sabato 26 aprile 2025

Anellare e inanellare: quando l'uno e quando l'altro?

 

 Il verbo "anellare" deriva dal sostantivo "anello", il cui etimo risale al latino "anellus", diminutivo di "anus", che significa "cerchio" o "forma circolare". L'origine richiama quindi la forma caratteristica dell'anello, simbolo di continuità e circolarità. Analogamente, "inanellare" ha un’origine strettamente legata a "anello", con il prefisso "in-" che conferisce al verbo un'accezione di movimento o azione specifica, spesso indirizzata verso l’idea di mettere qualcosa in una sequenza di anelli.

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e sfumature di significato dei due verbi, pur avendo una radice comune, si distinguono attraverso il loro uso in contesti specifici. "Anellare" si riferisce, più propriamente, al creare o disporre qualcosa in forma di anelli. Può indicare, per esempio, un movimento che avvolge, oppure una disposizione fisica, come nella frase: "Il fumo dell'incenso anellava l'aria, formando spirali delicatissime." Qui, il verbo "anellare" acquisisce un aspetto poetico, evocando l’immagine di cerchi sovrapposti e in movimento.

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nanellare", invece, estende il suo uso anche a un campo figurativo. Non si limita all’idea di disposizione in cerchi, ma si carica di una sfumatura dinamica, come l’atto di collegare elementi in sequenza, creando continuità. Questo verbo si presta bene nelle espressioni metaforiche e simboliche, come: "Ha inanellato una serie di successi nella sua carriera, dimostrando una dedizione impeccabile." Qui "inanellare" suggerisce l’idea di un percorso progressivo e continuo, in cui ogni successo è parte di una catena ben definita.

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n'altra differenza emerge nei contesti più tecnici: il verbo "anellare" viene utilizzato in ambito botanico per descrivere la pratica dell'anellazione, una tecnica che consiste nel rimuovere un anello di corteccia per favorire specifici sviluppi nella crescita della pianta. "Inanellare", al contrario, è meno legato a usi specialistici e mantiene una versatilità espressiva nella comunicazione quotidiana.

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n dettaglio curioso e affascinante sul linguaggio corrente: gli anelli non vengono “indossati” (come si legge e si sente dire), ma "calzati", proprio come si fa con un guanto o una scarpa. Questo termine sottolinea la perfetta simmetria tra l'oggetto e il corpo che lo accoglie, aggiungendo eleganza e precisione alla descrizione.

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n esempio comparativo può aiutare a cogliere meglio la sfumatura tra i due verbi. Immaginiamo una collana fatta di perle: se si descrive l'azione di infilare ogni perla come "inanellare", si pone l’accento sulla progressione e sulla successione degli elementi. Se si parla di "anellare", l’attenzione si sposta più sulla forma circolare del filo o sulla disposizione delle perle.

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n conclusione, sebbene "anellare" e "inanellare" siano legati dall'etimo e abbiano significati sovrapponibili in determinati contesti, le loro sfumature offrono un ricco ventaglio di applicazioni che spaziano dal tecnico al figurativo, dal poetico al quotidiano. La loro forza espressiva risiede proprio nella possibilità di evocare immagini e idee che oscillano tra il concreto e l’immaginario, arricchendo l’italico idioma di una profondità unica.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Le scarpe nere (e consunte) che ha sempre indossato: così Francesco ha voluto essere sepolto

Una scelta d'altronde coerente con il suo pontificato e come si è sempre presentato ai fedeli, sugellato dalla decisione di essere sepolto “nella terra nuda” nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

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Le scarpe “si calzano”, non “s’indossano”. Indossare e calzare.

 Correttamente: suggellato (doppia ‘g’).



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



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