ambito
funzionale, con conseguente garanzia della continuità della lingua storica.
E il suo uso può risultare "corretto" o "inappropriato"/"improprio.
b) Il 'saper una lingua' da parte di uno straniero può invece presentare interferenze specifiche. E il suo uso sarà giudicato «corretto» o «incorrecto» cioè "scorretto", per es. nel caso della pronuncia occasionale pandèmia, trisillabica, di papa Francesco "allo-italofono" e nativo-ispanofono, anziché pandemìa, quadrisillabica, analizzata nel precedente intervento del 25 aprile (n. 61).
b) Il 'saper una lingua' da parte di uno straniero può invece presentare interferenze specifiche. E il suo uso sarà giudicato «corretto» o «incorrecto» cioè "scorretto", per es. nel caso della pronuncia occasionale pandèmia, trisillabica, di papa Francesco "allo-italofono" e nativo-ispanofono, anziché pandemìa, quadrisillabica, analizzata nel precedente intervento del 25 aprile (n. 61).
Infine
(iii) c'è il rango universale, locutivo, o di verbalizzazione, relativo
cioè al saper comunicare, saper
dialogare, saper parlare/scrivere in maniera logica, coerente, non-contraddittoria,
senza incongruenze, -- e questo indipendentemente da una lingua specifica --,
ma piuttosto sulla base della conoscenza generale del mondo.
3. Giudizio sul
decreto ministeriale e sua inadeguatezza referenziale
Alla
luce di quanto sopra, è indubbio che il testo ministeriale, in quanto prodotto
da italo-nativofoni/nativografi, e per di più colti (il presidente del
consiglio è tra l'altro avvocato e docente universitario), è corretto sia per
quanto riguarda (i) il Rango individuale che (ii) il Rango storico-linguistico,
realizzati peraltro in una lingua nativa. Ma anche il Rango (iii) universale-locutivo
ha una sua coerenza logica nella scelta lessicale del termine
"congiunti", in realtà per niente ambiguo, e al di là del suo uso
nell'art. 307 del codice penale.
L'insoddisfazione
del testo è stata in realtà determinata dal fatto di essersi limitato a
indicare solo "i congiunti", senza tener conto della varietà dei
rapporti umani. Il tipo di intervento imponeva quindi il riferimento anche ad
altri individui diversi dai congiunti. E infatti, dai "congiunti"
erano escluse, come è stato fatto notare, categorie di persone diverse, quali
"i fidanzati" (stabili o meno), i "conviventi", gli
"amici", i "single", gli "anziani soli senza
figli", "i vicini", e perché non "l'amante" o i
gay-uomini/donne, ecc. la lista è facilmente allungabile. Il testo andava
insomma diversamente formulato si dà includere tutti, chiunque, sostituendo per
es. in "incontrare congiunti" il
sostantivo "congiunti" con l'indefinito "altri" e dire tout court: "incontrare
altri".
Sommario
1.
L'evento: decreto per "incontrare congiunti"
1.1. Il congiunto lessicografico
2. La teoria
linguistica di Eugenio Coseriu
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