Moltissime persone (e tra queste giornalisti “di grido”) ritengono, erroneamente, che “ex” sia un prefisso e lo uniscono al sostantivo che segue con un trattino:
ex-ministro. Nulla di “piú inesatto” (per non dire errato), appunto. Ex è una preposizione con valore avverbiale, non c’è alcun motivo di unirla al nome con un trattino (e sarebbe errato anche se fosse un prefisso, perché questo si “attacca” direttamente al sostantivo: filopalestinese, non “filo-palestinese”). Ex, dunque, è una preposizione trasportata pari pari dal latino all’italiano e, alla lettera, significa “fuori di” e si usa – in modo corretto – solo davanti a sostantivi indicanti titoli di natura temporanea per specificare che quel titolo (o quella funzione) non c’è piú. Si dirà, per tanto, correttamente, ex ministro, ex preside, ex dirigente, ex capufficio, ex deputato in quanto si tratta di cariche (e titoli) a termine, cessate le quali non si è piú ministro, deputato, preside, capufficio. Un medico, un avvocato o un professore (e altri professionisti), invece, restano tali anche quando la loro funzione viene a cessare perché si tratta di titoli di natura permanente, acquisiti attraverso un regolare corso di studi. Ex, insomma, si adopera (e, ripetiamo, si scrive senza trattino) correttamente solo davanti ad alcuni sostantivi per indicare la condizione di colui (o colei) che in passato ha avuto una carica o ha espletato un’attività che non corrisponde piú a quella attuale: ex atleta, ex combattente, ex deputato, ex funzionario. Un professionista, invece, resta tale sempre. Sorridiamo, quindi, quando leggiamo sui giornali o sentiamo nei notiziari radiotelevisivi che «un ex medico è stato incriminato e arrestato»: costui resta sempre un medico, anche se “esercita” all’Ucciardone o a Rebibbia.
PS. Sulla questione del trattino – siamo certi – riceveremo gli strali di qualche linguista se, per caso, si imbatte in questo sito. Ma tant'è.
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Felici di leggere, finalmente, nel vocabolario Gabrielli in rete, ritoccato, che la grafia ossequiente è errata. La "felicità" dura poco, però, perché nell'esempio scrivono ossequienti.
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Il Prof. Claudio Salvatore Sgroi, docente di linguistica italiana presso l'Università di Catania, nel suo "Per una grammatica laica" (UTET) nel capitolo XVI "difende", con varie motivazioni, la grafia ossequiente.
sabato 27 luglio 2013
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