Cosa me ne faccio della dottora, se ho già la dottoressa?
La questione coinvolge avvocatesse, soldatesse,
vigilesse e tutte quelle professioni che fino a oggi si sono fatte femminili
tramite il suffisso -esse. Nel volume
"Il sessismo nella lingua italiana" Alma Sabatini spiegava, già nel
1987, la natura ironica e fortemente dispregiativa di quel suffisso. Ecco
perché è preferibile, oggi, procurarsi un'avvocata,
arruolarsi come soldata e pregare che la
vigile non si accorga
che mentre guidate senza cintura, vi state facendo i selfie e state chattando con chiunque. (Si clicchi qui).
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L'Accademia della Crusca in collaborazione con il quotidiano la Repubblica - come ormai sapete - ha
messo a punto alcuni "test" per "saggiare" la conoscenza
della lingua italiana, seguiti da alcuni consigli. Peccato, però, il constatare
che qualche consiglio di questa prestigiosa istituzione, difensora dell'italico idioma, sia infarcito di parole barbare oltre che di qualche "improprietà"
linguistica. Andiamo con ordine. Perché selfie
quando c'è l'italianissimo autoscatto? E perché chattando in luogo di chiacchierando? Oltre tutto quest'ultimo
termine non è né inglese né italiano... Non sarebbe stato meglio, allora,
scrivere, italianamente,"ciattando"? Quanto all'improprietà (per non
dire "errore") ci riferiamo al chiunque,
non adoperato a dovere in questo contesto. Per non essere tacciati di
presunzione diamo la "parola" al linguista Aldo Gabrielli. «(...) Essendo pronome relativo è errore
usarlo assoluto, senza che congiunga due proposizioni; non si dirà perciò:
"Lo dirò a chiunque", ma: "Lo dirò a chiunque vorrò",
"a chiunque vorrà ascoltarmi"; "a chiunque potrò" e simili,
o anche si ricorra a "ogni persona, chicchessia, tutti" ecc.».
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