Scartabellando tra le
nostre cose ci è capitato tra le mani un articolo scritto oltre venti anni fa.
Lo proponiamo ai nostri amici lettori perché è ancora di una "attualità
sconvolgente".
Dalle pagine culturali di "Repubblica" apprendiamo
una notizia che potremmo definire "storica" e che attendevamo da
tempo: l'Accademia della Crusca lancia
un grido d'allarme sulla sciatteria grammaticale che inesorabilmente sta
dilagando nella lingua italiana scritta. Sotto accusa libri e giornali dove
frequenti sarebbero imprecisioni ed errori. Alleluia, alleluia. Non siamo piú
soli, noi, umili linguai, nella battaglia che da anni combattiamo - da queste
colonne - per ridare dignità alla lingua
di Dante, un tempo "idioma gentil sonante e puro", per usare le
parole di Vittorio Alfieri. Lingua
ridotta, dai cosí detti operatori dell'informazione (soprattutto da quelli
sfornati dalla scuola di oggi) a un'accozzaglia di parole errate maritate a un
barbarismo inopportuno. Nella sua disamina il presidente della Crusca, il professor
Giovanni Nencioni, fa l'esempio della "e" verbo scritta, il piú delle
volte, con l'accento acuto in luogo di quello corretto che deve essere grave
(è). «Non di rado - prosegue il prof.
Nencioni - si fa confusione fra il "se" congiunzione e il
"se" pronome personale, al punto che l'accento viene messo dove non
va, oppure viceversa e talvolta non appare mai in ogni caso». Ne approfittiamo
per ribadire - ancora una volta - che il "se" pronome deve essere
sempre accentato, anche quando è seguito da "stesso" e
"medesimo" (sé stesso, sé medesimo). La "legge" scolastica
che stabilisce di non accentarlo è un arbitrio. Quanto alla doppia
"b" in parole come "obbiettivo" o "obbiezione" -
fa sempre notare il presidente dell'Accademia - non è un errore, ma è meglio
con una sola "b" cosí i termini appaiono piú vicini alla radice
etimologica latina. Non sappiamo se nella "denuncia" del prof.
Nencioni siano compresi i barbarismi di cui sono infarciti, sempre di piú, gli articoli redatti dai cosí detti giornalisti
che fanno la lingua, inducendo in errore i lettori sprovveduti. Amici della
carta stampata, basta con l' "anglofilia"! Non è concepibile che per
leggere un giornale italiano occorre aver frequentato i corsi dell'università
di Cambridge. Adoperate la lingua madre e, possibilmente, in modo corretto.
Tremiamo al pensiero che i giovani che si avvicinano per la prima volta al
mondo della carta stampata possano leggere frasi del tipo «l'aereo è decollato
alle 14,30», in cui sono evidenti due
strafalcioni: uno "mortale", l'altro "veniale". L'errore
mortale è l'uso dell'ausiliare essere con il verbo decollare, quello veniale è
rappresentato dalla virgola che separa le ore dai minuti. "Fior di
firme" giornalistiche ignorano completamente le norme grammaticali che
regolano l'uso degli ausiliari con i verbi intransitivi che indicano un moto:
l'aereo "ha" decollato, questa è la sola forma corretta. Quanto alle
ore si devono adoperare i due punti (o un punto) per separarle dai minuti, non
la virgola perché non si tratta di numeri decimali (14:30 oppure 14.30). Queste
stesse firme scrivono "fidejussione"
(con tanto di "j") ignorando che il termine proviene dal
latino classico, che "conosce" solo la "i" normale:
fideiussione. Che cosa fare, allora? La Crusca, per bocca del suo presidente,
dice che «bisognerebbe che qualcuno avesse autorità di intervenire sugli autori
e sulle tipografie in modo da utilizzare un sistema grammaticalmente omogeneo.
Ma in Italia, a differenza della Francia, non esiste nessun organismo che
regolamenti la lingua e cosí se ne subiscono le conseguenze negative che
influiranno sul patrimonio linguistico». Ci consenta, prof. Nencioni, non è
necessaria la nascita di un organismo, è sufficiente che la scuola sforni
futuri giornalisti che conoscano la lingua, vale a dire che abbiano studiato -
con la massima serietà - la grammatica e la sintassi. E i giovani usciti dalla
scuola di oggi non sanno distinguere un avverbio da un aggettivo e confondono
l'apostrofo con il troncamento. Quante volte leggiamo, infatti,
"qual'è" con tanto di apostrofo o "un'elemento" sempre con
tanto di apostrofo? C'è da dire, però, che lo "sfascio" della
lingua non è da imputare tutto alle nuove leve dei giornali, pur se in queste
alberga molta presunzione, ma anche agli stessi docenti che non sanno... insegnare la lingua perché essi stessi non la
conoscono.
4 commenti:
Cortese dr Raso,
ha perfettamente ragione: ciò che ha scritto venti anni or sono è di grande attualità; le cose, anzi, sono peggiorate. Complimenti per il suo libro, veramente istruttivo, me lo sto "gustando" di cuore.
Con stima
Paolo T.
Grazie, gentile Paolo.
FR
Stimatissimo dott. Raso,
ho letto con vivo interesse il suo articolo: eccellente. È veramente ancora attuale. Vorrei aggiungere una cosa: la Crusca di venti anni fa era diversa da quella odierna perché combatteva i barbarismi; oggi, invece, li divulga. Peccato!
Costantino
Cortese Costantino,
la Crusca era l'ultimo baluardo a difesa della lingua di Dante; si è arresa anche lei alla "prepotenza" della lingua di Albione. Gli amanti della lingua devono farsene una ragione...
FR
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