Nel Regno della Lingua, un luogo dove le parole avevano vita propria e venivano scelte con cura, vivevano due cugini molto particolari: Porgilo e Sporgilo. Entrambi discendevano da un’antica stirpe linguistica, ma col tempo il loro destino prese strade diverse, portandoli a incarnare significati distinti.
Porgilo era
l’alfiere della cortesia e della misura. Quando un ambasciatore
arrivava, porgeva i saluti con raffinata eleganza. Se un amico
necessitava di aiuto, porgeva la mano con gentilezza. Mai invadente,
sempre discreto, il suo motto era: "Ecco a te, con rispetto e
grazia." La sua origine lo rendeva un campione di cortesia: dal
latino ‘porrigere’, composto da ‘por-’ (variante di ‘pro-’
che indica "avanti") e ‘regere’ ("tendere,
distendere"). Fin dalle sue origini, dunque, significava tendere
qualcosa verso qualcuno, dunque un’azione misurata, volontaria e
direzionata.
Sporgilo, invece, era un tipo vivace e
intraprendente, incapace di rimanere fermo nei confini della
compostezza. Se c’era un balcone, si sporgeva per vedere meglio. Se
costruiva una casa, le terrazze sporgevano oltre il limite della
facciata. Il suo motto? "Oltre il limite, più in là!" Ma
la sua natura non era un’intensificazione di Porgilo. Il verbo
sporgere, infatti, affonda le sue radici nel latino ‘exporrigere’,
dove ‘ex-’ rafforza il significato di protendersi oltre. Qui la
differenza è chiara: mentre ‘porrigere’ indica l’atto di
offrire qualcosa in modo controllato, ‘exporrigere’ designa un
movimento che supera il limite naturale, che esce fuori rispetto a un
confine.
Un giorno, il re, sua maestà Grammatica, celebre
per la sua passione per la chiarezza espressiva, invitò i due cugini
alla cerimonia di presentazione delle credenziali del nuovo
ambasciatore. Porgilo, con il suo consueto garbo, porse una pergamena
con le parole di benvenuto, mentre Sporgilo, incuriosito, si sporse
da dietro il trono per vedere meglio il volto del diplomatico. Il re,
divertito, colse l’occasione per una lezione importante: "Ecco
la perfetta dimostrazione! Porgilo offre con rispetto, mentre
Sporgilo supera un confine. Uno è un gesto volontario e misurato,
l’altro è un movimento che va oltre!"
Per rendere
la distinzione tra i due cugini ancora più chiara, raccontò un
aneddoto tramandato dai saggi della Biblioteca delle Parole Perdute.
Durante una storica battaglia diplomatica, un re straniero ricevette
un messaggio che avrebbe deciso la sorte di un prigioniero. Il testo
recitava: "Si può porgere grazia, impossibile condannarlo."
Ma
a causa di un errore di trascrizione di un copista la virgola fu
spostata: "Si può porgere grazia impossibile,
condannarlo."
L’equivoco, purtroppo, costò caro:
invece di ricevere clemenza, il prigioniero fu condannato,
dimostrando che porgere non significava semplicemente “dare”, ma
offrire con intenzione e misura, e che un minimo errore poteva
ribaltare il significato di un’intera sentenza. Sporgilo, che fino
ad allora aveva ritenuto la propria azione solo un’intensificazione
di Porgilo, capì finalmente la sua vera natura. Lui non offriva, ma
si spingeva oltre, superava i limiti. Il suo modo di essere era ben
lontano dalla cortesia controllata del cugino.
Da quel giorno, nel Regno della Lingua, nessuno confuse più porgere con sporgere. Porgilo rimase il maestro dell’offerta gentile, colui che tende con misura e intenzione, mentre Sporgilo divenne il signore dell’espansione, colui che si protende oltre il limite. E così, la chiarezza vinse sulla confusione, e nel regno le parole vennero usate e misurate con la dovuta attenzione.
***
La lingua “biforcuta” della stampa
La tela della Meloni e il ruolo da pontiere tra Europa e Usa: "L'Italia è centrale"
---------------
In buona lingua italiana (non cispadana): ruolo di pontiere. La preposizione “di” specifica il ruolo.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)

Nessun commento:
Posta un commento